Varie I Limiti di Europa (fan-fic fantascientifica)

merlin@

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...Ecco una seconda fan-fic che ho inaspettatamente buttato giù questo pomeriggio...è diversa dall'altra anche se per certi aspetti simile...ovviamente spero vi piaccia...ovviamente, per quanto concerne argomenti matematici o nozioni astronomiche, tenete presente che la mia conoscenza al riguardo è ovviamente limitata dalla mia età e dal mio studio prettamente scolastico, quindi se ci sono degli errori vi prego di perdonarmi...

Ps: non avevo idea di che titolo darle, quindi non si ricollega perfettamente alla storia come per la precendete fa-fic, ma in ogni caso è pertinente....^^....


PRIMA PARTE


“ Senza l’attività di fusione termonucleare che avviene all’interno delle stelle noi non potremmo esistere. Siamo polvere di stelle e guardiamo al cielo alla ricerca delle nostre origini”

Il professor Mayr aveva appena concluso con poche incisive parole la sua ennesima lezione all’Università di Ginevra. Erano anni che insegnava in quel luogo, ed erano anni che le sue lezioni erano diventate un copione.

“Le tue teorie non interessano loro Miles. Scrivi un libro, tieni una conferenza se vuoi divulgarle, ma qui devi insegnare loro solo quello che è scritto suoi libri, ricordalo se vuoi mantenere questo posto!”

Erano state quelle le parole con cui il rettore Hubble, radicale tradizionalista più vecchio della stessa università, l’aveva ammonito diverse volte imponendogli una lezione didattica per conservare il posto. Miles non era mai stata una persona che si piegava facilmente, ma in quell’occasione era convenuto che sarebbe stato meglio fingere di abbassare la cresta per non destare sospetti. Del resto poco importava lui di quello che realmente recepivano gli studenti. Era pagato per fare la cosa che più amava, parlare di astronomia, e questo gli era sufficiente per essere sereno. Del resto, se si fosse trattato non di semplici studenti, ma di ingegneri nucleari o di astrofisici, avrebbe fatto di tutto pur di mostrare loro le sue teorie, ma una massa di ventenni certamente non avrebbe capito la sua nuova teoria relativa ai quasar e ai buchi neri. A volte egli stesso doveva ricontrollare i suoi calcoli incredulo della deduzione alla quale era giunto.

<Scusi professore>.

La voce di uno studente ancora sbarbato e dall’aria stralunata interruppe i suoi pensieri, riportandolo alla realtà.

<Prego>.

Rispose educatamente Miles, ancora titubante nelle sue riflessioni.

<Vorrei mostrarle alcuni appunti messi insieme in questi mesi…riguardano teorie sulla materia oscura e i quasar, vorrei costruirci sopra la tesi. Se non le è di troppo disturbo gradirei che gli desse uno sguardo>.

“L’ennesimo ragazzino che si crede il nuovo Nobel del secolo!” pensò spudoratamente il professor Mayr.

Fin dal primo anno all’università aveva visto ragazzi e ragazze ostentare orgogliosi la loro tesi, quasi certi che in alcune personali considerazioni fossero celate le risposte a tutti gli enigmi dell’uomo. Dopo qualche anno nel campo aveva imparato a dire di no a tutti coloro che cercavano il suo appoggio, considerando tale lavoro solo una perdita di tempo prezioso, sottratto impudentemente alla sua teoria, al tempo, in via di elaborazione. Dopo averla messa a punto in tutti i suoi particolari l’aveva portata a una conferenza astronomica in New Jersey, convinto che qualcuno dell’ambiente l’avrebbe ascoltato. Invece si era ritrovato a investire lo stesso ruolo dei suoi studenti. Qualche scienziato americano gli aveva prestato attenzione, ma aveva poi aggiunto che di fondi per la ricerca ve ne erano pochi e che, se avesse voluto tentare la fortuna, avrebbe dovuto provvedere da solo a indire una nuova conferenza e a lanciare il progetto con una nuova troupe di scienziati. Miles, per niente rassegnato, ma in mancanza di denaro per portare avanti una simile impresa, era tornato silenzioso dietro la sua cattedra, in attesa dell’occasione giusta per uscir fuori con la nuova scoperta.

