Varie Kuroi Kumo

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
E con questo ho battuto il record di Doom di 6 post consecutivi.
Ora che sono il nuovo campione, prego i miei numerosissimi lettori di continuare pure a commentare. Chissà quante cosa avrete da dirmi...:rolleyes:

-Spiaggia Ictias-

Cloud si ritrovò in una spiaggia ventosa. Lame di sabbia trasportate dal vento sferzavano l'aria sibilando. Era tutto sfocato, evidentemente il bambino Cloud non era ancora del tutto sveglio. Si guardò intorno, alla ricerca del piccolo sè stesso, e lo vide. Rocky era svenuto sulla riva, e teneva il bambino sotto un braccio. Pochi minuti dopo il bambino aprì gli occhi, ed il ricordo si fece più nitido. Guardò Rocky, vicino a lui, e tentò di svegliarlo scuotendolo un po'. Questo sputacchiò un po' d'acqua, ed aprì leggermente gli occhi.
Rocky:... Urgh... Siamo... Vivi?
Cloud annuì, poi si alzò in piedi. Il ragazzo lo imitò, e si guardò intorno.
Rocky: Dove siamo?
Il piccolo Cloud scosse la testa. Rocky guardò in alto, e vide la scogliera da dove si erano lanciati. Fischiò e sorrise.
Rocky: Beh, se non altro siamo tutti interi...
Il sorriso svanì improvvisamente dalla faccia di Rocky. Evidentemente stava pensando alla sorte di Terra, si disse l'adulto Cloud. Il ragazzo dai folti capelli marroni scosse la testa, per scacciare eventuali pensieri poco piacevoli.
Rocky: Guarda! -Indicava l'orizzonte, dove si vedevano delle luci che risplendevano nel buio della sera- Una città! Ti accompagnerò fino a laggiù, ok?
Cloud: Va bene.
Il bambino Cloud non si sentiva troppo bene. Era come se avesse perso qualcosa. Si tastò il cuore, poi la testa, come per assicurarsi che non mancasse nulla. Eppure quella sensazione non diminuiva. Decise di non pensarci, e si avviò verso la città indicata da Rocky. Il ragazzo castano seguì il bambino, con aria afflitta. Doveva tornare al laboratorio, doveva sapere cosa era successo a Terra. Ma prima doveva portare al sicuro quel bambino, altrimenti sarebbe stato tutto inutile. L'adulto Cloud seguì ammirato il ragazzo, che si dimostrava una sorpresa continua. In positivo, ovvio.
Camminarono per un paio d'ore, ed arrivarono finalmente in quella città che avevano visto all'orizzonte. Un cartello li informò che erano entrati nella cittadina di...
Rocky:... Altair? Oh, beh... Mi pare.. Che siamo un po' in mezzo ad Ivalice. Se non sbaglio, a ovest ci sono Khan e Fahret, mentre a nord... Boh, mi pare... Forse Ciel?
Guardò il bambino, e vide che non gli interessava minimamente di quello che stava dicendo. Sorrise, pensando che era ovvio. Gli posò una mano sulla spalla.
Rocky: Non temere, troveremo qualcuno che ti accolga.
Cloud annuì, ma senza esserne davvero convinto. Non gli interessava molto trovare una nuova famiglia, ma neppure la sua. Ora che non c'erano, si accorse che poteva vivere anche senza i suoi genitori. Anche da solo.
L'adulto Cloud scosse la testa. Solo ultimamente si era reso conto fin troppo bene quanto fosse importante avere qualcuno. Vide nella sua testa le immagini di Manuel... Lightning... Barret... Zack... Tifa... Scosse la testa violentemente. Pensare a loro lo riempiva di uno strano senso di amarezza. Nostalgia, forse? Si portò la mano al cuore, senza sentire alcun battito. Chinò il capo, depresso. Probabilmente non li avrebbe rivisti mai più. Cosa avrebbe dato, per poterli vedere un'ultima volta, e salutarli, ed abbracciarli... Ma del resto si sa ci si rende conto di quanto si ha, solo quando lo si perde. Gli sfuggì persino una lacrima, che lo lasciò a bocca aperta. Non aveva mai pianto, neppure da bambino. E ora, all'improvviso, le lacrime gli riempivano gli occhi. Se li strofinò con furia, e continuò a guardare il ricordo, ignorando il dolore che provava il suo cuore in quel momento.
Rocky ed il piccolo Cloud stavano scivolando fra i palazzi, senza fermarsi. Rocky stava aspettando di vedere qualcosa che lo rassicurasse, senza sapere nemmeno lui cosa. All'improvviso si fermò. Aveva visto una casa, apparentemente uguale alle altre. L'adulto Cloud guardò meglio, e capì cosa avesse convinto Rocky che quello era il posto giusto. C'era una bicicletta rossa fiammante, sotto il portico, e sul giardino erano sparsi disordinatamente alcuni giochi. Poi c'era anche un disegno appeso sulla porta. Il disegno di un bambino con i tratti confusi e disordinati. Per chiunque passasse, quello era un pastroccio, ma per due genitori quella era una fantastica opera d'arte che li rendeva enormemente orgogliosi. Era evidente che in quella casa ci abitava un bambino.
Rocky suonò il campanello, e si affacciò una donna sui trentacinque anni, con i capelli neri e gli occhi marroni.
Signora: Chi è là?
Rocky: Signora... La prego, ci faccia entrare un minuto...
La signora accese una luce in giardino, che illuminò il viso magro, pallido e scavato di Cloud, quello supplichevole di Rocky, ed i loro vestiti e capelli bagnati e pieni di sabbia. La signora si portò una mano alla bocca, allarmata.
Signora: Oh santo cielo! Venite, entrate subito!
Aprì il cancello, ed i due entrarono lentamente, stanchi morti. La signora li guardava preoccupata.
Signora: Cosa vi è successo, poveri cari?
Rocky: Le spiegherò tutto... Fra un attimo...
Il ragazzo svenne davanti alla porta. Era stanchissimo, aveva portato Cloud in braccio per tre quarti del viaggio, era ancora stravolto dal salto che avevano fatto, ed un'isieme di altri fattori contribuivano a farlo sentire veramente a terra.
Signora: Aah! Caro! Caro, vieni ad aiutarmi!
Cloud sentì ancora un paio di voci confuse, di uomo, di donna e di bambino. Poi si fece tutto buio.
 

