Varie Final Fantasy - La stella del proprio destino

Csima

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Premessa:

Non so se definirla proprio una fan Fiction perchè i personaggi principali della mia storia sono inventati da me, però diciamo che tutto quello che ho costruito attorno viene da final Fantasy (nn proprio tutto tutto) :>
E' una storia scritta per un contest sul mio sito di FF ( YourFF che è anche vostro affiliato ^_^ con molto onore ) perciò avevo un limite massimo di scrittura....è stato arduo riuscire a sentitizzare tutto quello che mi passava per la testa e ho dovuto fare molti tagli a mio malincuore, perciò forse alcune cose non risulteranno essere chiarissime

Spero sia di vostro gradimento


La pubblico a capitoli perchè la storia vera è lunga


Capitolo 1:

Agli occhi di un bambino, la vita è come un Luna Park pieno di attrazioni e meraviglie. Ma non a tutti è concesso. Non augurerei la mia infanzia a nessuno. La mia vita ha sempre fluttuato sulla strada a chiedere l’elemosina, per poter sopravvivere. Fin da quando la mia mente può ricordare, le situazioni in cui mi sono trovato erano poco piacevoli.

Nei giorni di mercato di Elinor, riuscivo anche a rubare qualche carota, oppure una mela . Se mi andava veramente bene, potevo mangiare anche il formaggio e pane. Correvo come un matto, mentre scappavo, le strade ciottolate mi ferivano sempre i piedi scalzi e gli alti muri di pietra mi sembravano solo una prigione. La città era troppo grande per la mia mente, mi sembrava una giungla di mattoni dorati. L’unica cosa che amavo era quell’immensa torre al centro, bianca è splendente come la luna, e mi domandavo quali incredibili cose potesse custodirvi. Ho vissuto così per dieci anni. Poi, magicamente, mi sono trovato con una casa.

Un ragazzo dai capelli biondi e occhi azzurri e una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi scuri, raccoglievano i bambini abbandonati e li portavano nella città di Midgar. Il loro non era un orfanotrofio, ma bensì una locanda. Non ho mai capito perché se ne prendessero cura, finché non mi ritrovai a dover scegliere la mia strada.

Lo ricordo bene. I miei occhi si sgranarono quando il giovane Cloud, mi chiese se volevo diventare un ladro. Proprio così, un ladro.

Aveva subito notato il mio talento innato nel fregare le cose in casa, sotto al naso di Tifa.

Chiesi con un semplice perché. Le sue parole furono chiare e precise che ancora adesso posso ripeterle a memoria.

“ Come gl’altri bambini, ti abbiamo cresciuto per collocarti in questo mondo che ha regole rigide. Puoi scegliere di fare un lavoro monotono che ti farà vivere fino alla fine dei tuoi giorni, oppure trovare un’altra via che ti premetterà di essere diverso dagl’altri.”

Furono parole magiche per le mie orecchie infantili. Essere diverso da tutti, essere speciale per il mondo. Non ci pensai due volte.

Iniziò così il mio addestramento. Cloud mi portò nella città di Tera e mi affidò alle cure del più famoso ladro delle sei città di PantaKleos, Gidan Tribal. Avevo tredici anni e il mio apprendistato durò per altri cinque anni. La mia abilità di furto era arrivata quasi alla perfezione e questo mi portò a prendere una decisione ardua, che avrebbe cambiato la mia vita.

- Sei troppo giovane.- Cloud era in piedi accanto a Gidan che osservava silenzioso la scena, ma allo stesso tempo, il suo sguardo mostrava una espressione divertita.

- Non si parla di età, per affrontare questo esame. -

- No, l’età non c’entra, però è in ballo l’esperienza, cosa di cui tu, non disponi.-

- Ho già dimostrato molte volte la mia abilità. Credi che non sappia che hai chiesto a Gidan di mantenerti informato dei miei progressi e delle mie imprese.-

I due uomini si guardarono. - Prima o poi, mi sarei aspettato che venissi da me a chiedere di affrontare l’esame. – Gidan, si grattò la testa. – In quest’ultimo periodo eri stranamente agitato e così ho chiamato Cloud perché mi raggiungesse e ti abbiamo convocato proprio per confermare i miei dubbi.-

- Anche io, attendevo il giorno, in cui avresti tentato la prova per entrare definitivamente nell’Elite dell’Obelisco dell’Albero, ma quello che stai chiedendo adesso non è esattamente lo stesso.-

L’addestramento che avevo affrontato non era stato dei più facili. Raffinare l’arte del borseggio, l’abilità di nascondersi nelle ombre e muoversi in silenzio, la capacità di arrampicarsi sui muri senza l’ausilio di attrezzi,ma solo con le proprie mani e i pochi appigli naturali dei muri. La destrezza nell’evitare trappole o rimuoverle e l’agilità nell’aprire serrature di scrigni e porte, avevano fatto di me un ragazzo maturo e esperto in quel campo. Certamente per il furto, la mia costituzione fisica mi favoriva. Il mio corpo era efebico, ma ben allenato agli sforzi. Non amavo portare i capelli lunghi come la maggior parte dei miei compagni, perciò li tenevo corti, forse anche per il fatto che erano neri come la pece e li odiavo perché facevano risaltare troppo il colore chiaro degl’occhi.

Ero teso come una corda di violino pronta a spezzarsi non appena il suo esecutore avesse premuto troppo. Pochi minuti prima avevo formulato una domanda, che lasciò sbigottiti i due uomini. Avrei dovuto chiedere di affrontare l’esame per diventare a tutti gli effetti un ladro dell’Obelisco dell’Albero, ma quella che uscì dalla mia bocca fu tutt’altra richiesta.

Per notti intere avevo fatto rimbalzare nella mia mente, miriadi di parole cercando di creare un discorso elaborato e preciso che mi avrebbe portato senza troppa fatica ad ottenere quello che volevo. Di giorno mi dedicavo con tenacia agli abituali allenamenti, ma la mia mente vagava e non riuscivo più ad ottenere il massimo, tanto da attirare l’attenzione di Gidan.

Ogni volta ero sul punto di rivelargli le mie intenzioni, ma c’era qualcosa che me lo impediva. Forse paura, forse timidezza, forse la sensazione che non era ancora giunto il tempo. Ma come tutto ha un termine, anche la mia paziente attesa vide il suo traguardo e trovandomi davanti ai due uomini, dovetti rivelare la richiesta ciò che avevo sapientemente elaborato.

Nessuna di quelle parole, però, uscì dalla mia bocca.
Mi morsi la lingua appena finì di chiedere esplicitamente di diventare il Vertice dell’Obelisco Etereo.

Cloud sgambettò, nel sentire la mia richiesta e dovette aggrapparsi alla tenda per rimanere in piedi e Gidan che era stravaccato con i piedi sul tavolo rischiò di rovesciarsi indietro. Dovette fare uno sforzo enorme per rimanere in equilibrio.

La questione si infiammò subito. Essere il Vertice era una carica importantissima. Era il nome che si erano assegnati i capi di ogni obelisco che formava la Setta del Pentacolo, perché rappresentavano la punta della figura che raffigurava il simbolo dell’organizzazione.