Pochi anni dopo la moglie di Miles, Lucrezia, bellissima donna di origine italiana vissuta in Svizzera, era morta di cancro. Quel periodo fu particolarmente brutto per Miles, il quale, per mesi e mesi, non si era perdonato di non aver tentato una ricerca in campo medico anziché in campo astronomico, convinto ingenuamente che in tal caso avrebbe potuto aiutare la moglie. Durante quegli anni si era chiuso sempre più nelle mura della sua vecchia villa partenopea in Italia, per tornare dopo due anni sulla vecchia cattedra di Ginevra.

< Vedrò cosa posso fare> rispose in tono pacato Miles. Erano anni che non entrava in contatto umano con gli studenti, e quella sua risposta lo stupì. Dopo qualche istante capì di aver fatto bene, e che in realtà aveva bisogno di nuovi stimoli e nuovi hobby. Quel pomeriggio, se non avesse avuto di meglio da fare, si sarebbe dedicato alla tesi dello studente, poi avrebbe cercato qualcosa da fare. Forse sarebbe andato al Golf Club dal quale mancava da diversi mesi.

< Grazie mille professore!>finì lo studente.
 

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SECONDA PARTE


Il paesaggio al di fuori dell’aula era straordinariamente bello. Nella nebbia che avviluppava l’intera città e i fiocchi di neve che spesso scendevano dal cielo, si celava un segreto di straordinaria meraviglia, che in pochi riuscivano a recepire. Tutto in quel quadro di caotica vita quotidiana era arte.
Gli alberi spogli che accompagnavano i visitatori lungo il viale, i lampioni accesi dalle cinque e mezza di pomeriggio, le panchine sovrastate da studenti freschi di vita nei loro cappotti di renna e nelle loro scarpe nuove; erano tutte sfumature di un’arte sublime, espressa al meglio. Miles odiava quando, da uomo di scienza quale era, nel vedere tutto ciò, collegava ogni singolo fenomeno naturale alle nozioni di fisica e chimica che egli stesso aveva appreso nelle stesse mura nelle quali ora insegnava.

“Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Era questa la filosofia di vita del suo professore vecchio professore, era questa l’aria che si respirava ai tempi della sua gioventù nell’aula di fisica astronomica. Con il passare degli anni era divenuta anche la filosofia di vita di Miles.
Tutte le relazioni che aveva avuto, tutti gli incontri che aveva fatto, tutte le emozioni provate e i sogni disillusi, non erano spariti, si erano semplicemente trasformati divenendo altro nel corso del tempo. Le semplici amicizie a volte erano diventati amori e gli amori semplici amicizie. I sogni di viaggiare nello spazio si erano mutati in viaggi infiniti tra numeri e fantasia. In tutto ciò vi era stata una sorta di consequenzialità cronologica, esattamente come avviene in fisica per ogni trasformazione.

Guardando la neve non riusciva a non pensare ai fenomeni termodinamici che si celavano dietro di essa, per questo si era tanto impuntato nello studio dell’arte, per riuscire a vedere oltre il mondo fisico da lui conosciuto. Il suo artista preferito era Friedrik, esponente del romanticismo tedesco. Nei suoi quadri riusciva sempre ad esprimere il senso di infinito in ognuno di noi e lo smarrimento di fronte alla forza della natura. L’amava perché in lui ricoceva i suoi limiti e le sue paure, e sapere che qualcuno era riuscito a dar corpo a quelle paure paradossalmente lo rasserenava.

Salì nella sua macchina nuova e accese il motore, lasciandosi alle spalle il vecchio cancello in ferro battuto per avviarsi verso la campagna limitrofa di Ginevra, verso casa sua. Le strade asfaltate lasciavano lentamente posto a nuovi sentieri sterrati che, nel giro di pochi anni, avrebbero condannato la sua macchina alla distruzione. Poco gli importava, con i soldi che aveva poteva comprarsene cento, mille di macchine. Oltre al classico stipendio da docente universitario ottimamente retribuito, godeva dell’eredità del padre, ricco finanziere Occidentale in vita, polvere e carbonio in morte.
Miles non amava ostentare il lusso della sua condizione di vita, ma vi erano due cose per la quali non transigeva: le macchine, e le cravatte. La passione per le prime era stata incitata come sempre accade dal padre, mentre la seconda era un’eredità della madre. Agata, ricordata sempre in eleganti vesti, con i gioielli più preziosi e il sorriso più malinconico, diceva sempre a Miles che un uomo gentile e di classe si riconosceva attraverso i dettagli. Così Miles, facendo tesoro di ogni prezioso insegnamento materno, aveva imparato a non sottovalutare mai i dettagli.
Per ironia e generosità della sorte era stato grazie ai dettagli che aveva dubitato di alcune teorie astronomiche, e sempre grazie ai dettagli si era concentrato sullo studio di stelle e satelliti, arrivando in fine ad elaborare la sua teoria.



