Ho ritrovato nel profondo del mio archivio telematico alcuni vecchi racconti che scrivevo per passare il tempo. Questo è il primo che vi propongo. A causa della natura dei contenuti è consigliata la lettura ai maggiori di anni 14 :cheesy: tiè!
LIFE TAUGHT ME THREE THINGS
1 - NON CREDERE MAI ALLE APPARENZE
Mi chiamo Donald. Tempo fa ero un timido impiegato per una grossa società finanziaria con sede a Folksboro, una ventina di chilometri a nord di Canberra. Lo so, potrei sembrare a prima vista il classico stacanovista rompipalle che si fa un mazzo a stelle e striscie dalla mattina alla sera per assicurarsi lo stipendio... e in effetti io ero così. Finchè un giorno non incontrai Helen: da lì cambiò tutto.
Me lo ricordo come se fosse ieri. Era un sabato sera e io mi ero trascinato, dopo l'ennesima giornata di lavoro, a un bar vicino casa per bere qualcosa.
Dalla faccia sembravo un esaurito e di certo il Martini che mi stavo bevendo non giovava all'umore. Non fui l'unico però ad accorgermene.
"Ehi... non lo sai che l'alcool accentua il nervosismo?" mi disse una voce femminile.
La voce apparteneva a una ragazza alta, slanciata, capelli lunghi castano scuro, occhi neri, molto carina.
La voce apparteneva a tale Helen Talmaige.
Anche lei impiegata, anche lei affaticata da un lavoro che forse non faceva per lei.
Un po' come me.
Ricordo che quella sera passammo molto tempo a chiacchierare, a ridere, a scherzare, per dimenticarci del resto. C'è da dirlo, quella serata fu in un certo senso magica...
Più mi parlava, più la guardavo, più mi sorrideva e più mi accorgevo che mi piaceva.
La portai a fare una passeggiata. Parlammo anche del mio lavoro e lei mi disse che era inutile affogare i miei dispiaceri in un bicchiere di alcool una volta la settimana.
Da cui una mossa azzardata: "Allora, che ne dici se magari condividiamo insieme i nostri dispiaceri il sabato?"
Mi accorsi da subito che forse era un po' frettolosa come cosa ed ero già pronto a un "No" secco. Però sorprendentemente, lei mi sorrise e mi disse che non c'era problema.
Anzi, ci ritrovammo di nuovo il giorno dopo. Davanti al bar.
E lì si compì una magia ancora più grande: per quanto poco tempo fosse passato dalla nostra prima uscita insieme era ormai chiaro quanto ci piacessimo l'un l'alto.
Ci ritrovammo al parco ad ammirare il tramonto su una panchina.
A immaginare che magari la nostra vita poteva essere diversa, che magari poteva bastare poco per cambiarla...
E in effetti bastarono pochi istanti per cambiarla. A tutti e due.
I pochi istanti in cui ci unimmo in un bacio.
Per quanto fossero brevi quegli istanti sembrava che quel bacio potesse durare un'eternità.
Grazie a quel bacio cambiò ogni cosa...
Nel bene... ma ahimè, soprattutto nel male...
2 - IL DESTINO SI DIVERTE A ROVINARTI LA FELICITA' E DARTI CATTIVI CONSIGLI PER RICONQUISTARLA
Grazie a Helen, potevo andare al lavoro felice. Non ero mai andato a lavorare col sorriso sulle labbra prima di conoscere lei.
Inoltre era così gentile che il martedì staccava prima e mi portava degli hot dog per la mia pausa pranzo.
Uscivamo ogni weekend, ci siamo fatti anche delle vacanze insieme. La più bella che abbiamo fatto è stata in Svezia d'estate. I miei amici, forse un po' per prendermi in giro, mi dicevano che forse non sarebbe stato male se ci fossimo sposati. E in effetti l'idea stuzzicava anche me.
Magari saremmo potuti diventare una famiglia felice: lei accanto a me sul divano, i bambini che giocano col cane, la Holden Monaro nuova di zecca parcheggiata davanti a casa... Un quadretto stupendo.
Più di una volta mi invitò a passare la notte da lei a casa sua.