- Essere il Vertice, richiede facoltà che vanno oltre a quelle che tu possiedi, soprattutto per quanto riguarda l’Obelisco Etereo. Io e Gidan, abbiamo affrontato prove ben più pericolose delle tue per diventare Vertici dell’Obelisco della Nuvola e dell’Albero e lo stesso è valso per gl’altri. –

- Ma ora, se non erro, il Vertice dello Spirito è morto e non c’è nessuno che ha ancora preso il suo posto.-

Cloud mi stava fissando con occhi ghiacciati. Non ho mai capito cosa stesse provando in quel momento, ma non abbassai lo sguardo. Lo sostenni, raccogliendo tutta la mia tenacia e testardaggine. Fece un profondo respiro.

- Per diventare Vertice bisogna affrontare le quattro prove degl’altri Obelischi e non sono sciocchezze, soprattutto quella che riguarda quello del Sole.-

- Vuol dire che acconsenti alla mia richiesta? – Ero entusiasta. Non mi sarei mai aspettato una risposta così celere e positiva, soprattutto da Cloud. Anche Gidan rimase interdetto.

- Prima di affrontare le prove, dobbiamo andare all’ Obelisco di Luce. La sacerdotessa, ti racconterà per filo e per segno tutto ciò che concerne la Setta. Ora vai! –

Feci un breve inchino e uscì dalla stanza, ma attesi qualche secondo. Da dietro lo spesso portone, i due uomini iniziarono a parlare.

- Cosa speri di ottenere acconsentendo al giovane di affrontare le prove della Setta?-

- Spero che una volta giunto all’Obelisco del Sole abbandoni il tentativo e si rassegni a rimanere almeno nella tua Elite. –

Abbandonai la mia postazione e ritornai con passo silenzioso nella mia stanza, per attendere il giorno dopo.


continua....


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qualche commento?

:partdf4:
 

Csima

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Buona lettura a tutti

Capitolo 2:

Il viaggio che mi portò da Tera alla capitale di Elinor, mi sembrò breve, ma durò due giorni. Io e Cloud giungemmo all’Obelisco di Luce. Finalmente potevo vedere come era fatto al suo interno. Lo avevo sempre guardato da fuori quando vivevo come un randagio in quelle strade. Quando entrai mi parve di ritrovarmi immerso in un cristallo. L’edificio era contornato da miriadi di specchi che con il solo ausilio della luce solare e la loro particolare locazione minuziosa, illuminavano tutto l’ambiente. Un enorme scala circolare di vetro, come un serpente si arrotolava verso l’altro. Pendoli di prisma scendevano dai soffitto creando caleidoscopici motivi sul pavimento e pareti. Numerosi cristalli di luce erano dislocati per l’illuminazione notturna.

Entrammo in una stanza che si trovava al piano terra. A sedere su dei cuscini vi era una ragazza dallo sguardo dolce e sereno. Indossava uno candido abito bianco.

- Ti presento Lady Yuna. E’ la Prima Sacerdotessa dell’Obelisco. Sarà lei a narrarti la storia della Setta. Io esco, ci vediamo questa sera. – Cloud non attese una mia risposta.

- E’ molto agitato. – disse tranquilla lei, facendomi accomodare sui cuscini. – Si vede che tiene alla tua incolumità e il sapere che vuoi tentare di diventare un Vertice, lo preoccupa molto. –

Non sapevo che dire, rimasi in silenzio con il capo chino, guardandola di tanto in tanto.

- Prima di iniziare, voglio rassicurarti, che non dovrai affrontare nessuna prova per quanto riguarda il mio Obelisco.- si inginocchiò a sua volta. -Vedi, l’Obelisco di Luce, fa parte della Setta del Pentacolo, ma è solo una costruzione rappresentativa. Non svolgiamo mansioni che la riguardano. Esso è un tempio in cui vengono offerte magie curative, sia per la gente comune che per i membri della setta. –

- Credo di non comprendere a pieno.-

- Allora, sarà meglio partire dall’inizio, non credi? –

Annuì e ascoltai attentamente ciò che Lady Yuna mi raccontò.

- La Setta del Pentacolo ha radici secolari. Essa è stata fondata dal primo Re di Elinor.- Yuna di alzò e scostò con una corda una tenda, rivelando un drappo con disegnato sopra una stella racchiusa in un cerchio e vari simboli disegnati su ogni punta.

- L’organizzazione è composta da cinque membri, i cosiddetti Vertici, rappresentanti ognuno un simbolo del Pentacolo. Quello che punta a Nord rappresenta lo Spirito e viene raffigurato con una sfera luminosa. A Nord-Est vi è l’Acqua rappresentata da una goccia. A Sud-Est vi è il Fuoco, con il sole. Quello che punta a Sud-Ovest è la Terra e vi è un albero ed infine il vertice che punta a Nord-Ovest, rappresenta l’Aria e viene raffigurato da una nuvola. –

Riconobbi il simbolo dell’albero che Gidan aveva tatuato sull’avambraccio destro e lo stesso era per la nuvola, tatuata nella spalla sinistra di Cloud.

- Ma c’è un significato in più. Quelli che sembrano esser comuni simboli della natura, in realtà nascondono la vera essenza della loro origine. La terra rappresenta la materialità, il fuoco l’aggressività, l’acqua rappresenta l’agilità e velocità, l’aria l’astuzia e lo spirito rappresenta il dominio spirituale. Il primo Re di Elinor, fondò questa setta per i propri scopi e non mi azzardo a mentire, nel dirti che questa è organizzazione di ladri e assassini che agiscono sotto la sua protezione.-

Prese una cartina geografica raffigurante PantaKleos e la posizionò davanti a me.

- Può sembrare raccapricciante o poco rassicurante sapere che il nostro continente sembra vivere in funzione della Setta del Pentacolo, prova a pensare. – indicò la capitale che si trovava al centro. – Qui vi è Elinor. A Nord-Est vi è Midgar con l’Obelisco della Nuvola, a Sud-Est vi è Estar, con L’Obelisco del Sole, a Sud-Ovest vi è Tera con l’Obelisco dell’Albero, a Nord-Ovest vi è Zanarkand, con l’Obelisco della Goccia e infine a Nord vi è San D’Oria con l’Obelisco Etereo. Se osservi, essi formano un cerchio e allo stesso tempo una perfetta stella a cinque punte. Tracciando poi delle rette da ogni vertice verso il centro della stella troviamo la capitale Elinor con l’Obelisco della Luce.

Il primo Re, voleva controllare in maniere sicura ogni città di PantaKleos, ma per nascondere i suoi veri intenti, fece erigere queste torri, facendo credere alle vari popolazioni che erano templi dedicati al culto degli spiriti della natura. – Si alzò dal suo giaciglio. – In effetti ogni torre ha una congrega di maghi che si dedicano al simbolo a cui appartengono, ma come hai visto, perché hai vissuto anche te nell’obelisco dell’Albero, nella sue segrete vi è la setta. Hai qualche domanda? –

- No, conoscevo già la storia, che la setta del Pentacolo è una gilda di ladri e assassini e che le loro locazioni circondano Elinor. Non conoscevo il fatto che è il Re stesso a commissionare le nostre missioni.-

- Senza di esso, la Setta farebbe fatica a sopravvivere, verrebbe in tutti i modi messa alle strette dall’esercito. Inoltre ogni Obelisco svolge delle funzioni principali, mantenendo comunque tutte le altre, solo che ognuno è più specializzato dell’altro in una mansione.-

- Posso immaginare quella di Gidan, ma degl’altri? –

- Questo lo scoprirai da solo. E’ ora che tu vada, il sole sta calando e Cloud ti starà aspettando.-

Non mi ero accorto che fosse passato già tanto tempo. Feci un inchino e Yuna mi sorprese raccogliere con le mani a calice, il mio viso come se fosse stata acqua. Mi fissò per vari secondi e mi augurò buona fortuna.