Doomrider

Guerriero della Luce
..ed ora che ho letto anche la tua ultima parte e che ti ho fatto superare il mio (infame) record, posso commentare :D
Hai tirato su una storia difficilissima da scrivere ma l'hai resa benissimo, con tutte le emozioni di tutti quanti, devo farti veramente i miei complimenti!! E' un peccato che nessuno commenti, speriamo che la leggano perchè merita veramente.
Avevi ragione, dopo che ho letto di Hojo lo sto odiando ancora di più.. Nomura sarebbe fiero di te, aveva progettato un Hojo così, ma non è riuscito a renderlo così f.d.p. come l'hai fatto tu.. ancora complimenti! (E hojo possa subire quello che si merita, prima o poi!!)
C'è Rocky che mi ricorda leggerissimamente un tipo semisconosciuto, un tal Zack Fair, alla fine di CC... mi auguro non faccia una fine simile, anche se questo è un prequel della fic precedente (quindi sappiamo già che fine fa..) Fanc... ai prequel - e a Hojo, senza dubbio!!
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Antro dei ricordi-

Wind era in quello spazio bianco da pochi minuti, quando fu raggiunto da Cloud. Cloud, come previsto da Wind, seppe immedatamente tutto quello che il compagno aveva visto. Terra colpita ad una gamba, i sotterranei del palazzo, il vagone... Tutto. Era stupito, ma non lo diede a vedere per non sembrare un ldiota... All'altro frammento della sua stessa anima.
Wind: Non erano ricordi particolarmente lunghi. Basteranno pochi minuti di riposo, se vuoi.
Cloud: Sì.
Stettero fermi immobili come statue, senza parlare, per più o meno 5 minuti, poi ognuno si concentrò sul seguito del ricordo a cui erano arrivati. Comparvero due schermi neri, sempre in fila dopo gli altri. A questa ordinata fila, prima degli ultimi due neri, se ne erano aggiunti due: uno con un vagone ferroviario nei sotterranei del laboratorio di Hojo, l'altro con un ragazzo dai folti capelli marroni che teneva per mano il bambino Cloud.
Cloud: Andiamo.
Wind annuì, e si lanciò nello schermo nero nello stesso momento in cui lo fece anche Cloud.
Un vortice nero li inghiottì in un batter d'occhio.
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Wind aveva gli occhi chiusi. Non sapeva nemmeno perchè li avesse chiusi, in effetti. Forse aveva paura di trovarsi di fronte di nuovo l'immagine sofferente di Terra che si reggeva gamba ed il braccio sanguinanti. La profonda sensibilità dell'ex-giudice era stata messa alla prova già un molte situazioni, ma se l'era sempre cavata, bene o male. Quella volta che aveva dovuto sterminare l'intero accampamento della Resistenza ci era riuscito, cercando di infliggere meno sofferenze possibile. Ma era comunque diverso, a parte il fatto che non avrebbe potuto fare altrimenti, erano molte persone sconosciute, a parte Cloud, ed era stato molto più facile sterminare un mucchio di corpi senza volto, piuttosto che veder soffrire senza potere fare nulla la dolce Terra. Poi altre cose, successe ancora prima... La testa del biondo ragazzo iniziò a scoppiare di dolore, ma si tenne in piedi. Il dolore passò poco dopo. Aveva cercato di forzare i suoi ricordi, proprio come la sua controparte che aveva rimproverato solo poco tempo prima.
Inspirò profondamente, ed aprì gli occhi. Era in una stanza piccola e verde. Era tutto sfocato, evidentemente il suo doppione del passato non era ancora perfettamente coscente. Dalla debole luce che filtrava dalla finestra si intuiva che erano le prime ore del mattino, verso le sei e mezza, sette. Tutto si fece improvvisamente più chiaro, e da un letto che prima era sfuggito all'adulto Wind si innalzò la figura di un bambino con i capelli leggermente arruffati e gli occhi non ancora del tutto aperti. L'adulto Wind notò anche un altro letto sopra del bimbo, occupato da un fagotto di coperte che identificò come Cid. Il bambino Wind si alzò da letto, ed indossò i suoi vestiti che stavano appoggiati ad una sedia poco lontana dal letto. Poi si avvicinò alla finestra e guardò fuori.
Era in una delle torri più alte di un castello immenso, con centinaia di torri più basse. Il piccolo Wind posò una mano sulla finestra, poi si allontanò senza dire una parola. Era molto confuso, non riusciva a ricordarsi molte cose, ad esempio... Si ricordava di una certa "Tifa", ma era solo un'immagine sfocata, non riusciva a focalizzare bene quella figura femminile che sicuramente era stata molto importante per lui. Poi non si ricordava le facce dei suoi genitori. Ricordava che lo avevano portato in quell'immenso laboratorio, ma le loro facce rimanevano avvolte nel mistero.
Non immaginava neppure lontanamente di condividere i ricordi di un altro bambino, e di essere nato solo poche ore prima in laboratorio. I capelli erano tornati docili e lisci lungo le guance ed il collo del bambino, e gli occhi celeste chiaro sembravano illuminare la stanza. La porta si aprì lentamente, attirando l'attenzione dell'ormai sveglissimo Wind, e anche della sua versione adulta. Entrò un uomo sulla quarantina, con una folta chioma bionda, ed una barba mediamente lunga dello stesso colore. Gli occhi erano marrone chiaro, quasi ocra. Il naso era adunco, come se fosse stato rotto almeno un paio di volte, e le labbra erano rosee ed abbastanza carnose. Aveva una faccia simpatica, si disse Wind, quello grande e anche quello piccolo. Una volta dentro fece un gran sorriso, diede un'occhiata al corpo dormiente di Cid, ed il suo sorriso si allargò ancora di più. Si portò l'indice sulle labbra, come per avvertire Wind di non fare troppo rumore, poi uscì dalla stanza. Il bambino Wind rimase immobile per alcuni minuti, poi si sedette sul letto. E lì si bloccò, come se l'immagine fosse stata fermata. L'unica cosa che lasciava supporre che il ricordo stesse proseguendo era il respiro affannoso di Cid, e un qualche suo occasionale movimento o suono.
Interminabili minuti dopo la porta si aprì bruscamente, ed entrò un uomo sui vent'anni, che oltrepassò la stanza a passo di carica, ed aprì la finestra bruscamente. Cid scattò immediatamente a sedere, strofinandosi gli occhi.
Cid: Aah! Ma che diavolo...
????: Su, sveglia. Vestitevi e seguitemi, veloci.
La sua voce era pratica, ma fredda e senza emozione. Come del resto i suoi occhi: erano neri, e solcati da delle impressionanti occhiaie, che combinate alla sua pelle pallida ed alla forma un po' arrotondata del viso, lo facevano assomigliare vagamente ad un panda. I suoi capelli erano neri e cortissimi, ed aveva le orecchie leggermente a sventola. I denti davanti erano lunghi, tanto che spuntavano dal labbro superiore di più o meno mezzo centimetro. Sul volto facevano rare apparizioni dei piccoli gruppi di lentiggini. Era vestito con un lungo camice bianco, che non lasciava dubbi sul suo mestiere. Un infermiere, o qualcosa del genere. Wind dubitava che un dottore si sarebbe scomodato per andare a prendere loro due. Nel caso fossero stati così importanti, ed avessero mandato un dottore, di sicuro sarebbero stati svegliati in modo meno brusco.
Infermiere: Allora? Moro, muoviti. Il dottore ci aspetta.
Cid fece la faccia di uno che ha appena ricevuto una sberla. Moro? Ma chi si credeva di essere quel ragazzo?
Cid: Io non prendo ordini da nessuno. Tantomeno da un panda in camice.
L'infermiere lo guardò con indifferenza, come se fosse abituato a questi trattamenti. Cid, nel frattempo, aveva iniziato a vestirsi, nonostante tutto. Una volta pronto, l'infermiere uscì dalla porta.
Infermiere: Seguitemi.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Casa popolare-

