Game Designer - Parte 2 -

Nedra

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Game Designer Parte 2: Progettare videogiochi con Daniele Azara

Dopo la prima parte, torniamo di nuovo a parlare di Game Design, questa volta sentiamo direttamente la porala di un Game Designer.
Articolo preso da CG Italia, che ringraziamo.

Massimo Curatella ha detto:

Ciao,
vi presento una persona interessante che ha cose stimolanti da raccontare. Gli ho proposto di farlo direttamente qui su CG Italia in un nuovo filone editoriale dedicato alla creazione di videogiochi.
La prima impressione che ho avuto è stata di particolare sintonia con gli scopi che mi sono prefissato con CG Italia: esplorare, sperimentare, conoscere e consolidare attraverso l’esperienza in prima persona, tutto quanto si trova alla convergenza di creatività, tecnologia ed intrattenimento.
Prima di lasciarlo libero di stimolarci con la sua esperienza sul game design e nel game design, e con la sua ambizione di divulgare, gli ho posto alcune domande affinché lo si potesse tutti conoscere meglio.

Cari CG Italiani ecco a voi Daniele Azara.

MAX - Ciao Daniele, sono eccitatissimo all’idea di avere un esperto che tratti gli argomenti di progettazione di videogiochi qui su CG Italia. Ti va di raccontarci un po’ di te?

AZARA - Sono nato a Roma nel 1975. Amante del giocare in solitaria, disturbato dagli altri bambini fracassoni che interrompevano le mie avventure dall’intenso impegno narrativo, cominciai a disegnare a 4 anni, soprattutto animali, dopo essere stato folgorato da una puntata di Quark.

MAX - Giochi e videogiochi. Giocare e fantasticare. Com’è cominciato tutto?

AZARA - Raccolto il consenso popolare sulle mie capacità di disegnatore 6enne decido di arricchire i miei sogni ad occhi aperti (”il bambino è intelligente, ma non si applica”) attraverso i disegni, di cui comincio a tappezzare i banchi di scuola. Dopo un inizio di adolescenza opaco, un giorno d’estate avviene l’incontro che cambierà per sempre la mia vita. Mio fratello sale in macchina dei nostri genitori e comincia a parlarmi di un gioco fantastico pieno di maghi e palle di fuoco dove non ci sono né pedine, né basi di gioco. Si chiama Gioco di Ruolo. Da quel punto in poi è una valanga inarrestabile: le prime esperienze, il trauma del modulo Expert di Dungeons & Dragons - al di fuori di un Dungeon! Memoria insufficente! - lo scoprire altri appassionati senza Master. Ben presto il gioco diventa impegno. Impegno a capire la mente del giocatore, cosa lo travolge, cosa lo annoia. Impegno a capire le dinamiche della descrizione, la soglia di attenzione, i tempi narrativi. Impegno a tentare di colpire le emozioni, di sospendere la realtà all’interno del tavolo, di creare un’alternativa realistica. Impegno ad integrare, pur mantenendole separate, finzione e realtà al fine di rendere sconvolgente l’esperienza di altri luoghi non meno vivi di quello in cui viviamo. Se la realtà è definita dai nostri sensi - penso – allora, sono veri e presenti anche quei luoghi che nascono dal pensiero. E’ un atto di fede: basta crederci.

MAX - Ah! Quanti ricordi. Per poter giocare al modulo Expert di Dungeons & Dragons (le regole per procedere a livelli più avanzati) ho dovuto farmi spedire fotocopie della versione inglese dall’estero e ho dovuto imparare questa lingua per capire come giocare! Quand’è arrivata la versione elettronica dei giochi nella tua vita?