La mia prima prova fu proprio all’Obelisco della Nuvola a Midgar. La struttura non era situata proprio nel centro della città, perché vi era un imponente edificio ormai in rovina, esploso vari anni fa. Da varie fonti ero venuto a sapere che Cloud era stato coinvolto in tutto ciò. Una storia vecchia che l’uomo non aveva avuto mai voglia di raccontarmi, forse c’era qualcosa che lo turbava nel rimembrarlo. Sentii nostalgia nel rivedere la mia città di infanzia. Non era cambiata di una virgola. La città di metallo, la chiamavo. Gli edifici erano quasi tutti di quel materiale, disposti in circolo e contornati da mura di spesso acciaio. Era una città buia, il sole con i suoi raggi, non poteva offrire colori sgargianti all’ambiente, ma nonostante ciò la amavo.

Appena arrivammo, ci recammo alla locanda. Riabbracciare Tifa, mi fece saltare il cuore. Erano stato lontano per cinque anni. Era stata come una madre per me. In quelle occasioni avrei dovuto piangere, ma il mio orgoglio mi trattenne le lacrime.

Passai l’intera giornata in sua compagnia e dormii alla locanda, aspettando il mattino dopo che avrebbe dato inizio al mio esame.


continua...
 

Csima

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scusate l'attesa, sono contenta che vi piaccia ^_^


capitolo 3:



La mia esuberanza, mi aveva fatto immaginare in mio ingresso in una sala ghermita di gente appartenente alla setta, che incuriosita, sarebbe entrata per vedere colui che avrebbe tentato di essere un Vertice.

Prima dell’alba, quando ancora la gente dormiva, la mia eccitazione si spense non appena entrai nell’Obelisco.

Lo avevo solo visto da fuori e il suo aspetto austero, mi aveva sempre impaurito. Non entrammo dal portone principale, ma bensì da una porta segreta. Percorsi un corridoio e scesi lungo le scale, arrivando in una immensa sala illuminata da vari neon. I nostri passi rimbombavano in quell’ambiente freddo e grigio, privo di decorazioni.

Entrammo poi in una stanza, che capii essere lo studio di Cloud. In fondo un massiccio tavolo in legno e una sedia, davano le spalle ad un drappo. Lo stesso che avevo visto da Lady Yuna. Una libreria era appoggiata ad un lato della parete, pieno di libri e fogli sparsi. Sul tavolo un enorme registro in borchie e una penna. Niente tecnologia.

Notai poi, un secondo tavolo, più piccolo, con sopra qualche oggetto. In quell’ambiente freddo i miei occhi si meravigliarono nel vedere vicino alla sedia di Cloud, un piccolo vaso con dei sgargianti fiori. Chissà cosa significavano per lui?

- Prima di iniziare la prova, voglio dirti che esse possono durare un giorno oppure svariati mesi. Tutto dipende da ciò che devi affrontare e dalle tue abilità. Perciò non demoralizzarti se impiegherai più tempo di quanto avrai calcolato. –

Silenzio. Nessuno dei due sembrava voler parlare. Dentro di me, sentii una strana agitazione.

- Cloud…non sei contrario? –

- Sai benissimo che non voglio. – L’uomo strinse i pugni, cercando di reprimere il tremore dato dalla sua rabbia. - Ma…non posso proibirtelo. Sei un ragazzo indipendente e io stesso ti ho buttato in questa vita.-

- Sono io che ho deciso…-

- I bambini non hanno la capacità di decidere logicamente. Questo lo sapevo allora e lo so adesso, ma non ho ascoltato il mio cuore.- Si alzò dalla sedia e mi accompagnò vicino al tavolino.

Sopra vi erano appoggiati due oggetti. Il primo era una piccola canna con dei fori su di un lato in verticale. Il secondo una cerbottana con un sacchetto contenente alcuni aghi e una bocchetta di vetro.

- Scegli uno dei due oggetti. –

Lo guardai interrogativo. – Qui inizia la tua prima prova.-

Mi prese improvvisamente il nervoso. Ma come cavolo potevo sapere cosa dovevo scegliere? Su quali basi potevo appoggiarmi per non rendere ancora più complicata la mia situazione? Sarei volentieri saltato addosso a Cloud. Era nel suo stile mettermi di fronte ad un bivio e ogni volta sbagliavo. Mi diceva sempre che dovevo scegliere con il cuore, ma che dovevo usare anche la ragione. Due aspetti incompatibili per il mio carattere. Mi grattai la testa, scompigliando i miei corti capelli.

La canna o la cerbottana. Cosa avevano in comune? La mia mano tremava, mentre la allungavo. La lasciai a metà fra i due oggetti. Passarono interminabili secondi, ma poi cadde sul primo. Dovevo aspettarmi qualcosa di strano?

Cloud fece un lieve sorriso, come se la mia scelta non lo avesse sorpreso. Avevo forse sbagliato ancora? Prese la cerbottana e il sacchetto e me li mise nello zaino. Non capii.

- Quello mettitelo al collo.- disse passandomi un laccio di cuoio.

- A cosa mi serve? –

- Non sono io a dovertelo dire.-

- Perché sei così enigmatico? –

- La tua prova è questa. – Estrasse dal cassetto una cartina. – Dirigiti verso Sant d’Oria. A metà strada devia a nord-est, dopo varie miglia inizierai ad intravedere un bosco. Prima di inoltrarti ti consiglio di aspettare almeno un giorno nel piccolo villaggio di Pertias che si trova sulla strada. – Aprì uno sportello della cassettiera ed prese una lampada di vetro, quelle di una volta ad olio. Me la consegnò. – Dovrai catturare un folletto del bosco. –

- Cosa!?!- rimasi immobilizzato. La mia faccia doveva assomigliare a quella di un buffo essere non identificabile.

- L’obelisco della nuvola predilige l’Astuzia. Devo esaminare fino a che punto questa tua abilità ti sarà di supporto in questa impresa. Dovrai decidere tu come agire. Non mi importa se mi porterai questo folletto vivo o morto. A te la scelta.-

Sospirai, convinto del fatto che Cloud non mi avrebbe detto nient’altro in merito. Uscimmo da quel luogo e ritornammo alla locanda.

Nel primo pomeriggio, salì per la prima volta su una moto. Da piccolo la guardavo con occhi estasiati ogni qualvolta Cloud usciva con quella e mi ripetevo che prima o poi ci sarei salito anche io. Quel momento era arrivato.

