bahamuth
Cavaliere del Verbo
La mia prima Fic ragazzi!
Baldi giovincelli, gentili donzelle, ecco a voi il primo capitolo di una saga ideata da me e da un mio caro amico. Alcuni personaggi sono presi da Warcraft 3, uno dei nostri giochi preferiti, altri da FF. Spero che vi piaccia. Commentate!!!
CAPITOLO 1 - IL REAME BOSCOSO
Era una serata tranquilla nel Reame dei Boschi dove passeggiava l’elfo silvano chiamato Auron, figlio di Sauronis, della nobile stirpe degli Elfi della Notte, abili nell’uso dell’arco e della magia. Nulla lasciava presagire agli eventi che quella stessa notte avrebbero sconvolto il suo mondo e quello di tutte le altre Razze esistenti.
L’elfo camminava tranquillo per i sentieri erbosi della sua foresta natia, ignaro delle evenienze alle quali presto avrebbe preso parte da protagonista...
Diretto al Passo delle Ombre, scrutava con i suoi profondi occhi verde smeraldo l’ambiente che lo circondava, familiare e accogliente come sempre da quando era nato; tutto sembrava tranquillo. Le alte cime degli alberi secolari che lo circondavano limitavano l’afflusso dei raggi lunari, dando al territorio un’atmosfera soffusa e arcana. Era notte inoltrata e l’elfo, armato della sua spada intagliata nel diamante donatagli da suo padre e di un arco, camminava con passo tranquillo e sicuro, godendosi l’inebriante profumo delle cime oscurate dal buio.
Era tardi, e presto il Passo delle Ombre si sarebbe popolato delle creature spettrali che lui era giunto a combattere, scelto dal suo villaggio per le sue capacità innate nella scherma. Queste creature affliggevano gli abitanti del suo villaggio fin da troppo tempo per essere ignorate: razziavano campi e appezzamenti coltivati, rapivano e uccidevano chiunque, donne e bambini compresi, per nutrirsi della loro anima e delle loro emozioni, l’unico modo loro di rimanere in vita anche oltre la loro morte… Perché loro non erano nient’altro che le ombre degli elfi che erano un tempo, corrotti dal potere e dall’avidità a cui avevano ceduto tempi addietro.
E ora le creature non si erano fermate neanche di fronte alla fine dei loro giorni: cercavano disperatamente di restare in vita nutrendosi delle anime di coloro che una volta erano i loro simili, i loro fratelli e le loro sorelle, ottenendo l’energia vitale di cui avevano bisogno per rimanere nel mondo che aveva cercato di sfrattarli, attraverso rituali di Magia Nera per il quali si erano immolati come tributo per diventare immortali. Ma l’unico inconveniente era appunto che la magia li consumava, e richiedeva frequentemente un tributo di sangue per non sciogliere l’anatema. E da un po’ di tempo, quelle creature immonde avevano preso di mira il suo popolo, per ovviare a questo tributo al quale dovevano sottostare per non sprofondare nell’oceano di oblio e sofferenza nel quale la loro stessa magia li avrebbe forzati a cadere se non fosse stata soddisfatta con povere anime innocenti.
Era decisamente troppo per essere ignorato e ora l’elfo Auron, l’unica speranza del villaggio di cui faceva parte, si avviava al Passo, per terminare ciò che il corso del tempo non aveva terminato... Arrivò in prossimità del Passo che albeggiava. Gli piaceva godersi quella frizzante aria mattutina, quell’aria che gli scompigliava i capelli; gli piaceva quel panorama di un verde quasi accecante dove si estendeva la foresta a perdita d’occhio, i suoi fiumiciattoli, le cascate e gli antichi alberi che lo facevano sentire a casa. Ma ora non poteva indugiare: un compito lo attendeva e, sebbene preso da quell’incantante veduta, era concentrato e determinato nel suo obiettivo. Certo aveva ricevuto un addestramento più che sufficiente ma era pur sempre un’impresa che comportava dei rischi e non poteva fallire, anche perché avrebbe avuto sulla coscienza altre morti.