Era tutto talmente sfocato che all'inizio Cloud non capì dove si trovava. Poi riconobbe la casa dove era cresciuto, e dove... Si fermò, per paura di richiamare ancora una volta quel forte mal di testa. Bizzarro, le situazioni si erano invertite. Mentre lui iniziava ad accettare l'idea di procedere un po' alla volta, la sua controparte Wind era sempre più curiosa ed impaziente.
Il ricordo si fece improvvisamente più nitido, e l'adulto Cloud si guardò intorno, per vedere dove fosse il piccolo sè stesso. Scoprì di essere in una piccola camera da letto, e vide il bambino Cloud steso sul letto con gli occhi aperti. Questo si alzò e si guardò intorno spaesato. La forte luce che filtrava dalle finestre dava l'impressione che fossero almeno le nove della mattina. Notò i propri vestiti appoggiati su una sedia a circa mezzo metro dal letto. Li indossò ed uscì dalla stanza un po' incerto. Scese una rampa di scale, da dove gli pareva arrivassero delle voci. Le scale terminarono, e lui si ritrovò in una grande stanza, con uno sgargiante tappeto circolare rosso e oro al centro. C'erano tre porte. Una aperta alla sua sinistra, che dava a quello che Cloud si disse essere il salotto: c'era un modesto televisore ed un piccolo divano. Una davanti a lui, massiccia e pesante, probabilmente blindata. La porta d'ingresso. L'ultima era alla sua destra, ed era chiusa. Appoggiato ad essa c'era un bambino che origliava dal buco della serratura, con aria stupita. Aveva gli occhi di un azzurro più intenso di quello di Cloud ed i capelli nerissimi, pettinati all'indietro a parte per un ciuffo simile a quello di Cid che terminava vicino agli occhi del bambino. Quando quest'ultimo vide il bambino Cloud, staccò l'orecchio dalla porta, e si avvicinò a lui a bocca spalancata.
Bambino: Caaspita! Tu sei Cloud, non è vero?
Cloud annuì. Il bambino dai folti capelli neri era incredulo. Un misto di ammirazione e stupore si mischiavano sul suo volto sorridente. Indossava una maglietta a maniche corte blu chiaro, ed un paio di pantaloni dello stesso colore, solo un po' più scuro. Sui piedi c'era solo una paio di calzini bianchi.
Bambino: Noo! Ma hai davvero visto un berserker? E ti inseguiva?
Poi mimò alcuni colpi di mitragliatore e dei passi pesanti da dinosauro. Cloud ci pensò un attimo, poi annuì. Il bambino era sempre più emozionato.
Bambino: E sei saltato dalla scogliera? E sei arrivato fin qui a piedi?
Cloud annuì ancora una volta, ed il bambino non riuscì più a trattenersi: ululò selvaggiamente, ed iniziò a correre intorno a Cloud.
????: Cos'è questo casino?!?
Una voce bassa e maschile aveva parlato. Veniva dalla porta dove stava origliando il bambino dai capelli neri. La porta si aprì ed uscì un uomo sui quaranta, con gli stessi capelli del bimbo, neri e all'indietro. Solo che lui non aveva nessun ciuffo ribelle che gli solleticava le palpebre. Fece alcuni passi dentro la stanza.
????: Zack! Cosa...
Si interruppe, aveva notato l'altro bambino biondo. Si voltò indietro, c'era Rocky sulla soglia della porta.
????: E'...
Rocky annuì, e l'uomo continuò a fissare Cloud. Poi si schiarì la voce e si sciolse in quello che poteva benissimo essere inteso come un sorriso imbarazzato.
????: Uhm... Ehm... Buon giorno?
Sembrava quasi una domanda.
Cloud: Buo... Buon giorno...
????: Arriviamo... Subito... Voi giocate un po', nel frattempo.
Poi rientrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sè.I due bambini si scambiarono solo uno sguardo, poi si avvicinarono alla porta, ed iniziarono ad origliare.
Zack:... Io mi chiamo Zack...
Cloud annuì. Zack si aprì in un sorriso da orecchio a orecchio. Poi continuò ad origliare.
Rocky:... Scoprire cosa le è successo. Però non posso portare Cloud con me. Sareste disposti a tenerlo? Non mentirò, vi dico subito che anche se sopravvivessi non tornerò. Ho delle... Altre cose da fare. Se accettate di tenerlo, dovrete crescerlo come vostro figlio, per sempre. Non si torna indietro. Allora?
Zack: Sta parlando ai miei genitori... Forse diventeremo fratelli!
Sorrise, ed il piccolo Cloud ricambiò, un po' incerto. Fratelli? Non aveva mai avuto un fratello, nè ne aveva mai desiderato uno in particolar modo. Però non sembrava una brutta idea. Anche Tifa aveva un fratello, ma il nome proprio non se lo ricordava. L'adulto Cloud sorrise dentro di sè, pensando a Manuel, sapendo che di lì a vent'anni l'avrerbbe incontrato, senza neppure sapere chi era, ed avrebbe vissuto insieme a lui un'avventura memorabile. Continuò ad origliare, sentendosi per un attimo di nuovo bambino. Sentì una voce femminile.
Madre: Ma... Sarà prudente tornare lì da solo?
Rocky: No che non lo è. Ma non è questo il punto. La domanda che vi ho fatto è un'altra.
Madre:... Io... Per me va bene... Caro?
Padre: Presumo... Che se non lo facciamo noi non lo farà nessuno...
Non voleva mostrarsi troppo sentimentale, era un uomo duro lui. Rocky lo intuì, e riuscì a lavorarselo bene. Non aveva neppure cercato qualcun altro, in verità, ma se ne uscì con una frase che faceva intuire il contrario senza dichiararlo esplicitamente.
Rocky:... Non lo so... Non credo... Per favore...
Padre: Oh, uh... D'accordo, ce ne prenderemo cura noi.
Rocky tirò un sospiro di sollievo talmente forte che si sentì da fuori della stanza.
Rocky: Grazie mille, davvero. Non so come ringraziarvi...
Padre: Ok, questo è risolto. Passiamo al secondo problema.
Rocky: Quale secondo problema?
Madre: Oh, andiamo. Non penserai di poter tornare in quel laboratorio disarmato e da solo...
Rocky: Non vi preoccupate, avete fatto anche troppo per me...
Padre: Non era una domanda. Cara, tu resta a casa con i piccoli, io accompagno questo temerario a salvare la sua donna.
Padre: Oh, caro... State molto attenti...
Rocky: No! Non dovete... Potrebbe essere pericoloso... Io... Non voglio coinvolgervi... Vi prego, non fatelo. Restate qui tutti e due, i bambini hanno bisogno di voi.
Seguì un attimo di silenzio, dove l'aria si affollò di pensieri. Sembrava quasi di percepirne il ronzio.
Padre: D'accordo. Ma non puoi comunque andare da solo. Aspetta qui.
Rocky: Ma dove... Aspetta...
Sentirono due sedie che venivano trascinate indietro, per permettere ai due occupanti di alzarsi. Poi la porta si spalancò, ed i due bambini fecero in tempo a spostarsi e a sedersi pochi metri più avanti facendo finta di giocare. L'adulto Cloud non aveva neppure tentato di spostarsi, e la porta lo attraversò completamente. Si allontanò con calma, pochi secondi dopo. Dalla stanza uscì il padre di Zack, che attraversò l'entrata deciso e si diresse in salotto. Dentro alla stanza c'erano Rocky in piedi e la madre di Zack, seduta. La madre di Zack aveva i capelli di un rosso molto acceso, e gli occhi verde chiaro. Era vestita con un abito giallo completo, che esibiva un fiocco del medesimo colore sul dietro. Il padre invece indossava dei jeans molto chiari, ed un gilet grigio. Sotto ad esso c'era una maglietta rossa, e sulle mani portava dei guanti dello stesso colore che lasciavano le dita scoperte.
Si sentirono dei tasti, premuti in rapida successione. Cloud si avvicinò, e lo vide conla cornetta del telefono appoggiata all'orecchio. Si avvicinò abbastanza da sentire gli squilli dell'apparecchio. Poco dopo sentì dei respiri affannosi, storpiati sino a produrre un suono simile alla carta che viene accartocciata. Poi si sentì una voce acuta e infantile che emise un verso simile ad un urlo di sorpresa.
???:... Ponnto?
Il padre di Zack prima rimase un po' perplesso, poi capì e sorrise. "Pronto?"
Padre: Pronto! Ciao Lightning! C'è papà?
???: Papà!
Padre: Si, papà! Me lo chiami?
???: Papà, papà! PAPAAAAA'
Non aveva allontanato la cornetta dalla bocca, ed il padre di Zack allontanò la cornetta dall'orecchio, sempre ridendo.
????: Pronto?
Padre: Pronto, ciao Max. Sono Johnatan.
Max: Johnny! Come va? Come stai?
Johnny: Non c'è male, non c'è male... Tu?
Max: Non mi lamento. Allora, che mi racconti?
Johnny: Che mi serve il tuo aiuto.
Max: Che succede?
Johnny: Tuo fratello Arthur... Ha da fare?
Max: Un minuto.
Sentirono trafficare con la cornetta, poi un urlo soffocato.
Max:... AAARTH! HAI DA FARE ADESSO?
Arth:... NOO!... STAVO LUCIDANDO LA MOTOO!...
Da alcuni suoni, si intuì che Max aveva ripreso il telefono in mano.
Max: No, è libero. Te lo passo?
Johnny: No, grazie. Puoi dirgli di passare a casa mia, per favore?
Max: Ok. Qualche problema?
Johnny: Ma no, non preoccuparti... Ciao Max!
Max: Ciao Johnny! Stammi bene!
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Ecco, scusate il ritardo...