Mi ritrovai anche a pensare come mai le varie città erano così diverse le une dalle altre. Ognuna di esse possedeva una sofisticata tecnologia, ma unica nel suo genere. Al contrario Elinor sembrava congelata nella sua antichità. La gente possedeva l’elettricità nelle case per usufruire di luce, ma utilizzava ancora la legna per cucinare, e i cavalli e carri per spostarsi. Amavano quella bizzarra vita semplice ma riuscivano comunque ad adattarsi bene con le altre città, come se la differenza di stile di vita non li intimorisse minimamente. Forse era anche per quello che era la Capitale di PantaKleos. Solida e ferma nelle proprie convinzioni sapeva dominare sulle altre.

L’ebbrezza che provai nell’essere trasportato da quel mezzo fu entusiasmante. Mi sembrò che il tempo rallentasse e potesse essere gestito dalle proprie mani. O forse ero solo incosciente del fatto che Cloud era estremamente spericolato nella guida. Infatti impiegammo pochi minuti ad attraversare Midgar ed uscire da una delle sue porte che dava nella direzione di Sant D’Oria.

Scesi e rimasi fermo davanti a Cloud che mi osservava appoggiato con le mani consorte sul muso della moto.

- Posso solo augurarti buona fortuna oppure sperare che tu rinunci per la tua incolumità.-

- Speri che lasci la prova? Oppure speri che una volta arrivata all’Obelisco di Sole mi ritiri? –

- Hai spiato, come immaginavo.-

- Quello del Sole è la prova più dura? –

- Non ci sono prove dure o facili. Ma la mente può necessitare più forza nel sostenerle. Quella del sole è sempre risultata devastante per la mente e per te non farà eccezione, qualunque prova ti verrà sottoposta.- Il suo sguardo si era incantato in una direzione, probabilmente stava ripensando alla sua prova che aveva sostenuto per essere diventato vertice.

Guardai il suo tatuaggio che si vedeva sul braccio sinistro. Lo notò. – Se riuscirai a superare tutte le prove anche a te verrà tatuato il simbolo dello spirito. Sullo sterno appena sotto le clavicole, il punto più doloroso.-

Rabbrividii pensando al dolore. – Ma perché proprio lì? –

- Per lo stesso motivo in cui sono dislocate le città. Se tatuassimo un corpo con tutti i simboli essi formerebbero una stella. –

- Siete un po’ ripetitivi.-

Cloud rise, cosa quasi impossibile da vedere. – Lo sempre pensato.-

- Posso farti una domanda prima di partire? –

- Lo stesso farò io.-

- Perché sei diventato Vertice? –

- Quando ero giovane come te, Midgar era sotto il dominio di una persona spregevole che non ci pensava due volte a imporre la sua dittatura. Ti suonerà bizzarro sapere che tale persona era un Vertice. Ma la setta era contraria al suo modo di gestire il suo potere e per spodestarlo dal suo trono, ha mandato suoi soldati sotto copertura. Io ero uno di quelli, mi sono arruolato come soldato della Shinra e aiutato i terroristi, ma diciamo che sono stato risucchiato in un vortice di vite che si sono legate a me, cambiandomi. Alla fine di tutto ciò, dopo qualche anno, mi chiesero di tentare di sostituire il posto vacante che si era creato e dopo aver affrontato le prove sono quello che sono adesso. -

Annuì comprendendo.

- E tu? Perché vuoi diventare un Vertice? –

Mi strofinai il naso. – Adesso ti rispondo che lo faccio per quello che mi hai detto da piccolo. Sul fatto di essere speciale per il mondo. Può sembrarti una ragione stupida e infantile, ma forse perché non ho ancora trovato la vera risposta. Però ho la sensazione che c’è qualcosa di sconosciuto che mi ha spinto a fare ciò.- mi misi lo zaino in spalle e mi incamminai sul sentiero salutando di schiena colui che consideravo mio padre.



continua...
 

Csima

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capitolo 4:


Dopo aver passato la notte presso quelle locande sparse sulle strade per i viandanti, giunsi al villaggio di Pertias, nel pomeriggio. In lontananza si notava l’immensa foresta dove avrei affrontato la prima prova. Sembrava immensa e lugubre, in compenso l’agglomerato abitativo eraa accogliente. Molti negozi offrivano, nelle loro vetrine, la loro mercanzia e proprio una attirò la mia attenzione. Erano in mostra svariati utensili ignoti alla mia conoscenza. Entrai per curiosare, anche se la mia tentazione era di altra natura. Vi era un vecchietto che stava consultando un grosso libro e mi squadrò dalla testa ai piedi.

- Cosa cerca giovanotto? –

- Se ho inteso bene dalla vetrina, voi vendete oggetti per catturare i folletti vero? –

- Per la cattura? Oh no, per la difesa.-

- Difesa? –

- Ragazzo, i folletti della Foresta dell’Abisso non sono simpatici e amorevoli, tutto il contrario. Se un umano venisse attaccato da uno sciame di loro, sarebbe la fine.-

Il colore del mio volto parve impallidirsi tutto di un botto, tanto che il negoziante chiese se stavo bene.

- E ditemi, come ci si difende da loro?-

- Svariati modi, sale, palette, per chi sa usare la magia ci sono alcuni incantesimi, ma è raro che i folletti escano dalla foresta.-

- Allora, perché vendete tutta questa roba?-

- Molti avventurieri come te, vengono nel tentativo di catturare i folletti, perché si dice che bere il loro sangue conferisca l’eterna giovinezza. Altri perché vogliono attraversare la foresta, che è la strada più corta per uscire dalla vallata. Altrimenti sono costretti a valicare le montagne. Ma sinceramente non ho più rivisto nessuno di loro.-

“Accidenti a Cloud, in che razza di missione mi ha mandato?”

Salutai il commesso e uscì fischiettando. Entrai in una locanda e presi una camera. Mi sedetti sul letto e frugai sotto la mia camicia, tirando fuori alcuni sacchetti. – Povero uomo, ma è più forte di me. Chissà cosa ho pescato? –

Aprì ognuno dei sacchetti. In uno vi era del sale, in un altro dei biscotti, in un altro vi erano delle piume di uccello e nell’ultimo vi erano una boccetta con dentro un liquido verdastro. Notai che era del tutto simile a quello che mi aveva dato Cloud. Avevo capito già allora che si trattava di veleno. Decisi che sarei partito il mattino presto.

La nebbia fredda creava un fitto muro bianco che impediva alla vista di definire bene ciò che mi circondava. Gli alberi assomigliavano ad alte figure minacciose e i cespugli ad animali feroci nell’attesa di attaccare. Decisi di attendere, finché non fosse scesa. Era quasi mezzodì quando ripresi il cammino.

- Chissà se devo cercare oppure saranno i folletti a trovare me. – mi vennero i brividi al pensiero di essere attaccato.