Era finalmente giunto dietro la collina a sud di Ginevra dove sorgeva la sua abitazione. Era una vecchia villa abbandonata e ristrutturata, in stile gotico, con un grande cancello e ampi spazi verdi al suo interno.
I mille metri quadrati di casa ben distribuiti lungo tre piani comprendevano un grande salone con vari studi, cucina e sala da pranzo, camere da letto e bellissimi bagni, mentre l’ultimo piano era stato trasformato in una camera oscura nella quale poter studiare le piante celesti e nella quale condurre le proprie ricerche.

Era stato in quella stanza che un giorno, analizzando meglio le mappe celesti e facendo calcoli matematici, era giunto all’inaspettata conclusione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e, retrospettivamente, anche quella dell’intera umanità. In quel periodo era particolarmente attratto dalle teorie riguardo ai quasar, abbreviazione di Quasi Stellar Radiosource, e dai fenomeni di redshift che le riguardavano. Dopo aver messo in dubbio e distrutto tutte le impalcature che sostenevano che questi corpi celesti fossero in perenne allontanamento, era arrivato in fine a collegare il fenomeno di redshift non più alla legge di espansione dell’universo, ma a una natura di origine anomala. In tal caso non sarebbe stato più necessario interpretare il forte fenomeno di redshift come indice della grande distanza rispetto alla terra, ma come altro. Questo fu il primo passo del lungo lavoro condotto da Miles nell’arco di dieci anni. Ormai era giunto finalmente a quella che poteva essere considerata l’ipotesi più probabile e attestabile, che includeva fantascientificamente, l’esistenza di altre forme di vita.
 

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TERZA PARTE


Scese dalla macchina in silenzio, lasciando che la parcheggiasse Sami, un vecchio Sikh indiano che era con lui sin dalla rivolta dei Sipays,quando un giovanissimo Miles era dovuto fuggire dall’India con la sua famiglia…quasi un secolo prima!
Andò a sedersi in salone come al solito dopo una lunga giornata di lavoro, con la radio accesa e il profumo di tè che inebriava la casa.

< E’ già passato un anno dal razzo tedesco che ha abbattuto il Parlamento inglese, ma i lavori di ricostruzione non sono ancora terminati…>.

Quelle parole rievocarono nella mente di Miles mille ricordi: era stato un anno prima,Mayr lo ricordava distintamente,quel giorno era morto Winston Churchill nell’esplosione, ed il giorno prima i Tedeschi avevano preso Casablanca…un fine settimana memorabile!

Erano le cinque del pomeriggio. Orario perfetto per gustarsi un’ottima tazza di tè proveniente dalle migliori coltivazioni in Sri Lanka. Mentre Miles stava lentamente cadendo in uno status di sonnolenza il campanello della porta suonò. Immediatamente Sami si affrettò ad aprire ancor prima che Mayr riprendesse del tutto coscienza di ciò che stava avvenendo.


Sulla soglia della porta cadde in terra privo di sensi un uomo dai tratti somatici medio orientali, con indosso un pesante cappotto nero.

< Svegliati Planck> disse Mayr.

Planck era un medio orientale ai sevizi della famiglia Mayr da quando Miles andava a scuola. Rimasto al loro servizio dopo la fine della guerra era sparito improvvisamente per diversi mesi. Miles più volte aveva tentato di mettersi in contatto con lui senza successo.
Ora riappariva inaspettatamente, mal menato e privo di sensi, con in mano uno strano oggetto quadrangolare. Mentre Sami aiutava il vecchio servitore a rimettersi in sesto, Miles andò in soffitta ad esaminare la scatola che Planck gli aveva affidato.