Era inquieto, molto inquieto: sebbene non molto lontano dal Passo, di solito le creature non sostavano in quel luogo, meno che mai di giorno. Eppure sentiva qualcosa che lo turbava. Qualcosa si muoveva lo sentiva, lo percepiva più col cuore che non con l’olfatto o l’udito. Era sempre più vicino e si spostava velocemente verso di lui. Ecco, ora era fermo, pronto a colpire. Auron avrebbe dovuto agire in fretta. Si girò di scatto con la spada sguainata. Poi più nulla. Buio. "E se fossi stato uno di loro?" disse una voce. Sgranò gli occhi e mise a fuoco la persona che gli stava davanti. Maledetto, era lui. Ma come aveva fatto a seguirlo? Si era fatto giocare. "Siamo cinque a due per me, a quanto pare."
Già, erano cinque a due per lui. Come aveva fatto a dimenticarsi? Avevano scommesso su chi si sarebbe fatto sorprendere più volte e, anche se Auron era più abile con la spada, lui era infinitamente più abile negli agguati: silenzioso come un serpente e pronto a scattare come una tigre. Eccolo lì: il suo migliore amico sorridere con quel suo ghigno insolente. Era un elfo alto, slanciato, con lunghissimi capelli bianchi e aveva pressappoco l’età di Auron. "Sei stato bravo Sharis. Ma ho un compito importante e tu mi hai rallentato.". "So benissimo cosa devi fare: ma non direi rallentato piuttosto ti ho salvato. È proprio cosi: sono qui per aiutarti." Disse Sharis."Ti preoccupi troppo: sono solo degli spiritelli comunque sono contento che tu sia con me."
E così detto i due si avviarono al Passo delle Ombre. Il sole stava tramontando quando i due decisero di fermarsi: il Passo delle Ombre era molto vicino e aspettavano che il buio lo coprisse del tutto e gli spettri lo popolassero. Quando ripartirono l’oscurità avvolgeva completamente il luogo e Sharis dovette sguainare la spada: era uno spadone a due mani, una lama eccezionale, molto superiore a quella di Auron, che, a causa delle sue proprietà, mandava degli intensi bagliori. Anche Auron sguainò la sua spada che, essendo di diamante rifletteva i misteriosi bagliori di qualla spada che aveva sempre invidiato.
Quando arrivarono al Passo tutto era tranquillo e proprio per questo erano sospettosi: i rumori della foresta erano misteriosamente cessati, nessun fruscio delle fronde degli alberi mosse dal vento, e vento quella notte ce n’era, anzi, tutto era nell’immobilità più totale. All’improvviso si materializzarono dal nulla una decina di creature nere incappucciate: gli spettri. Senza perdere nemmeno un secondo, con la mente straordinariamente lucida, Sharis scocco una freccia che, con estrema precisione si conficcò al centro del cappuccio di una delle creature, che si dissolse nel nulla. Confuso, ma deciso, Auron incoccò una freccia proprio mentre Sharis stava uccidendo un terzo nemico: quel ragazzo con l’arco era davvero superbo. Anche Auron uccise uno spettro, ma non c’era tempo per il giubilo: loro due erano forti ma gli spettri non erano stupidi e partirono alla carica. Sharis ne aveva uccisi altri due quando estrasse con uno scatto la spada e cominciò il duello. Auron era invincibile con la spada e, quando aveva già ucciso tre spettri, Sharis era ancora alle prese col primo ma, con un fendente ben piazzato, uccise anche lui il suo nemico. Non era stato uno scontro duro e i due amici capirono di aver vinto, perché la foresta si ripopolò dei suoi consueti suoni.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo e furono in prossimità del loro villaggio la sera seguente. Erano appena entrati nel villaggio quando sentì un fruscio, un dolore lancinante alla testa e Sharis che gridava: "Ehi, ma cosa?". Si riprese e capì subito che cosa era successo: “Cavolo” si disse “è la seconda volta in due giorni”. Ma questa volta era diverso: la botta era stata molto più violenta di quella ricevuta dall’amico e, chi li aveva aggrediti, doveva essere un nemico con abilità fuori dal comune, per aver sorpreso anche Sharis. Si riprese e vide che Sharis era già cosciente.
