Gabranth the Judge
Così volli che fosse
Da tempo non scrivevo fic. Ed eccomi di nuovo in gioco con questa nuova idea, questa volta storia seria, abbandono temporaneamente il comico. Ultimamente ho poco tempo per cui posto solo il prologo. Buona lettura.
Una fievole luce illuminava la stanza quel poco che bastava a intravedere una figura umana. Probabilmente era un ragazzo, dai tratti del volto pareva piuttosto giovane.
La stanza era alquanto disordinata e a stento si potevano distinguere i vari oggetti disseminati su tutta la sua superficie. Il ragazzo era seduto sul bordo di quello che sembrava un vecchio letto malandato; era seduto col capo chino e anche se non si poteva vedere doveva avere lo sguardo perso nel vuoto. Non c’era nulla che si muoveva, il silenzio regnava sovrano nella stanza.
Un suono acuto risuonò tutt' a un tratto: era lo squillo del cellulare. Pacatamente il ragazzo allungò una mano per afferrare il dispositivo che giaceva silente fino a quel momento accanto a lui sul materasso. Lo portò all’ orecchio senza aprir bocca. Una voce maschile pronunciò un paio di frasi, il ragazzo senza proferir parola chiuse la conversazione e lentamente si alzò dal letto. Mise il cellulare nella tasca anteriore dei pantaloni, poi avvicinandosi alla scrivania raccolse un mazzo di chiavi; spostandosi di qualche passo prese un paio di guanti e un cappello con la visiera entrambi di pelle bianca buttati in malo modo su una sedia, infine spalancò la porta e uscì dalla stanza. Attraversò un corridoio molto buio tanto che non era possibile capire i soggetti dei quadri appesi alle pareti. Attraversato il corridoio sbucò in un piccolo atrio, spoglio, dove vi erano solo un attaccapanni e un armadio a muro, una delle poche cose che erano in buono stato nella casa. Aprì un’ imponente portone d’ingresso ed uscì tirandosi la porta alle spalle.
Dopo aver dato 4 giri di chiave si voltò verso quello che era il mondo al di fuori di quel sinistro appartamento.
Fuori nevicava e soffiava un forte vento: era inverno. Dalla temperatura di poteva capire che era una zona dove l’inverno era abbastanza lungo e rigido, probabilmente una zona nordica. La neve caduta arrivava già al ginocchio del ragazzo, il quale senza nemmeno badarci si avventurò per una stradina con addosso solo una felpa. Sebbene avesse preso un paio di guanti, non li usò per proteggersi dal freddo pungente ma li mise nella tasca posteriore dei pantaloni, né indossò il capello che agganciò alla cintura, altro elemento di pelle bianca. Si limitò ad alzare il cappuccio della felpa.
Il luogo circostante non doveva essere affatto male: una fila di splendidi alberi costeggiava la via, poco lontano scorreva un fiume, ora ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, si scorgevano in lontananza alcuni monti; nella bella stagione la natura doveva risplendere in questo impervio luogo. Anche fuori c’era una calma surreale e le uniche fonti di rumore erano legate alle intemperie, non sembrava esserci traccia di insediamenti umani, né tanto meno di civilizzazione. Con le mani in tasca e il capo chino il ragazzo procedeva squarciando la neve a lenti passi , dal suo viso non trasudava emozione alcuna. La stradina poco più avanti si curvava verso destra incontrando una strada più ampia, forse la strada principale. Sulla nuova strada la neve era battuta, segno che qualcuno c’era già passato. Avanzando sempre a rilento il ragazzo svolto per questa strada di cui non si scorgeva la fine, tanto la tempesta di neve infuriava.
Vi sono sorti mille perchè leggendo? Ok allora è tutto a posto. Per scoprirne di più spendete pochi minuti della vostra vita continuando a leggere le prossime parti.
Un grazie a chi leggerà.
Sono graditi consigli, commenti e critiche.
Una fievole luce illuminava la stanza quel poco che bastava a intravedere una figura umana. Probabilmente era un ragazzo, dai tratti del volto pareva piuttosto giovane.
La stanza era alquanto disordinata e a stento si potevano distinguere i vari oggetti disseminati su tutta la sua superficie. Il ragazzo era seduto sul bordo di quello che sembrava un vecchio letto malandato; era seduto col capo chino e anche se non si poteva vedere doveva avere lo sguardo perso nel vuoto. Non c’era nulla che si muoveva, il silenzio regnava sovrano nella stanza.
Un suono acuto risuonò tutt' a un tratto: era lo squillo del cellulare. Pacatamente il ragazzo allungò una mano per afferrare il dispositivo che giaceva silente fino a quel momento accanto a lui sul materasso. Lo portò all’ orecchio senza aprir bocca. Una voce maschile pronunciò un paio di frasi, il ragazzo senza proferir parola chiuse la conversazione e lentamente si alzò dal letto. Mise il cellulare nella tasca anteriore dei pantaloni, poi avvicinandosi alla scrivania raccolse un mazzo di chiavi; spostandosi di qualche passo prese un paio di guanti e un cappello con la visiera entrambi di pelle bianca buttati in malo modo su una sedia, infine spalancò la porta e uscì dalla stanza. Attraversò un corridoio molto buio tanto che non era possibile capire i soggetti dei quadri appesi alle pareti. Attraversato il corridoio sbucò in un piccolo atrio, spoglio, dove vi erano solo un attaccapanni e un armadio a muro, una delle poche cose che erano in buono stato nella casa. Aprì un’ imponente portone d’ingresso ed uscì tirandosi la porta alle spalle.
Dopo aver dato 4 giri di chiave si voltò verso quello che era il mondo al di fuori di quel sinistro appartamento.
Fuori nevicava e soffiava un forte vento: era inverno. Dalla temperatura di poteva capire che era una zona dove l’inverno era abbastanza lungo e rigido, probabilmente una zona nordica. La neve caduta arrivava già al ginocchio del ragazzo, il quale senza nemmeno badarci si avventurò per una stradina con addosso solo una felpa. Sebbene avesse preso un paio di guanti, non li usò per proteggersi dal freddo pungente ma li mise nella tasca posteriore dei pantaloni, né indossò il capello che agganciò alla cintura, altro elemento di pelle bianca. Si limitò ad alzare il cappuccio della felpa.
Il luogo circostante non doveva essere affatto male: una fila di splendidi alberi costeggiava la via, poco lontano scorreva un fiume, ora ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, si scorgevano in lontananza alcuni monti; nella bella stagione la natura doveva risplendere in questo impervio luogo. Anche fuori c’era una calma surreale e le uniche fonti di rumore erano legate alle intemperie, non sembrava esserci traccia di insediamenti umani, né tanto meno di civilizzazione. Con le mani in tasca e il capo chino il ragazzo procedeva squarciando la neve a lenti passi , dal suo viso non trasudava emozione alcuna. La stradina poco più avanti si curvava verso destra incontrando una strada più ampia, forse la strada principale. Sulla nuova strada la neve era battuta, segno che qualcuno c’era già passato. Avanzando sempre a rilento il ragazzo svolto per questa strada di cui non si scorgeva la fine, tanto la tempesta di neve infuriava.
Vi sono sorti mille perchè leggendo? Ok allora è tutto a posto. Per scoprirne di più spendete pochi minuti della vostra vita continuando a leggere le prossime parti.
Un grazie a chi leggerà.
Sono graditi consigli, commenti e critiche.