A prima vista sembrava una scatola qualunque in legno d’ebano, decorata con antichi simboli astronomici indicanti i sette pianeti del sistema solare conosciuti all’epoca dell’antica Grecia, e sovrastata da un’unica pietra scura, ossidiana probabilmente o diamante grezzo. Niente di particolare poteva attirare l’attenzione su quel piccolo oggetto, facilmente reperibile in ogni mercatino dell’usato.
Dopo averla osservata più attentamente Miles capì che qualcosa non andava…un occhio inesperto non avrebbe notato quel piccolo particolare, ma lui non poteva non farci caso. Dei simboli rappresentanti i sette pianeti del sistema solare mancavano quelli della Terra e di Giove, quest’ultimo sostituito da uno dei suoi principali satelliti, Europa. Era un’anomalia se si voleva far risalire l’oggetto a un tempo lontano, dato che Europa rientrava nelle scoperte recenti. Incuriosito il professore tentò di aprire la scatola senza successo. Non sembravano esserci serrature o lucchetti, e nemmeno fessure. Eppure era troppo leggera per essere un blocco unico e al contempo troppo pesante per essere vuota,questo era evidente.

Poggiato il vecchio manufatto sul tavolo Mayr scese le scale per concentrersi sul vecchio Planck.
“Cosa diavolo l’avrà riportato qui, adesso?” continuava a domandarsi il professore.



ps: presto verranno inseriti nel racconto numeri in codice binario (che io so relativamente poco), non sono sicura che siano esatti, quindi se tra voi lettori c'è qualcuno che se la cavi bene con questo sistema numerico matematico mi farebbe piacere se si mettesse in contatto con me per confermare l'esattezza di quello che scriverò a breve...grazie!...
 

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QUARTA PARTE


L’ex servitore gli rispose in maniera confusa e contorta, in quel suo inglese fortemente accentato che Mayr tanto odiava. Raccontò di come, qualche settimana prima, aveva comprato quell’oggetto da un antiquario inglese in un sobborgo di Glastonbury, e di come in seguito l’avesse fatto esaminare da diversi esperti inglesi prima di tornare da Mayr. La notte prima di prendere l’aereo per Ginevra era stato attaccato da un paio di uomini, palesemente interessati all’oggetto misterioso. Dopo una breve lotta era riuscito in fine a salvarsi e a recuperare il manufatto, pur recando diverse lussazioni e ematomi, per tornare dal celebre astronomo svizzero.

< Ti hanno seguito?> domandò preoccupato Mayr.

< No, se non ne fossi stato sicuro non avrei messo in pericolo la vostra vita>.

< Bene>.

Miles ascoltò con interesse tutto il discorso, poi si curò di sistemare Planck nella camera degli ospiti per farlo tranquillizzare un po’. Tornò nella sua camera oscura dove restò tutta la notte nel tentativo di risolvere il mistero celato da quello scrigno.

Europa. “Uno dei sette satelliti di Giove, unico corpo celeste del sistema solare oltre la Terra, a contenere un’elevata quantità di acqua sia allo stato liquido che solido. Insieme ad altri quattro satelliti dell’omonimo pianeta possiede un’atmosfera di origine solare contenente ossigeno”…
Erano queste le parole che egli stesso aveva proferito in una delle sue tante lezioni, ma non riusciva a trovare collegamento alcuno tra il corpo celeste e il manufatto antico…eppure gli studi di Europa l’avevano interessato particolarmente da giovane, quando insieme a un suo vecchio compagno aveva portato avanti una ricerca per provare l’esistenza di altre forme di vita intelligenti su di quel satellite. Secondo la loro teoria Europa si sarebbe presto trasformata in una supernova con consequenziale degenerazione in buco nero.

Ovviamente le loro erano solo supposizioni di due adolescenti amanti di film di fantascienza, nulla di vero si celava dietro le loro ipotesi, anche perché, se ciò si sarebbe avverato, tutto il sistema solare e probabilmente l’intero braccio di Orione sarebbero stati risucchiati da un buco nero.

Passando ore e ore sugli stessi interrogativi Miles si addormentò nel cuore della notte, ancora preda di forti dubbi…Al mattino fu svegliato da Sami che lo informò prontamente che Planck aveva lasciato la dimora senza avviso alcuno, e che al posto del suo corpo nel letto preparato la sera prima aveva trovato poche parole di addio.

“ Io non posso più niente ormai, il manufatto è nelle vostre mani professore, fatene buon uso e soprattutto, fate attenzione!
Vostro fedele amico Planck”

Miles non capiva il significato di tali parole, non capiva come Planck se ne fosse andato così senza neanche avvisarlo, non capiva cosa avrebbe dovuto fare.
Dopo qualche minuto di silenzio Sami proruppe quasi in urlo si gioia quando si accorse che il messaggio non era finito. Sul retro, scritto in bassorilievo solo con l’ombra della penna, vi era un altro messaggio, stavolta più chiaro del precedente.