AZARA - Proprio in quel periodo arriva a casa un certo marchingegno che si chiama Pong e che si rivela divertente, almeno fin quando non viene sostituito da un apparecchio che ha delle “immagini” stupefacenti: l’Intellivision. Nel palazzo dove abito ho due amichetti. Il padre di uno di questi è appassionato di computer e quindi mentre i ragazzini giocano a Tron e a “Battleship” già si profilano per loro all’orizzonte le prime avventure testuali e, poco dopo, vere e proprie rivoluzioni del livello di Maniac Mansion e Zak McKraken and alien mindbenders. Di lì, il passo all’intrattenimento puro è breve. Pur non disdegnando - come si potrebbe credere - la vita all’aria aperta, per circa dieci anni la mia vita extra-scolastica è semplicemente divisa tra giochi di ruolo e giochi per computer o console. Risparmio i lettori dall’elenco dei titoli. Col passare del tempo queste pratiche, che considero molto seriamente, si intrecciano mentre la tecnologia avanza e si profilano nuove materie di studio sulle potenzialità dell’intrattenimento. Forse la differenza che passa tra me e gran parte di miei coetanei di analoghe passioni è proprio la convinzione che non vi possa essere per me altra strada percorribile se non quella della creatività applicata alle nuove tecnologie. E, quindi, comincio a cercarla, una strada.

MAX - Percepisco il momento fatidico del “voglio diventare uno che fa giochi”. Vero?

AZARA - Infatti. Attraverso una conoscenza, entro in contatto con una delle prime società italiane nate dopo l’avvento del rivoluzionario Doom e il successivo Quake con il suo primo motore grafico 3D. E’ l’Imaginaction, realtà composta da menti brillanti per la quale collaboro dapprima come grafico, poi come Art Director e Assistente al Design per diversi titoli, tra cui il gioco strategico Belt of Freedom e Psyche di cui curo l’edizione grafica e il Concept Design. Segue l’esperienza in Mechanx, un piccolo team di Roma che sta lavorando ad un progetto di action-adventure molto interessante dal titolo Blackening, per il quale assumo il ruolo di Art Director e Assistente al Design. Prima della conclusione del progetto, vengo invitato ad entrare, insieme con il team con cui sto lavorando, in Ludonet spa (link a versione archiviata), un’azienda che mira ad assumere una posizione di prestigio nel mercato multiplayer. Cominciano due anni di lavoro durissimo e difficile, durante i quali vengono realizzati diversi progetti, tra cui:


Pokechat: la prima chat 3D italiana in stile videogioco, seguita un anno dopo da quella realizzata dalla Disney con i suoi personaggi;

Brothers - Battle for Yamato: un videogioco multiplayer con elementi tattici molto ambizioso costituito da tre squadre, rispetto alle due convenzionali all’epoca, in cui confluiva il lavoro del Centro Nazionale per le Ricerche sulla selezione dell’Intelligenza Artificiale tramite algoritmi genetici;

Mobile: primi prodotti di alta qualità per telefonia cellulare, tra cui GP Moto Race, un simulatore sportivo fatto per girare su Nokia Widescreen e probabilmente uno dei migliori giochi mai realizzati su quella piattaforma;

Final Justice: videogioco multiplayer espressamente pensato per il digital delivery. Questo prodotto manteneva una qualità media a fronte di un costo contenuto e soprattutto della richiesta da parte della produzione di due fattori fondamentali: il primo, una grandezza esigua del file, che doveva poter essere scaricato anche tramite ISDN in tempi relativamente brevi (inferiori alle 5 ore); secondo, la possibilità che il prodotto fosse usufruibile da un’ampissima utenza, anche non dotata di particolari caratteristiche hardware.
L’esperienza Ludonet mi porta anche molti benefici dal punto di vista della comprensione dei processi produttivi e dell’organizzazione delle risorse, così come si rivela anche una grande occasione di sperimentazione di nuove tecnologie, come quelle satellitari, la IP television, la simulazione.
Il periodo Ludonet ha anche i suoi risvolti negativi, naturalmente. Dopo 3 anni di lavoro in ambito divulgativo, sono costretto a passare ad altri la mia attività di tutor, così come devo rinunciare all’università, indirizzo socio-antropologico. Questo è un brutto colpo, perchè gli studi - seppur frammentari - delle discipline etnologiche hanno contribuito moltissimo alla formazione della mia professionalità nel rapporto gioco-utente.
Nello stesso periodo l’università americana Norman Academy, con sede in Florida, mi propone di prendere la carica di Preside della Facoltà di Informatica e organizzarne le attività per 4 anni. Questo si rivela davvero lusinghiero. Fortuna vuole che l’impegno richiesto è relativamente poco pressante.