-Laboratorio sconosciuto-

Wind aveva seguito l'infermiere e i due bambini negli stretti corridoi di quello che dava l'impressione di essere un ospedale o, più probabilmente, un laboratorio. Solo molto più grande e frequentato di quello di Hojo: non c'era corridoio vuoto, c'erano almeno uno o due infermieri, dottori, addetti alla pulizia ed ogni altro tipo di personale lavorativo. Sempre impegnati a lavorare o a discutere di cose dai nomi talmente complicati ed oscuri che facevano rabbrividire solo ad ascoltarli, anche senza saperne il significato. Erano arrivati in un enorme stanza piena di vasi, ampolle, oggettini strani, rumorosi e sbuffanti vapori di fumo colorato. C'erano anche delle capsule, ma molte più delle tre di Hojo. File e file di capsule occupavano gran parte della stanza, e centinaia di dottori ed assistenti (più che infermieri) andavano avanti ed indietro, scribacchiando su dei blocchetti che portavano sempre sottobraccio.
Cid: Dove siamo? E' un laboratorio?
L'assistente, o infermiere che fosse, che li aveva accompagnati lì non rispose, ma si avvicinò ad un uomo più vecchio, sulla cinquantina. Aveva i capelli grigi, molte rughe ed un paio di occhiali quadrati enormi. Se Hojo aveva fatto di tutto per non mostrare i segni della vecchiaia, a questo dottore evidentemente non importava nulla. Indossava il camice tutto abbottonato, sotto la quale si notava una discreta pancia. L'uomo-panda che aveva accompagnato i due bambini, ora li indicava parlando al dottore. Questo annuì, e l'assistente-infermiere se ne andò. Il dottore si diresse verso i bambini, ed una volta vicini sorrise.
Dottore: Buon giorno, ragazzi. Seguitemi, per favore.
Seguirono il dottore vicino ad una capsula. C'era incisa la scritta "Unlimited III". C'era un assistente che aveva tirato fuori un bambino sui dieci anni, apparentemente privo di sensi. Però i suoi occhi spalancati e la testa che ricadeva inerme su una spalla, non lasciavano dubbi all'adulto Wind su cosa fosse successo a quel bambino. Il dottore si rivolse all'assistente.
Dottore: Che è successo?
Assistente: E' morto. Troppa energia. Però c'eravamo quasi.
Non aggiunse altro. Nè "mi dispiace", "poverino"... Nulla. Wind chiuse gli occhi addolorato, piangendo silenziosamente tutti gli altri bambini che erano morti in quel laboratorio.
Dottore: D'accordo, prepara la Unlimited IV, impostala su un valore più basso.
Assistente: Sì.
Porse il bambino ad un altro assistente di passaggio, sussurrandogli qualcosa come "è morto, portalo via". Poi si diresse alla capsula che c'era subito a destra della Unlimited III, la Unlimited IV, ed iniziò a premere pulsanti ad una velocità sorprendente, come se lo avesse fatto milioni di volte ed avesse imparato la sequenza a memoria.
Il volto dell'assistente era coperto da una nuvola nera, Wind non se lo ricordava. Come del resto la maggior parte dell'altro personale presente nell'enorme stanza.
Dottore: Tu ti chiami Cid, non è vero? Hojo ha detto che sareste arrivati...
Cid: Sì, io sono Cid.
Dottore: Bene Cid, allora tu dovresti entrare in questa capsula... -indicava la Unlimited IV- ... Per favore.
Cid: Forte! Cosa mi succederà?
Dottore: Diventerai fortisssssimo.
Fece pressione sulla "s" di fortissimo in un modo che mise i brividi all'adulto Wind. Era eccitato, e voleva trasmettere questa eccitazione anche al dodicenne di fronte a lui, per convincerlo. Ci riuscì, Cid non desiderava altro che potere, fin da giovane.
Cid: Cavoli! Quanto forte?
Dottore: Molto forte. E forse potrai anche lanciare magie potentissime, che nessuno sa fare. E diventerai intelligentissimo. Ti piacerebbe?
Cid: Accidenti se mi piacerebbe! Entro subito!
Detto questo, il ragazzino Cid saltò dentro la capsula e si distese. Il dottore perse ogni traccia di eccitazione o sorriso nel suo volto, e si rivolse all'assistente che prima aveva regolato la capsula.
Dottore: Inizia. Io arrivo fra poco.
L'assistente annuì, e tirò una leva. Il dottore scortò Wind più avanti, oltrepassando la capsula. L'adulto Wind lesse i nomi delle capsule. "Unlimited V", "Unlimited VI", "Unlimited VII", "Unlimited VIII" e poi... "Odstarva I", "Odstarva II", "Odstarva III"... Fino all'VIII. Poi "Kuro I", "Kuro II", e così via, anche queste fino all'VIII. C'erano dei bambini dentro alcune, ma Wind non avrebbe saputo dire se erano vivi o morti. Molti erano pallidi e magri, ed avevano le occhiaie. Wind cercò di scacciare quelle faccette supplicanti dalla sua testa, e proseguì seguendo il piccolo sè stesso ed il dottore.
Dottore: Hojo mi ha parlato di te. Mi ha detto che sei fortissimo.
Il piccolo Wind non rispose.
Dottore: Sei uscito dalla capsula "Kuro", non è vero?
Wind pensò un attimo. Forse intendeva... Se lo avevano fatto entrare nella capsula e ne era uscito vivo... In quel caso, si ricordava di essere entrato nella capsula "Kuro". Così annuì. Il volto del dottore si illuminò.
Dottore: Ci siamo quasi.
Il dottore aprì una porta, e fece entrare il piccolo Wind. Il grande Wind, ovviamente, li seguì. Si trovarono in una specie di arena. Sugli spalti c'erano poche persone. Sulle tribune d'onore troneggiava lo stesso uomo che quella mattina presto era entrato nella stanza di Wind e Cid, ed alla sua destra un ragazzo più o meno dell'età di Cid, con i lunghi capelli biondo pallidi. Entrambi vestiti di un rosso molto acceso.
Dottore: Arriveranno alcuni nemici da sconfiggere... Sconfiggili. Vai al centro dell'arena, sù.
Il bimbo Wind obbedì, mentre l'adulto Wind rimaneva ai margini dell'arena. Delle porte si aprirono ai lati del bambino, ed uscirono molti soldati, sui trenta-quaranta. L'uomo seduto in tribuna fece un'espressione contrariata, che fu visibile fin dalla posizione del grande Wind. Il piccolo Wind cercò un modo per sconfiggerli tutti in poco tempo, anche se era troppo piccolo per essere nella mentalità di "non fargli troppo male" quando muori sei morto, non è che il dolore forte o debole cambi questo fatto. Poi, l'istinto gli suggerì di portarsi una mano al cuore, e l'altra in aria. Rimase lì, fermo immobile, per un paio di minuti.
Poi scese una fitta nebbia, che coprì tutta l'arena.
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Unlimited, eh? ..e io che pensavo che Star Wars avesse una storia complicata.. :D :D Complimenti Oddie, come sempre! Ora sto iniziando a capire da che parte arrivi l'Imperatore! Una domanda però mi sta sorgendo sempre più potente: ...chi è la mente malata dietro tutto questo?
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
...chi è la mente malata dietro tutto questo?

