La discussione vale per console così come per giochi per PC, ho deciso di postarla qui solo per questioni di comodità. E' un articolo segnalatoci da Finalmarco (tratta da videoludica.com che credo possa offrire interessanti spunti di discussione.
Fonte: videoludica.com
Ci sarebbero altre cose interessanti su cui discutere, ma per ora credo che ci sia abbastanza carne al fuoco
videoludica.com ha detto:Nel dicembre del 2007, mentre il governo Italiano si avvicinava all'ennesima, inevitabile implosione - la sessantunesima dal 1945 a oggi, record assoluto per una nazione europea (e non solo) - il Ministro della Cultura francese, Christine Albanel, visitava gli studi parigini di Ubisoft. Mentre il governo italiano tentava di mettere il bavaglio ai blog e di istituire una commissione di vigilianza per censurare il contenuto dei videogame (la famigerata legge 3014, in arte "Norme a tutela dei minori nella visione di film e di videogiochi"), la Francia non solo dichiarava che il medium videoludico é una forma d'arte a tutti gli effetti, ma premiava i produttori locali con incentivi economici.
Mentre il Commissario Europeo alla Giustizia Franco Frattini lanciava una crociata anti-videoludica a livello continentale, nel marzo 2006 il precedente ministro della cultura francese, Renaud Donnedieu de Vabres, assegnava a tre game designer - Shigeru Miyamoto, Michel Ancel e Frédérick Raynal - il titolo di Cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere, il massimo riconoscimento della Repubblica transalpina. Se ancora non fosse chiaro, mentre in Francia il videogame é l'acqua santa, per l'Italia é uno strumento diabolico. Per la Francia, il videogame é una forma espressiva dotata di un proprio statuto e di una propria legittimità. Il videogioco francese veicola ed esprime la cultura francese nel mondo - come tale, va difeso, promosso e salvaguardato. Per l'Italia, il videogame é un pericolo e una minaccia, un oggetto misterioso da marginalizzare e criminalizzare.
Oltre ad essere una nazione leader nel settore cinematografico, la Francia produce videogame di straordinaria qualità. L'Italia, per converso, ha visto il suo cinema perdere progressivamente di rilevanza sugli scenari internazionali: oggi é bersaglio di critiche trenchant da parte di registi del calibro di Quentin Tarantino e Peter Greenway. Ma se paragonata alla situazione videoludica, quella cinematografica italiana gode di ottima salute. L'atteggiamento tecnofobico, isterico e repressivo della classe politica italiana é probabilmente riconducibile anche alla scarsa forza delle lobby industriali locali. Detto altrimenti, il videogame é un bersaglio perfetto perché un'industria videoludica italiana praticamente non esiste, ergo non ci sono interessi da difendere. L'Italia é una colonia di publisher statunitensi ed europei, oggi come ieri, oggi più di ieri.
Il fatto che uno dei più importanti publisher mondiali, Activision, non abbia nemmeno un sito ufficiale in lingua italiana (quello esistente é fermo al 2005) la dice lunga. E lo stesso vale per THQ, che pur avendo aperto uffici in Italia da oltre un anno, non ha mai inaugurato un sito in lingua italiana (cliccando sul tricolore di thq.com si apre, ironicamente, la pagina del sito francese, oltre il danno, la beffa). Nel 2003, la Francia ha introdotto una prima serie di incentivi economici per l'industria: 4 milioni di euro a sostegno delle imprese locali. Oggi, il governo francese applica un credito fiscale pari al 20% per gli studi locali e offre finanziamenti fino a un massimo di tre milioni di euro per studio (uno dei beneficiari é Quantic Dreams, attualmente al lavoro su Heavy Rain, colossal esclusivo per PS3 pubblicato da Sony Computer Entertainment).
Ma per alcuni addetti ai lavori, non basterebbero incentivi fiscali per salvare la disastrata industria italiana del videogioco. Secondo un art director italiano che da oltre quattro anni lavora presso gli studi rumeni di Ubisof:
"Creare una grande industria culturale significa fare pianificazione a lungo termine, fare investimenti a lungo termine, creare professionalità, dare ruoli e rispettarli, creare gerarchie, creare regole e rispettarle. In pratica: essere seri. Queste sono tutte caratteristiche generalmente estranee alla mentalità italiana che, da sempre, non è competitiva. Competere nel rispetto delle regole è fondamentale per competere in un mercato internazionale. Questo è del tutto estraneo alla mentalità italiana. Gli italiani non sono competitivi. Cercano di non gareggiare mai alla pari, cercano sempre di mettersi d'accordo prima, di arrivare alla gara, al concorso, al giudizio, sapendo gia chi vince e questa cosa che li fa sentire molto furbi. In realtà è solo un segno della nostra debolezza. Se ti fai raccomandare sai che da solo non ce la puoi fare. Il fallimento dello sviluppo dell'industria dei videogiochi in Italia sintetizza i difetti atavici della società italiana che possono riassumersi in una parola sola: incapacità di darsi da soli una organizzazione, delle regole, un governo" (lettera firmata, 2006)
Ubisoft oggi é un impero culturale ed economico, capace di competere ad armi pari con colossi del calibro di Electronic Arts e Activision. Basti pensare che gli studi di Montreal di Ubisoft oggi vantano quasi 9000 dipendenti. In Italia, le cifre sono risibili. In una recente intervista rilasciata a Ivan Fulco della Stampa, Dario Migliavacca, direttore degli studi Ubisoft di Milano, ha dichiarato: "Oggi l'industria in Italia vede circa 200 persone impiegate nello sviluppo di videogiochi tra i vari studi di produzione e questo rende estremamente difficile trovare figure professionali con esperienza nel settore".
Incalzato dal giornalista che gli domandava se l'Italia possa essere considerata il Terzo Mondo del videogioco, Migliavacca rispondeva diplomaticamente: "Non definirei l'Italia in questo modo, ma senz'altro nel nostro paese, per fattori culturali, sociali ed economici, non si sono mai sviluppate condizioni favorevoli per investire nel settore dei videogiochi dal punto di vista della produzione".
Non é facile comprendere le ragioni del fallimento, ma una cosa é indiscutibile: per il momento, i sogni videoludici dell'Italia restano tali.
Fonte: videoludica.com
Ci sarebbero altre cose interessanti su cui discutere, ma per ora credo che ci sia abbastanza carne al fuoco