Fare l'amore con lei era una cosa incredibile, ti sembrava di sognare e volevi che non finisse più. Anche se poi c'è da dire che il sogno continuava anche se eri sfinito: lei mi abbracciava nel letto sussurandomi: "Solo con te potrei fare certe cose. Perchè tu sei speciale".
Incredibile come poche parole bastavano a farmi sentire l'uomo più felice della Terra. Ma purtroppo era anche incredibile come bastarono pochi giorni a distruggere quella sensazione di felicità.
La coppietta felice che formavamo durò circa 8 mesi, poi... la catastrofe.
Un giorno mi arrivò un suo messaggio dove mi diceva di non chiamarla, che si sarebbe fatta sentire lei.
La chiamavo e mi rispondeva che non poteva parlare, che aveva delle faccende da sbrigare, che non poteva rispondere. E mi salutava con un generico "Ciao baci", il solito saluto che usi per liberarti di qualcuno di sgradito.
Quel martedì a pranzo non mangiai un hot dog, ma carne in scatola portata da casa. Sapevo benissimo infatti che lei non sarebbe passata.
Ero disperato. Non dormivo, avevo una faccia da drogato, avevo iniziato a diventare scontroso con tutti. Il mio capo che se ne era accorto mi concesse una settimana di riposo. Durante quella settimana mi proposi di spiare Helen all'uscita del suo posto di lavoro per capire cosa diavolo stesse succedendo.
Alle 5 di mercoledì mi avvicinai al posto dove lavorava. Non ero l'unico ad aspettare che uscisse: una Ford Falcon blu aspettava fuori proprio davanti alla porta. Io ero dall'altro lato della strada, nascosto in una cabina telefonica.
Come Helen uscì, dalla Ford vidi uscire un uomo alto, palestrato: il tipico tutto muscoli e niente cervello.
Il tizio si chiamava Nicholas, ma lei lo chiamava "Nicky".
Li vidi baciarsi.
Nello stesso modo in cui lei baciava me. Ogni volta che ci vedevamo.
Bastarono quella immagini a svuotare la mente da tutti i pensieri: la famiglia felice, i bambini che giocano col cane, la Holden Monaro parcheggiata fuori dalla casa nuova, lei che diceva che ero speciale.
Nel giro di pochi istanti mi accorsi che erano solo bugie.
Nel giro di pochi istanti mi accorsi che Helen era soltanto una ******* svampitella che trattava gli uomini come giocattoli.
Ma non l'avrebbe passata liscia di certo con me.
Perchè nel giro di pochi istanti, la mia mente fu ottenebrata da un desiderio assoluto di vendetta.
3 - UNA VOLTA FATTA UNA CAZZATA, NON PUOI PIU' TORNARE INDIETRO
Nei giorni a venire, non andai più al lavoro e avevo l'aspetto di un barbone, ma non mi interessava.
C'era una sola cosa a cui tenevo in quel preciso momento: fargliela pagare amaramente a tutti e due per aver rovinato la mia felicità.
E avevo in mente come fare.
Presi tutti i miei risparmi da una scatola che tenevo sopra l'armadio in casa mia: circa 728 dollari.
Poi presi qualsiasi cosa potesse ricordarmi di lei: foto, bigliettini di auguri, anche regali, e misi tutto dentro uno scatolone che portai in periferia e a cui diedi fuoco.
Le fiamme si confondevano con le nuvole rossicce del tramonto in lontananza che ardeva nel cielo.
Poi tornai in città per cercare una persona, l'unica che poteva darmi quello di cui avevo bisogno: una pistola.
La persona si chiamava Louis Blum, tizio poco raccomandabile, si guadagna da vivere vendendo armi al mercato nero.
Con i miei 728 dollari mi diede una Beretta calibro 9 nuova di pacca, con un caricatore da 6 colpi.
Con l'arma nella tasca della mia giacca, ormai sudicia dai giorni che la tenevo addosso, mi diressi nei pressi della casa di Helen.
Ero sicuro che quella sera fatidica l'avrei vista entrare insieme al suo nuovo "giocattolino".
La Ford Falcon blu arrivo che erano le 23:56.
Uscirono fuori dalla macchina ed erano totalmente ubriachi.