La sete di potere... Come sempre, asd.
Ecco il prossimo episodio...

-Casa Fair-

Era passata circa mezz'ora dalla telefonata, ed in casa il tempo sembrava essersi fermato. Zack e Cloud chiaccheravano, parlandosi alle orecchie. Rocky era piedi, con la faccia fra le mani, appoggiato al muro. Johnatan andava anvanti ed indietro sopra il tappeto dell'entrata, una mano sul mento, e l'altra appoggiata al bicipite della prima. La madre, che Zack aveva detto al nuovo compagno di giochi chiamarsi Jocelyn, era ancora seduta in quella che sembrava la cucina, e si mangiucchiava le unghie con aria preoccupata. L'adulto Cloud si era seduto vicino ai due bambini, e li ascoltava, senza riuscire a trattenere un sorriso, di tanto in tanto.
Poi, all'improvviso, si sentì il rombo di una moto, e poco dopo il campanello suonò.
La madre di Zack si precipitò all'ingresso, anche se stava per aprire il padre.
Jocelyn: E' aperto, Arthur! Vieni avanti!
Arth: 'Sera, Jocelyn!
Parcheggiò la moto fuori dal cancello, ed attraversò il piccolo giardino che lo separava dalla casa. Entrò, e finalmente fu ben visibile l'uomo chiamato Arthur. Era alto, biondo, bello, con gli occhi azzurri, muscoloso e senza un filo di grasso. L'uomo dei sogni di moltissime donne, per di più a cavallo di una splendida moto nera luccicante. Aveva la barba bionda perfettamente curata, in modo che circondasse la bocca, ed aveva anche un paio di corte basette. Indossava un gilet nero di pelle, con delle scritte fiammeggianti. Quelle scritte stilizzate illeggibili delle band di Hard Rock, che i motociclisti comprano anche se ascoltano solo musica classica, per il semplice fatto che leggere Very Hard Sex Satans (o simili) sulla schiena mentre vai in moto ti da' quell'idea di macho, di uomo-che-non-deve-chiedere-mai, di potenza. Poi aveva dei pantaloni Jeans strappati in punti strategici, che permettevano a tutti di vedere il suo quadricipite ultra-pompato, il polpaccio di roccia ed il ginocchio, ovviamente. E poi gli immancabili anfibi neri, la bandana dello stesso colore (che non potrebbe esistere senza quell'enorme aquila ricamata sopra), e gli immortali occhiali a goccia. E come dimenticare quell'insensato ed assolutamente fuori luogo crocifisso (fra l'altro pochi centimetri sopra alla parola "Satans" dell'illeggibile logo fiammeggiante)?
Dopo questa entrata trionfale, che sembrò durare mezz'ora, quell'armadio in nero che stava davanti alla porta masticando Chewing-Gum si tolse gli occhiali e pronunciò il suo saluto alla famiglia.
Arth: Salve a tutti! E questi due? Sono nuovi? Piacere, io mi chiamo Arthur.
Cloud, che si era aspettato qualcosa come "Yo, come butta?", "We, che si dice?", oppure semplicemente quel buffo cenno del capo che non aveva mai capito fino in fondo cosa significasse (probabilmente qualcosa come "Ok, ciao a tutti sono un grandissimo figo e vi onoro con la mia presenza..."), rimase leggermente deluso. Poi però sorrise. Che pensiero ****** che aveva appena formulato. Continuò ad ascoltare.
Rocky: Molto piacere. Io sono Rocky, e lui è Cloud.
Johnny: Arth! Come va? Tutto ok?
Arth: Non mi lamento, dai Johnny... Voi? Tutto a posto?
Jocelyn: Tutto a posto, Arthur, e grazie per essere venuto.
Arth: Eh, a proposito... Max mi ha detto che vi serviva una mano. Cosa posso fare per voi?
Johnny: Un momento... Bambini, vi dispiace andare in camera a giocare?
Cloud non emise un fiato, ma Zack puntò i piedi.
Zack: Io voglio sentire, perchè non mi fate mai sentire che voi grandi parlate?
Johnatan sorrise, e guardò sua moglie. Fu Arthur a rispondere, però.
Arth: Perchè noi grandi parliamo di cose che a voi non piacciono. Andiamo... -aggiunse all'occhiataccia di sbiego che Zack gli aveva lanciato- ... Ascoltate papà... Altrimenti... Credo proprio che... Urgh... Argh...
Zack: Oh, no!
Cloud: Che succede?
Arthur era con le ginocchia per terra, che emetteva dei versi agonizzanti di uno che sta veramente male. La cosa strana era che sembrava che se ne preoccupassero solo Zack ed il bambino Cloud. Neppure l'adulto Cloud e Rocky si muovevano, avevano intuito il piano del motociclista.
Zack: Si sta... TRASFORMANDO! SCAPPA!
Iniziò a correre verso il salotto, seguito dal piccolo Cloud, letteralmente terrorizzato. Ma poi sentirono un ruggito.
Zack: E' troppo tardi...
Cloud: Cosa?!? E ora?!?
Zack: E ora... Ci ha preso...
Cloud: Ma come ci ha preso?!? In che senso?!?
Zack: E'...
Non fece in tempo ad aggiungere altro. Un braccio grosso come un'anaconda lo avvolse nelle sue spire, mentre l'altro afferrava un Cloud che urlava e scalciava all'impazzata.
Arth: GRUARRRR!