Si aprì una porta ed entrarono i dieci melefici spettri. Auron impietrì dalla paura. Era sicuro di aver ricevuto il giusto addestramento per combattere quegli esseri ed erano crollati uno ad uno sotto la sua spada e l’arco di Sharis, non poteva sbagliarsi; o forse erano degli altri spettri. Uno di loro si tolse il cappuccio egli altri lo imitarono: allora i due amici impietrirono davvero. Davanti a loro c’era il capo del villaggio e non solo: c’erano anche i loro genitori e altri membri di rilievo, e fu allora che capirono. -Ci siamo lasciati giocare come due principianti- pensò Auron. "Ma voi siete due principianti" disse Sauronis come leggendogli nel pensiero "è questo che non capisci figlio mio. Eh, i giovani d’oggi..." Sharis era allibito: "Così siete stati voi in tutti questi anni" e, nonostante avesse mani e piedi legati, si lanciò in un angolo dove era posata la spada di Auron ma quella, misteriosamente, era scomparsa. "Forse sei strabico" azzardò il padre. La spada era dall’altra parte della stanza. "Maledetto vecchiaccio" disse Sharis, "perché avete tradito il nostro villaggio?! Maledetti, voi e tutta la vostra stirpe."
Il padre gli dette un potente manrovescio e una frazione di secondo dopo si ritrovò inchiodato al muro, bloccato da Sauronis. "Fermo Idris, basta con la commedia, dobbiamo spiegare". "Al diavolo la commedia: mi ha mancato di rispetto e non solo, ha insultato tutti voi." "Come credi che tuo figlio tratterebbe un traditore, con amore e rispetto? Dobbiamo spiegar loro come stanno le cose." "Cosa c’e da spiegare? Avete ucciso e razziato. Ma questo non passerà inosservato, i Ranger della Capitale vi scoveranno." "Caro figlio mio, povero, cieco, stolto figlio mio. Noi siamo Ranger..."
Baldi giovincelli, gentili donzelle, ecco a voi il primo capitolo di una saga ideata da me e da un mio caro amico. Alcuni personaggi sono presi da Warcraft 3, uno dei nostri giochi preferiti, altri da FF. Spero che vi piaccia. Commentate!!!
CAPITOLO 1 - IL REAME BOSCOSO
Era una serata tranquilla nel Reame dei Boschi dove passeggiava l’elfo silvano chiamato Auron, figlio di Sauronis, della nobile stirpe degli Elfi della Notte, abili nell’uso dell’arco e della magia. Nulla lasciava presagire agli eventi che quella stessa notte avrebbero sconvolto il suo mondo e quello di tutte le altre Razze esistenti.
L’elfo camminava tranquillo per i sentieri erbosi della sua foresta natia, ignaro delle evenienze alle quali presto avrebbe preso parte da protagonista...
Diretto al Passo delle Ombre, scrutava con i suoi profondi occhi verde smeraldo l’ambiente che lo circondava, familiare e accogliente come sempre da quando era nato; tutto sembrava tranquillo. Le alte cime degli alberi secolari che lo circondavano limitavano l’afflusso dei raggi lunari, dando al territorio un’atmosfera soffusa e arcana. Era notte inoltrata e l’elfo, armato della sua spada intagliata nel diamante donatagli da suo padre e di un arco, camminava con passo tranquillo e sicuro, godendosi l’inebriante profumo delle cime oscurate dal buio.
Era tardi, e presto il Passo delle Ombre si sarebbe popolato delle creature spettrali che lui era giunto a combattere, scelto dal suo villaggio per le sue capacità innate nella scherma. Queste creature affliggevano gli abitanti del suo villaggio fin da troppo tempo per essere ignorate: razziavano campi e appezzamenti coltivati, rapivano e uccidevano chiunque, donne e bambini compresi, per nutrirsi della loro anima e delle loro emozioni, l’unico modo loro di rimanere in vita anche oltre la loro morte… Perché loro non erano nient’altro che le ombre degli elfi che erano un tempo, corrotti dal potere e dall’avidità a cui avevano ceduto tempi addietro.