Proprio lei che mi diceva di non bere in quel momento mi sembrava una fottutissima spugna barcollante in abito da sera. Iniziarono a baciarsi con foga e si sapeva già quello che sarebbe successo dopo.
Aspettai un po' dopo che entrarono dal portone, che fortunatamente rimase socchiuso.
Entrai nell'atrio con la pistola in mano. La porta del suo appartamento era aperta.
Li sentivo urlare da su come degli animali.
Lentamente salii le scale e sentivo "Nicky" dirle le peggiori porcherie da film porno che potreste immaginarvi di sentire da una coppia così.
Arrivai alla soglia e la mia rabbia mi offuscava la mente sempre di più a ogni passo che facevo.
Finalmente li raggiunsi in camera da letto. Non si accorsero subito di me, dato che erano troppo occupati. Eppure bastò una frase per farli urlare e sobbalzare di scatto.
"Ciao Helen... ti ricordi di me,vero?..."
E i due di scatto si strinsero nel letto tremando come foglie.
E' incredibile vedere come un omaccione ripieno di muscoli fino al midollo si trasformi in un cagasotto quando ha una pistola puntata in faccia.
La sensazione durò poco: lui fu il primo dei due ad essere freddato con un colpo in testa.
Si accasciò vicino ad Helen che aveva il viso sporco del sangue di lui. Strillò. Come se qualcuno fosse lì vicino a lei pronto ad aiutarla.
Avevo già ricaricato, lei era la prossima e avevo l'arma puntata. Quando a un tratto si alzò dal letto, tremante e in lacrime tentando di salvarsi.
"Donald! Lo so perchè lo hai fatto! E mi dispiace da morire credimi!! Ma io non amavo davvero lui quanto amassi te! E' la verità!!"
Tentavo di non ascoltarla, la guardavo dritta negli occhi, mordendomi un labbro, sempre puntandole la pistola in faccia.
Ma lei tentò di insistere: "TI SCONGIURO! NON UCCIDERE ANCHE ME!! TI AIUTERO' A SCAPPARE! TE LO PROMETTO! NON LASCIERO' CHE TI FACCIANO DEL MALE!!"
"NON VOGLIO LA TUA CARITA'!!!" le urlai rosso in volto mentre lottavo per non far scendere le lacrime. Lei mi guardò negli occhi, proprio come il giorno del nostro primo bacio. Arrivò un momento in cui non ce la feci più a trattenere le lacrime.
"Tu mi hai mentito..." le dissi sommessamente. Lei si limitò a sussurrarmi "Donald ti prego...".
Le lacrime striavano il mio volto.
Non staccavo il mio sguardo da lei.
"Mi dispiace..." chiusi gli occhi e premetti il grilletto.
Uno scoppio seguì, assieme alla consapevolezza che quelle erano le mie ultime parole per lei.
Riaprii gli occhi e ritrovai lei per terra, riversa in una pozza di sangue.
Mi inchinai e dopo averla guardata per l'ultima volta le chiusi gli occhi.
"Mi dispiace..." dissi di nuovo, sperando che magari mi potesse sentire.
Ormai era fatta... e lo sapevo bene che quella non era la soluzione migliore per risolvere la cosa.
In camera sua c'era un giradischi con su "Wish You Were Here" dei Pink Floyd: lo avviai. La musica si diffuse nella stanza.
Mi sedetti sul pavimento e buttai la pistola per terra. Presi il cellulare e chiamai la polizia: ormai tentare di vivere da persona onesta non aveva più significato per me.
"Pronto?... Ho commesso un duplice omicidio... e... vorrei costituirmi..." nemmeno il centralinista ci credette quando mi sentii.
Ebbi il tempo di ascoltarmi tutta la canzone prima che arrivò la polizia.
Al momento sono in prigione a scontare 10 anni. E mentre sono qui, mi accorgo che la vita mi ha insegnato tre cose: mai credere alle apparenze; il destino si diverte a metterti i bastoni fra le ruote, darti consigli sbagliati e infine, quando ormai hai seguito i consigli sbagliati, è troppo tardi perchè sei già nella ***** da solo.
E questi insegnamenti li lascio a te, a chiunque troverà questo pezzo di cartone per strada. E fai in modo di seguirli: non si sa mai...