Arthur emise un altro ruggito, ed il bambino Cloud iniziò a disperarsi. Stava per essere divorato da un mostro cannibale. Forse si era trasformato in un lupo mannaro. Il solo pensiero lo fece urlare ancora di più. L'adulto Cloud lo seguì, per vedere dove finisse la sua corsa. Il mostro-Arthur entrò in una camera, più grande di quella dove aveva dormito Cloud, disseminata di giocattoli. La cameretta di Zack. Il letto era abbastanza grande da permettere al mostro-Arthur di scaraventare entrambi i bambini sopra. Poi il bambino Cloud sentì una mano che entrava nella sua maglietta, con delle dita forti e possenti.
"E' finita -pensava lui- mi sta per fare a fette". Chiuse gli occhi, aspettandosi sofferenze atroci, dolori inimmaginabili, un agonia insopportabile, ma... Gli venne un'improvviso desiderio di ridere. Non riusciva a trattenere le risate. Solletico? Un lupo mannaro assassino gli stava facendo... Il solletico?!? Fra gli scrosci di risate incontrollabili tentò di aprire gli occhi e vide... Arthur, nessuna trasformazione, nessun lupo mannaro. Dannazione a Zack, non aveva detto che si stava trasformando?!? Mamma mia che paura che aveva preso... Si abbandonò a quel mare di risate, senza opporre più resistenza. Poco dopo si fermò. Il mostro Arthur si alzò in piedi, e scrutò la scena, immobile. Zack non si muoveva: aveva la bocca spalancata e la lingua fuori. Cloud si avvicinò sussurrando.
Cloud:... Che stai facendo?
Zack:... Mi fingo morto... E' l'unico modo per farlo andare via...
Cloud: Oh, ok...
Si mise nella stessa identica posa di Zack, spalancò la bocca e fece uscire la lingua. Il mostro Arthur scoppiò in una silenziosa risata, accompagnato dall'adulto Cloud, poi uscì dalla stanza, con lunghi passi da Tirannosauro. Uscendo emise un ultimo ruggito. Cloud avrebbe voluto ascoltare cosa dicevano giù, ma senza che il bambino Cloud avesse ascoltato non c'era speranza. Però ebbe un colpo di fortuna. Appena uscito Arthur, i due bambini si alzarono e lo seguirono. Ah, l'insaziabile curiosità dei bambini...
Si fermarono sulle scale, in un punto perfetto per ascoltare qualsiasi cosa succedesse nell'entrata, ma senza essere visti. L'adulto Cloud si sedette vicino a loro, per tenerli d'occhio, ma in un punto molto più esposto, dove poteva vedere benissimo quello che accadeva giù, ma non rischiava comunque di essere visto, in quanto incorporeo.
Arthur:... Allora? Avete bisogno di qualcosa?
Johnny: Non noi. Lui.
Indicò Rocky, che si ritrasse.
Rocky: Avrei voluto andare da solo. Ma non mi hanno ascoltato.
Jocelyn: Oh, tesoro... E' ovvio che non l'abbiamo fatto. Noi capiamo tutte le tue motivazioni, ma non possiamo permetterti di lasciartelo fare da solo.
Arthur: Mi spiegate di che si tratta?
Johnny: Certo, Arth. Vedi, devi sapere che...
Spiegò tutta la storia dei due bambini, che aveva sentito poco prima da Rocky. Questi fu sorpreso di come se la ricordasse così, nei minimi dettagli, nonostante l'avesse sentita solo una volta. Arthur annuiva in alcuni punti e scuoteva la testa in altri.
Johnny:... Ed ora vuole tornare a prenderla. E voleva andarci da solo.
Arthur emise uno sbuffo, a metà fra uno scatto di nervi ed una risatina.
Arth: Andiamo, ci sono scarse possibilità di farcela in due, ma da solo... Sono praticamente nulle.
Rocky: Lo so. Ma non voglio coinvolgere nessuno. Proprio per le scarse possibilità di riuscita.
Arth: Beh, avete fatto bene a chiamarmi.
Johnny: Mi dispiace... Pensavo a tuo fratello, ma poi ho pensato a Lightning... Ed io... Ora abbiamo due figli, non posso lasciare Jocelyn da sola...
Arth: E piantala J, ti ho detto che hai fatto bene! Io non ho nessuna famiglia a cui badare... A parte la mia moto, certo.
Scoppiò in una fragorosa risata, che contagiò gli altri. Persino l'adulto Cloud sorrise leggermente.
Arth: Sono l'uomo che fa per voi. Rocky, quando vuoi partiamo.
Rocky: Dici davvero?
Arth: Ma certo che dico davvero... Ti sembro uno che scherza?
Rocky rimase un po' in silenzio. Guardò Johnatan, Poi Arthur e infine Jocelyn. Poi aggrottò la fronte, e sorrise.
Rocky: Grazie, Arthur. Grazie Johnatan, grazie Jocelyn. Lo apprezzo davvero.
Johnny: Finalmente ha accettato il nostro aiuto.
Rocky: Dobbiamo partire il prima possibile. Anche adesso, se possiamo. Potremmo non avere molto tempo.
Arthur: Si, lo immagino. Però devo passare prima a casa, non ho preso armi, non mi aspettavo certo qualcosa del genere...
Johnny: Ah, sì... Le armi... Ne dovrei avre un paio... In garage... Per Rocky...
Arthur: Lascia perdere, gli presto una delle mie. Ok, Rocky?
Rocky: Si, è perfetto, grazie.
Arthur: Bene, allora andiamo!
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Arena sconosciuta-