E ora le creature non si erano fermate neanche di fronte alla fine dei loro giorni: cercavano disperatamente di restare in vita nutrendosi delle anime di coloro che una volta erano i loro simili, i loro fratelli e le loro sorelle, ottenendo l’energia vitale di cui avevano bisogno per rimanere nel mondo che aveva cercato di sfrattarli, attraverso rituali di Magia Nera per il quali si erano immolati come tributo per diventare immortali. Ma l’unico inconveniente era appunto che la magia li consumava, e richiedeva frequentemente un tributo di sangue per non sciogliere l’anatema. E da un po’ di tempo, quelle creature immonde avevano preso di mira il suo popolo, per ovviare a questo tributo al quale dovevano sottostare per non sprofondare nell’oceano di oblio e sofferenza nel quale la loro stessa magia li avrebbe forzati a cadere se non fosse stata soddisfatta con povere anime innocenti.
Era decisamente troppo per essere ignorato e ora l’elfo Auron, l’unica speranza del villaggio di cui faceva parte, si avviava al Passo, per terminare ciò che il corso del tempo non aveva terminato... Arrivò in prossimità del Passo che albeggiava. Gli piaceva godersi quella frizzante aria mattutina, quell’aria che gli scompigliava i capelli; gli piaceva quel panorama di un verde quasi accecante dove si estendeva la foresta a perdita d’occhio, i suoi fiumiciattoli, le cascate e gli antichi alberi che lo facevano sentire a casa. Ma ora non poteva indugiare: un compito lo attendeva e, sebbene preso da quell’incantante veduta, era concentrato e determinato nel suo obiettivo. Certo aveva ricevuto un addestramento più che sufficiente ma era pur sempre un’impresa che comportava dei rischi e non poteva fallire, anche perché avrebbe avuto sulla coscienza altre morti.
Era inquieto, molto inquieto: sebbene non molto lontano dal Passo, di solito le creature non sostavano in quel luogo, meno che mai di giorno. Eppure sentiva qualcosa che lo turbava. Qualcosa si muoveva lo sentiva, lo percepiva più col cuore che non con l’olfatto o l’udito. Era sempre più vicino e si spostava velocemente verso di lui. Ecco, ora era fermo, pronto a colpire. Auron avrebbe dovuto agire in fretta. Si girò di scatto con la spada sguainata. Poi più nulla. Buio. "E se fossi stato uno di loro?" disse una voce. Sgranò gli occhi e mise a fuoco la persona che gli stava davanti. Maledetto, era lui. Ma come aveva fatto a seguirlo? Si era fatto giocare. "Siamo cinque a due per me, a quanto pare."
Già, erano cinque a due per lui. Come aveva fatto a dimenticarsi? Avevano scommesso su chi si sarebbe fatto sorprendere più volte e, anche se Auron era più abile con la spada, lui era infinitamente più abile negli agguati: silenzioso come un serpente e pronto a scattare come una tigre. Eccolo lì: il suo migliore amico sorridere con quel suo ghigno insolente. Era un elfo alto, slanciato, con lunghissimi capelli bianchi e aveva pressappoco l’età di Auron. "Sei stato bravo Sharis. Ma ho un compito importante e tu mi hai rallentato.". "So benissimo cosa devi fare: ma non direi rallentato piuttosto ti ho salvato. È proprio cosi: sono qui per aiutarti." Disse Sharis."Ti preoccupi troppo: sono solo degli spiritelli comunque sono contento che tu sia con me."
E così detto i due si avviarono al Passo delle Ombre. Il sole stava tramontando quando i due decisero di fermarsi: il Passo delle Ombre era molto vicino e aspettavano che il buio lo coprisse del tutto e gli spettri lo popolassero. Quando ripartirono l’oscurità avvolgeva completamente il luogo e Sharis dovette sguainare la spada: era uno spadone a due mani, una lama eccezionale, molto superiore a quella di Auron, che, a causa delle sue proprietà, mandava degli intensi bagliori. Anche Auron sguainò la sua spada che, essendo di diamante rifletteva i misteriosi bagliori di qualla spada che aveva sempre invidiato.