...ecco fatto, quando non so che fare la sera scrivo questi racconti da sclerato .-.
LIFE TAUGHT ME THREE THINGS
1 - NON CREDERE MAI ALLE APPARENZE
Mi chiamo Donald. Tempo fa ero un timido impiegato per una grossa società finanziaria con sede a Folksboro, una ventina di chilometri a nord di Canberra. Lo so, potrei sembrare a prima vista il classico stacanovista rompipalle che si fa un mazzo a stelle e striscie dalla mattina alla sera per assicurarsi lo stipendio... e in effetti io ero così. Finchè un giorno non incontrai Helen: da lì cambiò tutto.
Me lo ricordo come se fosse ieri. Era un sabato sera e io mi ero trascinato, dopo l'ennesima giornata di lavoro, a un bar vicino casa per bere qualcosa.
Dalla faccia sembravo un esaurito e di certo il Martini che mi stavo bevendo non giovava all'umore. Non fui l'unico però ad accorgermene.
"Ehi... non lo sai che l'alcool accentua il nervosismo?" mi disse una voce femminile.
La voce apparteneva a una ragazza alta, slanciata, capelli lunghi castano scuro, occhi neri, molto carina.
La voce apparteneva a tale Helen Talmaige.
Anche lei impiegata, anche lei affaticata da un lavoro che forse non faceva per lei.
Un po' come me.
Ricordo che quella sera passammo molto tempo a chiacchierare, a ridere, a scherzare, per dimenticarci del resto. C'è da dirlo, quella serata fu in un certo senso magica...
Più mi parlava, più la guardavo, più mi sorrideva e più mi accorgevo che mi piaceva.
La portai a fare una passeggiata. Parlammo anche del mio lavoro e lei mi disse che era inutile affogare i miei dispiaceri in un bicchiere di alcool una volta la settimana.
Da cui una mossa azzardata: "Allora, che ne dici se magari condividiamo insieme i nostri dispiaceri il sabato?"
Mi accorsi da subito che forse era un po' frettolosa come cosa ed ero già pronto a un "No" secco. Però sorprendentemente, lei mi sorrise e mi disse che non c'era problema.
Anzi, ci ritrovammo di nuovo il giorno dopo. Davanti al bar.
E lì si compì una magia ancora più grande: per quanto poco tempo fosse passato dalla nostra prima uscita insieme era ormai chiaro quanto ci piacessimo l'un l'alto.
Ci ritrovammo al parco ad ammirare il tramonto su una panchina.
A immaginare che magari la nostra vita poteva essere diversa, che magari poteva bastare poco per cambiarla...
E in effetti bastarono pochi istanti per cambiarla. A tutti e due.
I pochi istanti in cui ci unimmo in un bacio.
Per quanto fossero brevi quegli istanti sembrava che quel bacio potesse durare un'eternità.
Grazie a quel bacio cambiò ogni cosa...
Nel bene... ma ahimè, soprattutto nel male...
2 - IL DESTINO SI DIVERTE A ROVINARTI LA FELICITA' E DARTI CATTIVI CONSIGLI PER RICONQUISTARLA
Grazie a Helen, potevo andare al lavoro felice. Non ero mai andato a lavorare col sorriso sulle labbra prima di conoscere lei.
Inoltre era così gentile che il martedì staccava prima e mi portava degli hot dog per la mia pausa pranzo.
Uscivamo ogni weekend, ci siamo fatti anche delle vacanze insieme. La più bella che abbiamo fatto è stata in Svezia d'estate. I miei amici, forse un po' per prendermi in giro, mi dicevano che forse non sarebbe stato male se ci fossimo sposati. E in effetti l'idea stuzzicava anche me.
Magari saremmo potuti diventare una famiglia felice: lei accanto a me sul divano, i bambini che giocano col cane, la Holden Monaro nuova di zecca parcheggiata davanti a casa... Un quadretto stupendo.
Più di una volta mi invitò a passare la notte da lei a casa sua.
Fare l'amore con lei era una cosa incredibile, ti sembrava di sognare e volevi che non finisse più. Anche se poi c'è da dire che il sogno continuava anche se eri sfinito: lei mi abbracciava nel letto sussurandomi: "Solo con te potrei fare certe cose. Perchè tu sei speciale".