Tirai fuori dalla bisaccia la cerbottana e intinsi alcuni aghi nella bocchetta tenendoli poi fra le dita, a formare un ventaglio, pronto all’uso. Arrivai ad una piccola radura. Davanti a me un ruscello formava una pozza d’acqua. Lì vicino vi era una grande masso e poco lontano un imponente salice. I mie sensi si acutizzarono. Succedeva sempre quando sentivo il pericolo in vicinanza. Rimasi nascosto ad osservare. La mia pazienza fu ricompensata. Dal salice iniziarono a formarsi alcuni luci e poco dopo dalle sue fronde vidi uscire quelli che all’inizio sembravano dei grandi insetti, ma riconobbi anche delle forme tipicamente umanoidi. Erano proprio gli spiritelli.

Iniziarono a giocare sulla superficie dell’acqua, spruzzandosela addosso. La scena mi sembrò talmente comune, che non riuscivo ad intravedere qualcosa di maligno in essi.

Come a volermi anticipare, vidi uscire dal folto del bosco una persona. Rimasi stupito. Un altro che tentava la mia stessa strategie. Anch’esso aveva una cerbottana e iniziò a sparare i suoi aghi contro i folletti. Il piccolo gruppo si sparpagliò iniziando a volare ad una velocità folle. Ben presto l’avventuriero si ritrovò ad agitare le mani, come a voler scacciarli via, ma dopo qualche secondo lo vidi accasciarsi a terra. Mi mancò il fiato. Era forse morto? Cercai di calmarmi e continuai ad osservare. L’uomo a terra pareva essere ancora vivo, il suo busto si alzava e abbassava con il ritmo regolare di uno che dorme.

“L’hanno addormentato. Ho temuto per lui.” Uno dei folletti emise un fischio molto acuto. Dal folto della foresta apparvero due alci che con le loro mascelle potenti afferrarono per le gambe il tipo trascinandolo via.

Tutto quello che avevo visto, mi aveva talmente sconvolto, che non mi ero accorto di aver ancora fra le mani la cerbottana e gli aghi. Optai di riporli, perché attaccare come aveva appena fatto lo sconosciuto, non era di certo la strategia giusta.

Mi balenò una idea nella mente, ma mi sembrava talmente folle che avevo paura di metterla in atto. Ma non era del tutto impossibile, forse non era vero che i folletti attaccavano a vista gli umani, ma le voci si erano create solo dalla paura della gente.

Mi alzai dalla mia posizione e produssi del rumore volutamente. I folletti si allarmarono e si nascosero fra le fronde del salice.

Uscì e mi diressi con passo stanco verso il ruscello. Mi inchinai e mi rinfrescai il volto e bevvi. Mi spostai e mi misi a sedere per terra appoggiando la schiena al masso. Tirai fuori il sacchetto dei biscotti e inizia a mangiarne lentamente uno. Vidi un piccolo passero, avvicinarsi. Ne approfittai e lancia una briciola nella sua direzione e subito accorse a raccoglierla con il becco, ingoiandola. Continua così finché il passero, non ebbe più paura tanto da appoggiarsi sul mio ginocchio. Fischiettai qualche nota con le labbra e l’uccello divertito rispondeva.

“ Dai! Fatevi vedere. Non ho guadagnato la vostra fiducia?”


continua...
 

Csima

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Capitolo 5:

Le fronde si mossero e uscirono alcuni folletti. Il passero spaventato volò via e finsi di essere sorpreso a mia volta, tanto da alzarmi e guardarmi in giro. Rimasi fermo e rigido, con lo sguardo fisso sui folletti che mi giravano intorno alla testa.

- E’il primo che viene senza attaccare.- si posizionò proprio davanti agli occhi, imitando il gesto di rispecchiarsi. - Forse non sa chi siamo o non ci ha mai visto.-

- Come ti chiami umano? –

- Ehm…il mio nome è Ardian…- dissi con voce incerta.

- Cosa ci fai qui? –

- M-mi sono perso nel bosco… e sto cercando la strada… per casa.-

- Non sai che questa è una foresta maledetta dagli uomini? –

- Sono solo un viaggiatore, devo andare da mio padre nella città di Midgar, ma non conosco la strada. – non mentii del tutto.

Il mio sguardo fu catturato da uno di quei folletti. Era il più carino di tutti. Forse perché sembrava una bambola in miniatura, con un fiore di campanula come cappello e due antenne lunga a pendolo. Il corpo era ricoperto da un peluria naturale e le gambe avevano piccoli spine, come quelle di una rosa.

- Guardate, guardate! – fu proprio lei ad indicare il mio pendente.

- Sì…e lo stesso. Allora sei un amico di Berlon.-

Rimasi impietrito. Il nome Berlon non mi suonava nuovo, ma in quel momento non sapevo proprio che dire.

- Dai, usalo. A noi piace tanto.-

- Veramente, questo me lo ha dato mio padre e non so…-

- Oh, che noia, andiamocene.- Tutto il gruppetto volò via fra le fronde dei salici, tranne quella folletto.

- Come ti chiami? – provai a chiedere.

- Non ho nome che possa essere pronunciato da un umano. La mia lingua non riusciresti a riprodurla.-

- Ah capisco,…uhm…ti da fastidio se ti chiamo con un nome umano? –

- Che nome mi daresti. –

- Ehm…fammi pensare…- non sapevo che inventarmi.

- Il tuo nome, al contrario ... –

- Il mio nome? Ardian…Naidra.-

- Bello Naidra….sì, mi piace.-

- Naidra mi spieghi perché sono andati via i tuoi amici?-

- Si vede che non gli sei simpatico – Il folletto guardò il cielo. – Arriva il tramonto, ti conviene accendere un fuoco se non vuoi morire di freddo. –

Ascoltai il consiglio di Naidra e andai a raccogliere legna e foglie secche. Accesi un fuoco nella radura. Mangia qualcosa e mi avvolsi nella coperta che era nello zaino.

Mi misi ad osservare il mio pendente. Avevo capito quasi subito che era un piccolo flauto. Provai a soffiarci dentro, ma le noti erano orrende. Continuai a tentare finché non mi sembrò un suono decente. I fori erano molto vicini fra loro e riuscire ad usarli fu difficile. Mi esercitai fino a che i miei occhi non sentivano la pesantezza del sonno. Lo rimisi al collo e mi accovacciai a terra addormentandomi.

La mia notte non fu delle più tranquille. Mi svegliavo spesso per il freddo e riattizzavo di continuo il fuoco. I rumori del bosco mi tenevano costantemente in allerta. Alle prime luci dell’alba mi svegliai per l’ennesima volta.

Stanco di stare steso,mi sollevai a sedere e sgranocchia due biscotti. Poi ripresi in mano il flauto e ripresi a suonare.

Finalmente riuscì a produrre dei bei suoni e mi inventai una piccola melodia. A dire il vero, non era proprio inventata. Mi venne in mente la canzone che Tifa mi cantava quando ero bambino e provai a riprodurla. Era piacevole riascoltarla. Alzai lo sguardo e mi vidi i folletti che stavano a mezz’aria davanti a me ad ascoltare. Si stavano dondolando come stesi su una culla fatta d’aria.

Ripresi e allo stesso tempo osservai che cosa facevano. Era l’occasione adatta. Mi sarebbe bastato allungare una mano e acchiapparne uno, ma poi si sarebbe scatenati gl’altri. Lentamente con la mano libera aprì la mia bisaccia e presi gli aghi avvelenati. Dei colpi precisi, avrebbero risolto il problema del numero.