Quando arrivarono al Passo tutto era tranquillo e proprio per questo erano sospettosi: i rumori della foresta erano misteriosamente cessati, nessun fruscio delle fronde degli alberi mosse dal vento, e vento quella notte ce n’era, anzi, tutto era nell’immobilità più totale. All’improvviso si materializzarono dal nulla una decina di creature nere incappucciate: gli spettri. Senza perdere nemmeno un secondo, con la mente straordinariamente lucida, Sharis scocco una freccia che, con estrema precisione si conficcò al centro del cappuccio di una delle creature, che si dissolse nel nulla. Confuso, ma deciso, Auron incoccò una freccia proprio mentre Sharis stava uccidendo un terzo nemico: quel ragazzo con l’arco era davvero superbo. Anche Auron uccise uno spettro, ma non c’era tempo per il giubilo: loro due erano forti ma gli spettri non erano stupidi e partirono alla carica. Sharis ne aveva uccisi altri due quando estrasse con uno scatto la spada e cominciò il duello. Auron era invincibile con la spada e, quando aveva già ucciso tre spettri, Sharis era ancora alle prese col primo ma, con un fendente ben piazzato, uccise anche lui il suo nemico. Non era stato uno scontro duro e i due amici capirono di aver vinto, perché la foresta si ripopolò dei suoi consueti suoni.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo e furono in prossimità del loro villaggio la sera seguente. Erano appena entrati nel villaggio quando sentì un fruscio, un dolore lancinante alla testa e Sharis che gridava: "Ehi, ma cosa?". Si riprese e capì subito che cosa era successo: “Cavolo” si disse “è la seconda volta in due giorni”. Ma questa volta era diverso: la botta era stata molto più violenta di quella ricevuta dall’amico e, chi li aveva aggrediti, doveva essere un nemico con abilità fuori dal comune, per aver sorpreso anche Sharis. Si riprese e vide che Sharis era già cosciente.
Si aprì una porta ed entrarono i dieci melefici spettri. Auron impietrì dalla paura. Era sicuro di aver ricevuto il giusto addestramento per combattere quegli esseri ed erano crollati uno ad uno sotto la sua spada e l’arco di Sharis, non poteva sbagliarsi; o forse erano degli altri spettri. Uno di loro si tolse il cappuccio egli altri lo imitarono: allora i due amici impietrirono davvero. Davanti a loro c’era il capo del villaggio e non solo: c’erano anche i loro genitori e altri membri di rilievo, e fu allora che capirono. -Ci siamo lasciati giocare come due principianti- pensò Auron. "Ma voi siete due principianti" disse Sauronis come leggendogli nel pensiero "è questo che non capisci figlio mio. Eh, i giovani d’oggi..." Sharis era allibito: "Così siete stati voi in tutti questi anni" e, nonostante avesse mani e piedi legati, si lanciò in un angolo dove era posata la spada di Auron ma quella, misteriosamente, era scomparsa. "Forse sei strabico" azzardò il padre. La spada era dall’altra parte della stanza. "Maledetto vecchiaccio" disse Sharis, "perché avete tradito il nostro villaggio?! Maledetti, voi e tutta la vostra stirpe."
Il padre gli dette un potente manrovescio e una frazione di secondo dopo si ritrovò inchiodato al muro, bloccato da Sauronis. "Fermo Idris, basta con la commedia, dobbiamo spiegare". "Al diavolo la commedia: mi ha mancato di rispetto e non solo, ha insultato tutti voi." "Come credi che tuo figlio tratterebbe un traditore, con amore e rispetto? Dobbiamo spiegar loro come stanno le cose." "Cosa c’e da spiegare? Avete ucciso e razziato. Ma questo non passerà inosservato, i Ranger della Capitale vi scoveranno." "Caro figlio mio, povero, cieco, stolto figlio mio. Noi siamo Ranger..."