“Ps: la soluzione è tra i Megaliti”.

< Tra i Megaliti? Cosa può significare professor Mayr?> domandò Sami evidentemente spaesato da tali parole.

< E’semplice buon vecchio Sami, la soluzione che cerchiamo è in Inghilterra>
disse sorridendo Miles, ora più che mai intrigato da questo grande mistero.

Improvvisamente un lampo balenò nella sua mente, facendogli porre una domanda semplice e banale: “E se in realtà mancano i simboli di Terra e Giove perché sono gli unici pianeti del sistema solare dove è nata una forma di vita intelligente? Forse è segnata Europa proprio per indicarci dove si trova questa forma di vita…”
L’antico spirito di ragazzo innamorato di fantascienza e di misteri era risorto, mettendo sotto una luce più fioca il grande scienziato che certamente avrebbe sfatato il mito di tali domande. Ormai il professor Mayr era troppo coinvolto per lasciar parlare lo scettico e realista docente universitario, e l’ ebbrezza di trovare nuove forme di vita aveva lasciato facilmente posto ai limiti del possibile.

< Prepara i bagagli Sami, facciamo un viaggio>.
 

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FFfan90 ha detto:
Bella anche questa parte, finalmente si sa di che csa tratterà la fan-fic :)




hai ragione, riconosco che all'inizio era troppo generica, ciò perchè all'inizio ho semplicemente iniziato a scrivere, l'idea per la trama è arrivata in un secondo momento...ad ogni modo adesso si entra davvero nel vivo dell'azione...tra parentesi tra poco posterò la parte in cui è inserito il codice binario quindi ripeto, se c'è qualche genietto della matematica, gradirei una supervisione da parte sua unicamente del codice...grazie mille a tutti!
 

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QUINTA PARTE


Dopo qualche ora il professor Mayr e Sami si ritrovarono in un caotico aeroporto inglese. Mentre Miles tentava ancora di aprire la misteriosa scatola e Sami dava istruzioni all’autista per condurli a luogo designato il loro futuro era già cambiato. La notte sui libri non era stata del tutto controproducente: Mayr aveva capito che nonostante a occhio nudo non fossero visibili fessure, dopo un’analisi più attenta al microscopio era chiaro che una piccola fessura c’era: si trattava di un meccanismo di apertura a pressione, esercitando la giusta forza la scatola si sarebbe aperta.

Il posto indicato dove condurli risultava lontano da Londra circa tre ore di macchina, nel frattempo i due tentarono di scoprire quale fosse la pressione giusta per aprire il manufatto, e quando vi riuscirono, e videro il contenuto della scatola il loro stupore fu misto ad una sorta di delusione.
Nessuno dei due aveva idea di cosa avrebbero potuto trovare al suo interno, ma entrambi si aspettavano qualcosa di estremamente meraviglioso e straordinario.
La loro espressione cambiò quando si accorsero che si trattava di una semplice lastra metallica. Le domande erano ancora molte e le risposte troppo poche, ma in quella banale lastra metallica Mayr trovò un barlume di speranza e un po’di verità. Inciso su di essa sembrava essere riportato un messaggio in codice, incomprensibile per molti, chiaro per lui. Si trattava di un messaggio scritto nel sistema binario, sistema matematico che si basa su due simboli: 0 e 1, per riscrivere tutta la matematica del sistema decimale. In genere veniva utilizzato come codice base di macchine e computer, ma secondo alcuni, poteva essere usato anche per mettersi in collegamento con altre forme di vita nell’universo. Il codice riportato era:

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 1 1 1 0 0 1 0 1 1 0 1 0 0

Improvvisamente Mayr fece un urlo di gioia come non faceva da tempo. Era giunto alla soluzione, in pochi secondi era riuscito a tradurre quella serie numerica in un fatto. I tasselli stavano pian pino tornando nel puzzle, tutto sembrava quadrare, perfino la sua ipotesi per assurdo che Europa fosse collegata alla Terra per l’esistenza di forme di vita.
Chiuse immediatamente il cofanetto. Nessuno doveva sapere cosa vi era all’interno, quella era la sua scoperta, la scoperta del secolo. Già immaginava il suo nome stampato nei libri si storia e di astronomia. Tutti l’avrebbero acclamato e adorato. La sua precedente scoperta era nulla in confronto a questa.