Cloud non mi aveva detto di portarlo vivo, voleva solo che ne portassi uno.

Stavo tentennando. Cosa mi bloccava? Stavo maledicendo la mia insicurezza, quando mi stupii. Tutti i folletti caddero a terra addormentati. Non capii.

Stetti fermo, incapace di intendere. Poi nella mia mente balenò la soluzione. Mi ricordai di chi era Berlon. Cloud me ne aveva parlato da piccolo. Era un incantatore Elvaan di San d’Oria, abile nella fabbricazione di strumenti magici, capaci di suggestionare chi ne subiva i suoi effetti.

Ringrazia il fato che proprio quel flauto che avevo scelto, mi aveva dato la possibilità di catturare uno di quei folletti. Raccolsi tutte le mie robe e aprì la lanterna ad olio. Presi in mano Naidra, ma non ebbi la forza di metterla al suo interno. La tenni sul mio palmo aperto e corsi nella direzione da cui ero provenuto. Dopo un ora di cammino, iniziò a riprendere i sensi.

Scattò subito, vedendo di non trovarsi nella sua radura.

- Io ti devo delle scuse. – disse sedendomi su un tronco. – Ti ho mentito. Ero venuto nella radura per poter catturare uno di voi folletti. Devo affrontare una serie di prove e questa è la prima. –

- Come hai fatto ad addormentarci? –

- Ho suonato un flauto incantato, molto probabilmente l’ha costruito Berlon.-

Nairda mi osservò per lungo tempo. – Berlon è un Elvaan dalle grandi capacità che spesso veniva qui a parlare con noi folletti, ma per quanto potente sia, i suoi strumenti non hanno la capacità di addormentarci a meno che a suonarli non sia un Elvaan che ha le facoltà di armonizzarsi con la natura. –

- Ma io non sono Elvaan. –

- Mi hai portato via perché devi portarmi da qualche parte? –

- La mia missione era di catturare un folletto di questo bosco e di portarlo vivo o morto da mio padre…colui che mi ha affidato questa missione.-

- E perché non mi hai ucciso, visto che ero addormentata? –

- Forse perché sono un codardo e non ho avuto cuore di ucciderti, dopo averti conosciuto.-

Nairda guardò verso la direzione in cui eravamo venuti e poi verso quella in cui stavamo andando.

continua....
 

Xabaras89

See through Dreams
Oddio....Csimy sei proprio tu? O_O

LOL magari manco ti ricordi più chi sono ma ti devo un tatuaggio :D

Comunque sia....avevo già letto la storia su YFF e non ti smentisci mai, anche se devo dire che io ho amato visceralmente (e continuo ad amare) la tua fan Ba Mreal come tuo lavoro migliore ^^
 

Csima

Member
Sei squall77???

almeno ho capito dalla tua firma XD

sei sparito tutto dun botto da YourFF (ogni tanto vieni mi sembra)


cmq primo o poi continuerò Ba Mreal
 

Xabaras89

See through Dreams
Sei squall77???

almeno ho capito dalla tua firma XD

sei sparito tutto dun botto da YourFF (ogni tanto vieni mi sembra)

Eh lo sò trasferimenti, casini con il pc e roba varia mi hanno tenuto lontano da internet T__T ora come ora quando posso passo sempre XD

cmq primo o poi continuerò Ba Mreal

Io ci conto ^^
 

Csima

Member
Capitolo 6:

Cloud mi guardò con occhi stupiti, mentre stavo davanti a lui con Naidra sulla spalla.

- In fondo mi aspettavo che avresti portato a termine la missione, ma addirittura farti amica un folletto.-

- Lui è tuo padre? – Naidra si avvicinò a lui. – Ma non ti assomiglia!-

- E’ mio padre adottivo, non naturale. –

- Hai usato il flauto? –

- Sì, ma non mi spiego come sia riuscito ad usarlo nel modo corretto.-

- Non conoscendo le tue origini, non è da escludere che scorra sangue elvaan nelle tue vene. I sangue misti, non presentano alcuna caratteristica fisica delle razza che popola San d’Oria, ma nelle loro vene scorre un flusso magico.-

- Sarebbe lui la mia cavia.- una voce mi sorprese alle spalle.

Di tutte le persone che avrei potuto immaginare nei panni del vertice dell’acqua, quella che mi si parò di fronte era certamente quella più lontana. Mi sembrava impossibile, vedere una celebrità del mondo del Blitzball, a pochi metri da me nella torre scura di Midgar.

Tidus si avvicinò e Cloud lo abbracciò come se fossero amici di vecchia data. – E’ una vita che non ti si vede da queste parti. Hai fatto un buon viaggio.-

- Ovviamente solo dopo essere uscito da Zanarkand. Ho faticato con tutte le mie fan alle calcagna. – si passò una mano fra i capelli mettendosi in posa.

- Partirai domattina con Tidus. Vai a farti un bagno caldo e rilassarti. –

***

Quella sera, Cloud venne a farmi visita nella mia stanza. Naidra era di sotto a giocare con i bambini. Si sedette sul letto di fronte al mio e rimase in silenzio per svariati minuti. Poi si slacciò un bracciale di pelle con una effigie di lupo in metallo e me lo porse.

- Non è nulla di particolare, ma è sempre un ricordo.-

- Sei drastico. – dissi prendendo il braccialetto e osservandolo.

- Ho imparato sulla pelle che la vita può esser spezzata in qualsiasi momento. Non siamo noi a decidere il quando. Ma vivere nell’angoscia che un giorno possa succedere, porta solo alla propria rovina. Voglio solo che tu ti senta ancora parte di questa famiglia. Fin dall’inizio ti ho considerato come mio figlio anche se non lo sei, e quello serve solo per ricordarti che c’è sempre una casa che ti aspetta.-

Non sono mai stato un gran sentimentale. Le scene mielose non le ho mai sopportate perché mi mettevano un gran imbarazzo e nervoso. Ma il gesto fu istintivo. Penso che quell’abbraccio sia significato molto per Cloud.

***

Il viaggio verso Zanarkand fu piacevole. Tidus aveva una gran voglia di parlare, raccontandomi di tutto della sua vita, tralasciando quasi completamente la parte del Vertice e concentrandosi quasi esclusivamente su quella di star.

Arrivammo alla città tre giorni dopo. Rimasi esterrefatto nell’osservare le imponenti strutture. Immensi grattacieli formavano, come alberi, una foresta e le strade come ruscelli, serpeggiavano fra di essi. Sentieri di condotti aperti d’acqua, s’ intrecciavano a formare una rete idrica. L’obelisco si trovava sempre al centro della città, ma il vero simbolo di Zanarkand era lo stadio acquatico. Avrei voluto tanto visitarlo, ma Tidus mi informò che non vi era tempo al momento.

La struttura dell’Obelisco della Goccia aveva le pareti di un metallo chiaro come la neve e un rivestimento esterno e interno simile a vetro che lasciava intravedere un costante scorrere di acqua come una cascata. Quel suono all’inizio era fastidioso per le orecchie, ma il suo monotono fluire, dopo un po’ sembrava una tranquilla nenia.