Dai pochi spettatori dell'arena, si levò un urlo sorpreso. Poi, dalla nebbia iniziò a formarsi la figura di un serpente. A guardare meglio, si potevano distinguere delle piccole ali, che lo facevano assomigliare più ad un drago che ad un serpente. Inoltre la coda era irregolare e spigolosa, come se fosse solo uno scheletro. La cosa più particolare di tutte, però, era un'altra: la testa. La testa era piatta ed allungata, come una lancia, e finiva a punta. I suoi sinistri occhi viola erano l'unica fonte di luce visibile in mezzo alla nebbia. Poi partì una pezzo di musica classica, che sembrò mischiarsi alla nebbia nell'avvolgere l'arena. Wind, che era vicino al dottore (al riparo dalla nebbia), lo sentì sussurrare.
Dottore: Misuto...
Wind tornò a fissare il drago, che ora aveva spalancato la bocca, e stava facendo uscire una lirica fenomenale. Dolce e terribile allo stesso tempo, che sembrava penetrare nelle ossa. Wind estrasse una delle sue bottigliette, e la guardò. Misuto, il drago della nebbia. Una leggenda (gli stava venendo in mente solo ora) narrava che un giorno, un grande guerriero senza nome avesse sconfitto il Grande Spirito della Nebbia. Questo si era piegato al suo volere, ed aveva accettato di affiancarlo nella battaglia contro il Chaos. Il guerriero veniva chiamato in due modi: Il Vento Bianco (cioè la sua nebbia), ovvero Shiroi Kaze, White Wind. Poi Nuvola Nera, nuvola di morte, chiamato così perchè ovunque passasse, non rimanevano superstiti. Nuvola Nera, Kuroi Kumo, Black Cloud. Ora gli erano chiare molte cose, per esempio perchè, appena svegliato, gli fosse venuto così istintivo rispondere di chiamarsi Wind. White Wind, e Black Cloud. Lui, Wind, aveva ereditato i poteri del Grande Spirito della Nebbia, che altri non è se non il drago Misuto. Mentre la sua controparte, il Black Cloud, aveva ereditato i grandi poteri del guerriero-senza-nome. Era da supporre quindi che questo grande guerriero fosse davvero esistito, e che i ricercatori del laboratorio ne avessero in qualche modo recuperato le cellule, ed usate nei loro esperimenti.
La musica del drago Misuto non cessava, anzi sembrava crescere.
Dottore: Sinfonia della Nebbia...
Poi rise di gusto, evidentemente ce l'avevano fatta, era quello il loro scopo. Ricreare la potenza del drago Misuto.
La nebbia si diradò all'improvviso, ed il drago sparì. Nessuno dei presenti aveva notato che tutti i soldati erano caduti a terra, erano troppo presi dal drago. Poi qualcuno se ne accorse, ed emise un urletto di stupore e paura. Tutti gli occhi erano ora puntati sui soldati a terra, e sul bambino Wind, ancora con una mano alzata e l'altra sul cuore. Il dottore applaudì, e fu seguito da quasi tutti i presenti, anche se alcuni avevano qualche dubbio se essere contenti o no di quello che era appena successo. Gli unici che non applaudivano erano i due nelle tribune, vestiti di rosso. Avevano le braccia conserte, ed un'espressione vagamente contrariata e stupita.
Dottore: Wind! Torna qui! Sei stato bravissimo!
Wind si avviò a passo lento verso il dottore, senza fiatare. Non mostrava di essere soddisfatto o arrabbiato per la sua vittoria, non mostrava nessuna emozione. In realtà era piuttosto triste, cosa avevano fatto quei poveri soldati, in fondo? I suoi pensieri furono interrotti da un assistente che chiamava a gran voce il dottore.
Assistente: Dottore, dottore!
Dottore: Uh? Che succede?
Assistente: La Unlimited IV... Ha funzionato!
Gli occhi del dottore si illuminarono. Si rivolse all'assistente.
Dottore: Porta il bambino a cospetto dell'Imperatore. Io vado.
Assistente: Si, ok.
Il dottore inizò una corsa dalla quale sembrava dipendere la sua vita, ed entrò nel laboratorio. L'assistente, anche se aveva la faccia nascosta da quella nuvola nera, si intuiva benissimo che era una donna. Scortò Wind in uno stretto corridoio, che poi dava in un enorme salone d'ingresso. Maestoso, pieno di candelabri e quadri dall'aspetto antico e prezioso. Il pavimento lucido era in gran parte coperto da lunghi tappeti rossi e oro. Salirono una rampa dopo l'altra, sempre salendo, salendo e salendo ancora di più. Si fermarono davanti ad un portone nero lucido come uno scarafaggio, con le rifiniture in oro ed argento. La maniglia d'oro scintillava alla luce che filtrava dalla finestra. L'assistente aprì la porta e fece entrare Wind. Si inchinò a quell'uomo con il vestito rosso che stava seduto nelle tribune, e che era andato a trovare Wind e Cid la mattina stessa. Vicino a lui un ragazzo che dimostrava l'età di Cid, o poco meno, con i lunghi capelli biondo pallidi, ed un paio di occhi grigio chiaro. Era vestito anche lui con un mantello rosso che lo copriva quasi interamente.
Assistente: Mio signore... Ecco il bambino.
Imperatore: Puoi andare, grazie mille.
La donna se ne andò a passo deciso. L'Imperatore si sciolse in un largo sorriso.
Imperatore: Io mi chiamo Gabriel, e sono l'Imperatore di Ivalice. E questo è il mio figlioccio Cecil. Cecil, saluta.
Cecil: Ciao!
La voce del ragazzo non era più dolce ed acuta, da bambino, ma non era ancora del tutto da uomo. Wind azzardò un cenno con la mano.
Imp. Gabriel: Beh, benvenuto nella mia umile dimora, il Castello Imperiale di Gaudium. Tu ti chiami Wind, non è vero?
Wind: Sì.
Imp. Gabriel: Ti dispiace raccontarmi... La tua storia?
Il piccolo Wind annuì, ed iniziò a raccontare. Per l'adulto Wind, invece, si fece tutto buio.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Antro dei ricordi-