Incredibile come poche parole bastavano a farmi sentire l'uomo più felice della Terra. Ma purtroppo era anche incredibile come bastarono pochi giorni a distruggere quella sensazione di felicità.
La coppietta felice che formavamo durò circa 8 mesi, poi... la catastrofe.
Un giorno mi arrivò un suo messaggio dove mi diceva di non chiamarla, che si sarebbe fatta sentire lei.
La chiamavo e mi rispondeva che non poteva parlare, che aveva delle faccende da sbrigare, che non poteva rispondere. E mi salutava con un generico "Ciao baci", il solito saluto che usi per liberarti di qualcuno di sgradito.
Quel martedì a pranzo non mangiai un hot dog, ma carne in scatola portata da casa. Sapevo benissimo infatti che lei non sarebbe passata.
Ero disperato. Non dormivo, avevo una faccia da drogato, avevo iniziato a diventare scontroso con tutti. Il mio capo che se ne era accorto mi concesse una settimana di riposo. Durante quella settimana mi proposi di spiare Helen all'uscita del suo posto di lavoro per capire cosa diavolo stesse succedendo.
Alle 5 di mercoledì mi avvicinai al posto dove lavorava. Non ero l'unico ad aspettare che uscisse: una Ford Falcon blu aspettava fuori proprio davanti alla porta. Io ero dall'altro lato della strada, nascosto in una cabina telefonica.
Come Helen uscì, dalla Ford vidi uscire un uomo alto, palestrato: il tipico tutto muscoli e niente cervello.
Il tizio si chiamava Nicholas, ma lei lo chiamava "Nicky".
Li vidi baciarsi.
Nello stesso modo in cui lei baciava me. Ogni volta che ci vedevamo.
Bastarono quella immagini a svuotare la mente da tutti i pensieri: la famiglia felice, i bambini che giocano col cane, la Holden Monaro parcheggiata fuori dalla casa nuova, lei che diceva che ero speciale.
Nel giro di pochi istanti mi accorsi che erano solo bugie.
Nel giro di pochi istanti mi accorsi che Helen era soltanto una ******* svampitella che trattava gli uomini come giocattoli.
Ma non l'avrebbe passata liscia di certo con me.
Perchè nel giro di pochi istanti, la mia mente fu ottenebrata da un desiderio assoluto di vendetta.
3 - UNA VOLTA FATTA UNA CAZZATA, NON PUOI PIU' TORNARE INDIETRO
Nei giorni a venire, non andai più al lavoro e avevo l'aspetto di un barbone, ma non mi interessava.
C'era una sola cosa a cui tenevo in quel preciso momento: fargliela pagare amaramente a tutti e due per aver rovinato la mia felicità.
E avevo in mente come fare.
Presi tutti i miei risparmi da una scatola che tenevo sopra l'armadio in casa mia: circa 728 dollari.
Poi presi qualsiasi cosa potesse ricordarmi di lei: foto, bigliettini di auguri, anche regali, e misi tutto dentro uno scatolone che portai in periferia e a cui diedi fuoco.
Le fiamme si confondevano con le nuvole rossicce del tramonto in lontananza che ardeva nel cielo.
Poi tornai in città per cercare una persona, l'unica che poteva darmi quello di cui avevo bisogno: una pistola.
La persona si chiamava Louis Blum, tizio poco raccomandabile, si guadagna da vivere vendendo armi al mercato nero.
Con i miei 728 dollari mi diede una Beretta calibro 9 nuova di pacca, con un caricatore da 6 colpi.
Con l'arma nella tasca della mia giacca, ormai sudicia dai giorni che la tenevo addosso, mi diressi nei pressi della casa di Helen.
Ero sicuro che quella sera fatidica l'avrei vista entrare insieme al suo nuovo "giocattolino".
La Ford Falcon blu arrivo che erano le 23:56.
Uscirono fuori dalla macchina ed erano totalmente ubriachi.
Proprio lei che mi diceva di non bere in quel momento mi sembrava una fottutissima spugna barcollante in abito da sera. Iniziarono a baciarsi con foga e si sapeva già quello che sarebbe successo dopo.