Il suo studio era pieno di cuscini sopra a dei divani. Era presente il solito drappo e la scrivania era posta al centro della stanza con dietro varie librerie. Certamente più accogliente di quello di Cloud.

- La missione non dovrai affrontarla da solo. Con te verranno alcune membri del nostro obelisco. –

“ Meno male”

- Siccome non conosci Zanarkand e questa missione deve essere svolta entro breve, i miei adepti ti daranno tutte le indicazioni.-

- Di cosa si tratta?-

- Non avevo ancora pensato alla tua prova. Ti ricordi la prima notte che ci siamo fermati? – non aspetto il mio assenso. – ho ricevuto da uno dei miei messaggeri una notizia poco gradita.-

“ Perché arrivo sempre in compagnia di brutte notizie?”.

- Domani ci sarà la celebrazione del nuovo governatore della città. Naturalmente questa ascesa non è piaciuta ad alcuni e un gruppo terroristico ha piazzato lungo i condotti d’acqua, delle bombe. Naturalmente non sarà una cosa facile e si rischia molto, ma dobbiamo disattivare tutte le cariche prima della celebrazione. Perciò il lavoro deve essere rapido.-

- E’ un suicidio!-

- A te la scelta ragazzo. Io ho colto l’occasione al volo. La velocità è la nostra peculiarità.-

- Ma non so disattivare le bombe. Non mi hanno mai insegnato una cosa del genere.-

- A questo provvederà Lye.- Tidus premette un tasto posto sul tavolo.

Dopo qualche minuto entrò nella stanza una ragazza, con lunghi e lisci capelli castani. – Mi ha chiamato.-

- Lui è Ardian, dovrai spiegargli nei minimi dettagli l’operazione che dovrete affrontare poco prima dell’alba. Lui sarà quello che disattiverà le bombe.-

- Ma Vertice…-

- Niente ma…è un candidato.-

Lye parve irrigidirsi. Annuì e mi trascinò fuori. - Ma che mi tocca fare.-

Mi bloccai liberandomi. – Scusa tanto, se è stato Tidus a buttarmi dentro.-

- Uno! Lui non è Tidus ma è il Vertice. Due! Non hai idea a cosa vai incontro..

- Ma cosa credi? – mi stavo imbestialendo. – Ho affrontato la prima prova quattro giorni fa. Sono arrivato qui da poco e mi viene detto che se voglio superare questa, devo disattivare delle bombe rischiando di esplodere con esse.-

- E non ti è venuta la pallida idea che accanto a te ci saranno altre persone a rischiare? – La sua voce era irritante.

Cercai di calmarmi. – Senti, non ho voglia di litigare e non ho voglia che delle persone muoiano in questa missione. Perciò chiederò al Vertice Tidus di non avere compagni. Mi studierò il percorso dei canali e su come disattivare le bombe da solo.-

Invertì il mio senso di marcia per ritornare allo studio. Lye mi prese per il braccio – Scusa. Ma sono nervosa e non mi sarei mai aspettata che uno sconosciuto, che non sapesse nulla di nulla, dovesse affrontare questa missione.-

La ragazza mi accompagno all’interno di una grande stanza dove erano posti molti oggetti meccanici. Sembrava una officina.

Pose su un tavolo una sfera metallica. – Questa è lo stesso tipo di bomba. Bisogna estrarre l’anima che vi è dentro, naturalmente bisogna digitare i codici di apertura. Una volta estratta…- Aprì la bomba e tirò fuori un’altra sfera con all’interno un liquido viscoso e giallognolo. – Bisogna passare questo segnalatore e che con delle particolare onde, trasforma il liquido in semplice acqua.-

- Ehm…solo questo?-

- Ovviamente tutto questo procedimento deve essere fatto entro un minuto dalla apertura della bomba altrimenti…BOOM! –

- Ecco, sapevo che qualcosa non quadrava, era tutto troppo semplice.-

- Vuoi fare qualche prova. Ti cronometro.-

Mi fece immergere in una grande vasca in cui aveva ricreato le stesse condizioni in cui mi sarei ritrovato. Al buio, con una luce e un respiratore portatile e completamente sott’acqua. I miei primi tentativi furono un vero disastro. Provai per tre ore di fila finché non presi confidenza.

All’ora di pranzo Lye mi portò a mangiare fuori. La mia prima impressione su di lei fu sbagliata. Era vivace e cordiale. Mi raccontò di come era diventata un adepta della Goccia. La mia stessa storia. Orfana che dovette decidere cosa essere.

Si spaventò quando Naidra, che era una gran dormigliona, sbucò fuori dal mio borsello, che era diventato il suo giaciglio con le piume che avevo rubato al vecchietto di Pertias. Ci mise qualche minuto per riprendersi.

Una volta finito, mi portò ad un lago artificiale.

- Devi allenarti sul Waterboard.-

Osservai l’attrezzo che mi diede in mano. Era una tavola liscia, ovale e allungata. Nella parte inferiore vi era un propulsore e davanti due maniglie laterali. Sotto vi erano altri propulsori su tutto il perimetro.

- I propulsore nel retro dà la spinta in avanti, quelli sotto di galleggiamento nell’aria, cioè di spinta in altro. Attiva i secondi, tenendo le maniglie e poi ci sali tenendoti accovacciato.-

Il risultato fu una caduta istantanea non appena staccai i piedi per terra. L’equilibrio lo trovai dopo essermi fatto una marea di lividi. La seconda prova fu sull’acqua. Dovevo cercare di governare con le maniglie le varie direzioni. Lye sembrava divertirsi come una matta e quello fu il solo motivo per cui non mollavo, anche se era umiliante.

Sembrava molto difficile ma presto presi confidenza con l’attrezzo. La sera arrivò e dovemmo ritornare. Mi mostrò la mia camera.

- Ti verrò a svegliare io, cerca di riposare. Domani sarai molto nervoso e la stanchezza non aiuta di certo.-

- Grazie..per oggi. Non so come avrei fatto.-

Lye estrasse dal sotto la sua giacca un foglio e me lo porse. – Questa è la mappa del percorso che dobbiamo compiere. Studiatela un po’ finché non riuscirai a tenere gl’occhi aperti. Buonanotte.-

continua...
 

Csima

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Capitolo 7:

Fu il sonno più breve della mia vita. Era ancora buio quando bussarono alla porta. Lye entrò con in mano un vestito e altri oggetti. Indossai una tuta molto attillata per le immersioni. Una cinta con alcuni pesi, degli occhiali da sub con le luci un trasmettitore resistente all’acqua. Mi sentivo anche fin troppo serio. Strinsi il polso, per sentire il bracciale di Cloud. Ne bacia l’effige e uscì.

Ad affrontare quella missione eravamo in tre e la terza persona era Tidus. Pensavo che un figura importante come lui avesse solo il compito di distribuire le varie missione mantenendo il controllo di tutto.

Ci dirigemmo silenziosamente verso la zona più vicina alla prima bomba.

- Bene. Conto su voi due. – Tidus estrasse dallo zaino un monitor sul quale comparve una mappa interattiva del percorso. Accendemmo i trasmettitori che con un segnale indicavano all’uomo la nostra posizione. – Conoscete già il percorso, ma vi farò da navigatore per i punti esatti in cui le nostre spie hanno posizionato i segnalatori.-

Salimmo sul Waterbord. Tidus si posizionò dietro un muro, un po’ nascosto. – Buona fortuna. –

Annuì, pensando che ora il mio unico pensiero dovevano essere le bombe e Lye.