La soluzione era semplice e a portata di mano. Il codice altro non era che la distanza in codice binario di Europa dal sole. 670900 km per l’esattezza. Doveva essere così, tutto quadrava.
Non sapeva cosa avrebbe trovato a Stonehedge, ma sicuramente qualcosa che confermava la sua teoria. Si, ormai ne era certo, era giunto alla soluzione.

< Siamo arrivati signori>.

La voce del tassista interruppe i sogni di gloria di Mayr facendolo tornare con i piedi in terra.



ok, la sequenza ormai è stata messa, spero sia esatta, altrimenti a questo punto amen...continuo a sperare che la storia sia di vostro gradimento...^^...
 

merlin@

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SESTA PARTE



La campagna circostante aveva un aspetto tranquillo e rilassante, e alla luce della luna sembrava ancora più bella e madida di magia, mentre le stelle ascoltavano silenziose testimoni ogni bisbiglio umano.

Mayr impaziente congedò l’uomo e iniziò a correre più veloce che mai verso il circolo megalitico. Le risposte ormai le aveva tutte, cos’altro poteva esserci lì? Quest’interrogativo continuava a tartassargli la mente mentre a passi rapidi e sicuri si avvicinava sempre più alla sua meta. Sami era rimasto a prendere i bagagli senza neanche accorgersi della “fuga” del principale verso la verità.

Eccolo. Era giunto. Il circolo megalitico sembrava più piccolo di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, ma non importava. Mayr sostava proprio al centro. Gli balenò in mente un altro collegamento tra Europa e la Terra. Guardò l’orologio. Giorno 7/9, ore 6.00 pm.

Era il sette settembre del millenovecentosessanta. Escludendo gli zeri dalla distanza di Europa da Giove e mescolando in ordine inverso le restanti cifre si giungeva a formulare la data e l’ora di quel momento. 7/9/ 6.00 pm. Non poteva essere un’altra coincidenza. Qualcuno aveva deciso di mettersi in comunicazione con lui per fare luce sull’interrogativo che l’uomo si pone dal suo primo respiro.

Presto avrebbe scoperto la verità, e ne sarebbe senza dubbio stato orgoglioso.

Posizionò il manufatto al centro del cerchio e in un baleno una luce verdastra, simile al fenomeno di aurora boreale tipico del Polo Nord, piombò dal cielo, illuminando Mayr di una luce evanescente. Il manufatto si aprì automaticamente e la lastra metallica che ne uscì fuori brillava ora di luce propria. I numeri del messaggio tornarono a mescolarsi, e Mayr percepì chiara nella sua mente una voce trascendente e aulica che presto si configurò nella silouette di una donna alle sue spalle.

La voce parlava di invasione, di sterminio, di superiorità di razza. Per un istante Miles pensò che si trattasse solo di un sogno, che in realtà stesse ancora nella sua dimora quando la guerra era ancora in atto. Le parole proferite dalla voce sembravano la chiave di lettura dell’errore più grande dell’umanità. Ma stava realmente parlando della Seconda Guerra Mondiale o si trattava d’altro?
Presto Miles si accorse che si trattava d’altro. Si voltò rapidamente alle spalle e riconobbe la figura di una donna. La sua voce era fredda, il suo corpo gelido non emanava calore, e le sue gambe convergevano in un’unica coda, simile a quella di un’infida sirena. La donna continuò a comunicare con Mayr, le sue parole erano una lama nel suo cuore.

“Essere inferiore mi hai risvegliata. Sono lo spirito di Europa, emblema di un civiltà superiore che dorme sotto i ghiacci in attesa di essere risvegliata da me per colonizzare questa e altre galassie. Il mio animo è perdurato nei secoli, conservato da questa lastra metallica che tu hai decifrato. Grazie a te sono tornata alla luce, e grazie a te essere inferiore la mia civiltà tornerà alla luce”

Mayr non poteva credere a quello che sentiva. Realmente aveva fatto una scoperta sensazionale, realmente era giunto a una verità, in quel momento sua e di nessun altro. Era talmente ammaliato dalla bellezza dell’opera d’arte che era stata la sua scoperta, che il significato delle parole della donna sembrava perdere importanza. Tardi avrebbe capito che erano essenziali. Repentinamente un bagliore di luce proruppe in cielo accecando momentaneamente Mayr. Lo spettacolo cui assistette in seguito fu mostruoso. Sami e il taxista caddero improvvisamente a terra, apparentemente privi di senso, in realtà già preda del sonno eterno. La voce, sempre più trascendente continuò.
 
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