Aspettai un po' dopo che entrarono dal portone, che fortunatamente rimase socchiuso.
Entrai nell'atrio con la pistola in mano. La porta del suo appartamento era aperta.
Li sentivo urlare da su come degli animali.
Lentamente salii le scale e sentivo "Nicky" dirle le peggiori porcherie da film porno che potreste immaginarvi di sentire da una coppia così.
Arrivai alla soglia e la mia rabbia mi offuscava la mente sempre di più a ogni passo che facevo.
Finalmente li raggiunsi in camera da letto. Non si accorsero subito di me, dato che erano troppo occupati. Eppure bastò una frase per farli urlare e sobbalzare di scatto.
"Ciao Helen... ti ricordi di me,vero?..."
E i due di scatto si strinsero nel letto tremando come foglie.
E' incredibile vedere come un omaccione ripieno di muscoli fino al midollo si trasformi in un cagasotto quando ha una pistola puntata in faccia.
La sensazione durò poco: lui fu il primo dei due ad essere freddato con un colpo in testa.
Si accasciò vicino ad Helen che aveva il viso sporco del sangue di lui. Strillò. Come se qualcuno fosse lì vicino a lei pronto ad aiutarla.
Avevo già ricaricato, lei era la prossima e avevo l'arma puntata. Quando a un tratto si alzò dal letto, tremante e in lacrime tentando di salvarsi.
"Donald! Lo so perchè lo hai fatto! E mi dispiace da morire credimi!! Ma io non amavo davvero lui quanto amassi te! E' la verità!!"
Tentavo di non ascoltarla, la guardavo dritta negli occhi, mordendomi un labbro, sempre puntandole la pistola in faccia.
Ma lei tentò di insistere: "TI SCONGIURO! NON UCCIDERE ANCHE ME!! TI AIUTERO' A SCAPPARE! TE LO PROMETTO! NON LASCIERO' CHE TI FACCIANO DEL MALE!!"
"NON VOGLIO LA TUA CARITA'!!!" le urlai rosso in volto mentre lottavo per non far scendere le lacrime. Lei mi guardò negli occhi, proprio come il giorno del nostro primo bacio. Arrivò un momento in cui non ce la feci più a trattenere le lacrime.
"Tu mi hai mentito..." le dissi sommessamente. Lei si limitò a sussurrarmi "Donald ti prego...".
Le lacrime striavano il mio volto.
Non staccavo il mio sguardo da lei.
"Mi dispiace..." chiusi gli occhi e premetti il grilletto.
Uno scoppio seguì, assieme alla consapevolezza che quelle erano le mie ultime parole per lei.
Riaprii gli occhi e ritrovai lei per terra, riversa in una pozza di sangue.
Mi inchinai e dopo averla guardata per l'ultima volta le chiusi gli occhi.
"Mi dispiace..." dissi di nuovo, sperando che magari mi potesse sentire.
Ormai era fatta... e lo sapevo bene che quella non era la soluzione migliore per risolvere la cosa.
In camera sua c'era un giradischi con su "Wish You Were Here" dei Pink Floyd: lo avviai. La musica si diffuse nella stanza.
Mi sedetti sul pavimento e buttai la pistola per terra. Presi il cellulare e chiamai la polizia: ormai tentare di vivere da persona onesta non aveva più significato per me.
"Pronto?... Ho commesso un duplice omicidio... e... vorrei costituirmi..." nemmeno il centralinista ci credette quando mi sentii.
Ebbi il tempo di ascoltarmi tutta la canzone prima che arrivò la polizia.
Al momento sono in prigione a scontare 10 anni. E mentre sono qui, mi accorgo che la vita mi ha insegnato tre cose: mai credere alle apparenze; il destino si diverte a metterti i bastoni fra le ruote, darti consigli sbagliati e infine, quando ormai hai seguito i consigli sbagliati, è troppo tardi perchè sei già nella ***** da solo.
E questi insegnamenti li lascio a te, a chiunque troverà questo pezzo di cartone per strada. E fai in modo di seguirli: non si sa mai...
...ecco fatto, quando non so che fare la sera scrivo questi racconti da sclerato .-.