La prima era abbastanza vicina. Mi immersi mentre Lye attendeva in superficie mantenendo pronto il Waterboard. La bomba era nascosta da un panno che lo mimetizzava con il fondo sabbioso. Digitai il primo codice che Tidus mi dettò. Estrassi l’anima e con il segnalatore la disattivai. Ma qui iniziò la vera prova che avrebbe deciso della mia vita.

Improvvisamente una luce iniziò a lampeggiare dalla custodia. Sentì Tidus imprecare e risalì immediatamente in superficie.

- Ragazzi siamo nella *****. Le bombe sono collegate fra loro con un timer che le farà esplodere tutte in contemporanea. Dovete disattivarle entro lo scadere del tempo. Avete dieci minuti e altre sette da raggiungere.-

- Questa non ci voleva!- Mi aggrappai al Waterboard portandolo sotto i piedi e partendo a razzo.

- Adesso avrai all’incirca trenta secondi ogni bomba per aprirla e disattivarla. – Lye era davanti a me comunicando attraverso il trasmettitore.

Quelli che per me sembrava minuti in realtà erano solo secondi. Ad ogni bomba sentivo che la mia vita stava velocemente arrivando al suo traguardo. Ogni volta che risalivo sul Waterboard i mie nervi sembravano cedere, ma per fortuna Lye, mi sosteneva, la sua voce riusciva a riportarmi al presente. Ormai non ci importava più se qualcuno ci vedeva e si domandava chi fossimo e cosa stavamo facendo. La mia vita e la sua erano appesa ad un filo chiamato tempo. Arrivammo all’ultima tappa. Mi buttai in fretta. Avevo solo venti secondi di cui dieci li avrei consumati solo per arrivare alla bomba. Digitai il codice ad una velocità folle, estrassi l’anima, solo cinque secondi. Presi il segnalatore e lì vidi bianco. L’unica cosa che non avrei potuto prevedere e che mi scivolasse di mano l’apparecchio. Chiusi gl’occhi aspettando la fine.

Lì riaprì dopo poco. Non credevo ai miei occhi, non credevo alla mia mente. L’anima era ancora nella mia mano, perfettamente integra.

Risalì in superficie. Lye era immersa e mi stava attenendo. Mi tolsi gli occhiali ero confuso e guardavo il suo volto con la mia stessa espressione. L’abbracciai forte. Forse per sentire il suo petto che si alzava e abbassava per il respiro agitato. Forse per sentire il suo battito veloce. Ma forse perché ero contento che fosse ancora viva.


Tidus ci raggiunse, il suo volto solare e il suo sorriso mi sollevarono. – Ragazzo, sono orgoglioso di te. Hai superato brillantemente la prova.-

- Non capisco. Non è esplosa.-

- Bhe…- iniziò a grattarsi la testa. - per quel motivo dovrò darti una spiegazione che non ti piacerà. –

__________________________________________________________________________


- Cosa?! – Completamente immobile, come una statua. – Una messa in scena? –

Ero a sedere su un divano nello studio di Tidus.

- In realtà avevo progettato tutto molto prima. Cloud mi aveva detto che avresti sicuramente superato la sua prova. Perciò il fatto di ricevere notizie durante il nostro viaggio, la celebrazione del nuovo governatore e le bombe erano tutte una messa in scena per te. –

Stavo scuotendo la testa incredulo

- Se non ti avessi mentito non avrei mai potuto verificare le tue doti. Non avresti mai dato il massimo. –

- Anche Lye era al corrente di tutto? –

- No, abbiamo tenuto all’oscuro anche lei.-

Feci un profondo respiro per riprendermi. – Sono stanco. – mi alzai e aprì la porta.

- Spero di non essere diventato una persona antipatica. –

- Non ti preoccupare. Avrei fatto anche io la stessa cosa, se mi fossi trovato al tuo posto.- In realtà avrei preferito prenderlo a calci e sfogare tutto il nervoso e l’ansia che avevo accumulato

Lye mi stava aspettando a sedere per terra accanto alla porta della mia stanza.

- Devo parlarti. – Le porsi la mano issandola in piedi.

Le spiegai tutto e trasse un sospiro di sollievo. – Dovevo immaginarmelo. Il Vertice è sempre imprevedibile. –

- Sembra che tu lo conosca molto bene.-

- E’ il tuo stesso caso. Il Vertice della Nuvola è il tuo padre adottivo e il Vertice della Goccia è il mio. –

- Perché ti ostini a chiamarlo Vertice se è tuo padre. Chiamalo con il suo nome, lo apprezzerà molto di più. –

Lye mi sorrise. – Quando partirai? –

- Tidus mi ha detto che mi dovrò dirigere da solo verso Tera e comunque è come tornare alla mia seconda casa.-

- Devo ammettere. –Le guance di Lye si arrossirono. – Anche se ci conosciamo da soli due giorni, mi sono trovata bene in tua compagnia e sono stata molto onorata di aver condiviso la tua prova da candidato.-

- Spero di rivederti ancora, una volta che avrò finito le mie prove.- Lei mi sorrise.

_________________________________________________________________________

Arrivai a Tera e respirai a pieni polmoni quell’aria tanto famigliare. Rivedere la bizzarra struttura di quella città era piacevole. Tutta inerpicata su un costone roccioso. La disposizione delle case era simile alle fronde di un albero e le strade strette erano i rami. L’unico modo per accedere alle varie zone era attraverso l’ausilio di cerchi magici per il teletrasporto.

Osservandola dopo aver iniziato le prove, riuscivo a comprendere quanto fossero profondi i legami con la setta, come se l’esistenza delle città di PantaKleos fossero state create proprio sulle sua fondamenta. Soprattutto per quanto riguardava Tera e Zanarkand.

Gidan mi accolse a braccia aperte e anche i miei amici, ma erano all’oscuro di ciò che stavo tentando di realizzare. Era girata solo la voce che fossi ritornato da mio padre per portare degli oggetti per conto di Gidan.

- La tua espressione mi sembra più matura.-

- Dici? –

- Tidus è stato duro? –

- Non mi sarei mai aspettato una prova che portasse i miei nervi a fior di pelle.-

- La mia prova forse ti sembrerà più facile, perché entra proprio nel tuo campo migliore. Naturalmente dovrai rubare un oggetto. – Gidan notò Naidra che con la sua testolina sbucava dalla borsello. – Ciao folletto. Spero che aiuterai Ardian. –

- Cercherò di fare del mio meglio.-

- Ritornando a noi. Il Re ha mandato un messaggero da Elinor, spiegando che dobbiamo trafugare una particolare oggetto. Per la precisione un pugnale. –

- E dove si trova? –

- Viene custodito nel castello di Vumert.-

- Non ha una gran reputazione. Si dice che è impenetrabile e quei pochi ladri che vi sono entrati vi siano usciti dentro un sacco. Non sarà una prova tanto facile.-

- Volere è Potere. –


continua...
 
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