MAX - Beh, Daniele, a questo punto della tua avvincente storia sembra che tu sia giunto ad un punto di maturazione e sia pronto per il grande salto. E poi?

AZARA - Perso tra corsi all’università, riorganizzazione della mia attività e la voglia di rientrare in produzione, fondo una mia società, con l’intento di creare un prodotto shock per il mercato italiano, con una storia italiana e dalla potente capacità evocativa. Nasce così Il Rosso e il Nero, sparatutto in prima persona (FPS) a metà tra un prodotto realistico e un arcade ambientato nel controverso contesto della guerra civile italiana. Malgrado il mancato supporto necessario, il gioco fa parlare di se e mi permette di tornare ai miei progetti divulgativi tramite la realizzazione di una struttura volta all’insegnamento delle fasi produttive in un videogioco.

MAX - Affascinante, ho conosciuto queste realtà e mi sono sempre chiesto chi ci fosse dietro. E’ veramente emozionante sapere a distanza di anni che fosse opera tua.

AZARA - Dopo un brevissimo periodo, tuttavia, prendo una nuova strada divorziando dalle realtà che avevo contribuito a creare e decido di fondare una mia struttura produttiva, forse più rappresentativa delle mie intenzioni, secondo un disegno che si concretizza sempre più nelle mie ambizioni: trovare un punto di convergenza dell’intrattenimento.

MAX - Adesso mi è finalmente chiaro del perché ci ritroviamo qui su CG Italia e perché mi sembra così naturale che tu possa trovare una giusta espressione di queste tue ambizioni. Com’è andata a finire? Nel senso, come sei giunto ad oggi e cosa fai?

AZARA - Ho scritto trasmissioni televisive, format, pubblicità e sceneggiature; ho partecipato come supervisore agli effetti visivi per due film e mi sono occupato di produzione esecutiva in ambito videoludico e televisivo / cinematografico, ho studiato per diventare VFX producer. Ho partecipato a progetti in CGI come designer e art director; ho scritto nuovi Game Concept e Design per videogiochi di nuova generazione; ho continuato a partecipare ad eventi divulgativi in ambito universitario.
Soprattutto ho concretizzato le mie visioni in Spark Digital Entertainment, uno studio che raccoglie le potenzialità delle nuove tecnologie in un concetto ampio e agile, dove la creatività sposa la produzione e che mi sforzo giorno dopo giorno di trasformare in un primo passo verso un’industria dell’intrattenimento tutta Italiana, che parta da basi di tipo finanziario e di conoscenza del mercato.
Tra le nuove materie in costante sviluppo ce n’è una che per me ne è la regina, summa del potenziale creativo del passato che si unisce a nuove forme di pensiero del futuro.
Si chiama Game Design, un ambiente sconosciuto in un paese che fa fatica a comprendere anche solo metà della parola, la seconda. Eppure il Game Design riassume concetti distanti tra loro e li trasforma in operatività, tecnologia, ma soprattutto - da amante dei giochi di ruolo quale sono - in emozioni. Esso è il punto di contrazione tra un passato - dai contenuti sicuramente più corposi e ampi - e un futuro che permette e promette di trovare sempre nuove strade di trasmissione di quello che gli esseri umani necessitano scambiare tra di loro. Il mondo oggi sembra più vuoto e asciutto di prima.

Giocare a cambiarlo è forse l’unico modo per farlo davvero.

MAX - Caro Daniele, l’aspettativa ormai è alle stelle. E questo ci piace. Grazie per la tua avvincente biografia. Invito tutti alla lettura del tuo primo articolo che vedrà la luce su queste pagine elettroniche.
A presto con Daniele Azara ed il Game Design su CG Italia.
 
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