Cloud era fermo immobile, seduto sul pavimento bianco in quella posa che non assumeva da tempo: la gamba sinistra dritta davanti a sè, la destra piegata con il ginocchio alto, il gomito destro appoggiato sul corrispondente ginocchio, e l'avambraccio che penzolava verso l'interno. La mancanza di uno schienale lo costringeva ad usare come appoggio il braccio sinistro teso lungo il fianco a mo' di cavalletto. Aveva gli occhi chiusi, ed odorava il nulla con aria assente. Stava facendo mente locale di tutto quello che aveva visto. Si chiese cosa fosse successo dopo, ed uno schermo nero apparve, subito dopo gli altri. Questa volta Cloud non aveva molta voglia di entrarci, riusciva a percepire la tristezza che ne scaturiva. Lo schermo nero subito prima di quello che era appena apparso si riempì con un'immagine di un drago con la punta di lancia e gli occhi viola. Improvvisamente, Cloud prese coscenza che quello era il drago Misuto, il Guardiano della Nebbia, che un guerriero senza nome chiamato Black Cloud, oppure White Wind aveva sconfitto e ne controllava il potere. I suoi primi ragionamenti furono gli stessi di Wind, legati al suo nome e ad i suoi poteri. Si girò di scatto, e vide la figura esile di Wind una ventina di centimetri dietro di lui. I suoi occhi marroni indagavano in quelli celesti di Cloud.
Wind: Percepisco la tristezza in te, Black Cloud.
Cloud non rispose. Indicò con un cenno del capo lo schermo nero apparso poco prima.
Wind:... Vuoi che ci venga con te?
Cloud non rispose. Chinò il capo, come un bambino imbarazzato. Wind gli posò una mano sulla testa, come una madre amorevole.
Wind: Ti accompagno, ok?
Cloud fu colto da un improvviso interrogativo, anche piuttosto stupido.
Cloud: Wind...
Wind: Sì?
Cloud: Tu... Sei... Ehm... Ti... Ti piacciono gli uomini?
Wind non fece nessuna faccia stupita o scandalizzata, come invece si aspettava Cloud. Per un attimo Cloud potè giurare di aver visto lampeggiare un mezzo sorriso su quel volto. Inutile dire che si era pentito della domanda nello stesso momento in cui l'aveva posta. Wind rispode con una calma ed una serenità incredibili.
Wind: Io sono tutto quello che si cela nel profondo del tuo animo. La calma, la razionalità... Anche la femminilità. In ognuno di noi è presente un po' dell'altro sesso. Se nel tuo caso è nascosta in fondo, nel mio che sono la rappresentazione delle tue emozioni più profonde... Non può che essere una delle mie caratteristiche predominanti. Presumo... Di sì, quindi. Potrei definirmi omosessuale.
Cloud restò un momento in silenzio, imbarazzato. Voleva dire... Che in fondo, lui era un po' gay? Come Manuel, Barret, Lightning e tutte le altre persone che conosceva? Per un attimo ebbe una visione di Barret in una situazione piuttosto disdicevole, e rabbrividì. Pensò a Tifa, e si disse che mai avrebbe desiderato nulla di diverso.
Wind: Bene, e dopo questa brillante conversazione... Possiamo andare?
Cloud non rispose. Aveva la testa bassa, e si stava creando un idea nella sua testa. Piuttosto stupida, a dire il vero. Però ormai non gli interessava più fare bella figura con il suo compagno. Ormai gli interessavano solo le risposte, a qualsiasi domanda gli venisse in mente.
Cloud: Ecco perchè ci hai aiutato...
Wind: Cosa?
Cloud: Ma sì... Tu... Eri innamorato... Di Manuel, non è vero?
Wind, incredibilmente, arrossì per la prima volta.
Wind:... Come l'hai capito?
Cloud: Non... Non lo so... Mi è venuto così, spontaneo... D'altronde ora siamo un unico essere, no? Anche se in due forme... Ho solo una domanda: ma dov'è che lo hai incontrato? Insomma... Non mi pareva che lui si ricordasse... Oh... -Wind alzò un sopracciglio, con aria da "ci sei arrivato, eh?"- Già... L'amnesia...
Wind:... A Fahret. Sono entrato in un locale, e c'era lui che chiaccherava con la barista, mi sembra... Tre o quattro anni fa. Non ero ancora stato nominato giudice, perciò nessuno mi conosceva. All'epoca ero un soldato, e mi avevano mandato ad ispezionare Fahret, per assicurarsi che non stessero nascendo rivolte. Ordinai un caffè, e lui attaccò bottone, chiedendomi perchè non mi avesse mai visto da quelle parti. E così...
Cloud: Ho capito. Beh era... U... Un bel ragazzo.
Wind lo guardò di traverso, e Cloud assunse un aria di scusa e si tuffò nello schermo nero. Wind sospirò e lo seguì.
---​
I due si ritrovarono in un prato verde, con l'erba perfettamente tagliata, tutti i fili si aggiravano intorno ai due-tre centimetri. Cloud e Wind si guardarono le spalle, e videro che c'erano file e file di sedie di plastica nera, tutte occupate da persone diverse, tutte vestite di nero. Alcune donne portavano il velo sulla faccia. Molti di loro avevano la faccia coperta da quella nube nera. In prima fila c'erano Cloud e Zack, dimostravano la stessa età del ricordo precedente, non era cambiato praticamente nulla. Si percepiva ancora quel sottile imbarazzo di quando conosci una persona da poco. Erano entrambi vestiti in giacca e cravatta neri, e tenevano le teste basse. Vicino a loro Jocelyn e Johnatan, anche loro in nero e a testa china. Cloud e Wind guardarono oltre le file di sedie, e videro una grande bara nera e lucida, con delle rifiniture in oro. Cloud si sentì immediatamente col morale a terra, e Wind con lui. Quella grande bara nera e lucida aveva l'aria di contenere qualcuno di conosciuto. Vicino a Johnatan c'era un uomo alto e robusto, con i capelli rossi e gli occhi azzurro chiaro, in lacrime. C'era un sacerdote che celebrava gli onori al defunto, parlando sottovoce. Quando ebbe finito, Johnatan e quello dai capelli rossi presero la bara e la posarono delicatamente dentro una buca, che poi coprirono. Poi tutti si alzarono, e mentre alcuni se ne andavano, altri si riunivano in gruppetti e discutevano. Cloud e Wind si avvicinarono a Johnatan, Jocelyn e l'uomo dai capelli rossi. Zack e Cloud rimasero saduti sulle sedie di plastica, ed ascoltavano con orecchio distratto gli adulti a pochi metri da loro.
Johnatan: Max... Come va?
Max non rispose. Jocelyn gli posò una mano sulla spalla.
Jocelyn: Oh, Maximilian... Era così giovane... Mi dispiace...
Max: Ma cosa diavolo stava facendo dentro quel laboratorio? Voi lo sapete?
Johnatan annuì lentamente, cercò sua moglie con lo sguardo, poi iniziò il triste racconto, di Rocky, Cloud, Terra... E della missione di Rocky e Arthur. Maximilian ascoltò tutto attentamente.
Max: Ma almeno... Ce l'hanno fatta? Quel ragazzo? Quella ragazza?
Johnatan: Noi ne sappiamo quanto te. Dopo che il laboratorio è crollato hanno trovato solo il corpo di Arthur. Ma devono ancora proseguire gli scavi... Nessuno sa nulla.
Max abbassò il capo, scosso. Nessuno parlò più, finchè Jocelyn decise di rompere il ghiaccio.
Jocelyn: Come... Come sta Lightning?
Max: Bene, è a casa dei vicini, si prendono cura di lei finchè non torno.
Dopodichè il ricordò iniziò a sfumare, e poi fu tutto nero per Wind e Cloud. Cloud era grato a Wind per averlo accompagnato. Non aveva fatto nulla di particolare, ma almeno c'era. La sua presenza voleva dire molto.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Mamma mia.. senza parole. Senza parole. A parte i soliti complimenti, ovvio.

P.S.: Povero Manuel :D

Ti avevo promesso una rivelazione shock, non è vero? Ho mantenuto la promessa...:D Grazie mille, comunque!

P.S.: Almeno ha avuto il buonsenso (Wind) di tenerlo per sè...:D

Comunque ecco il nuovo episodio...:D

Odstarva

-Antro dei ricordi-

Cloud e Wind si ritrovarono ancora una volta in quell'enorme distesa di nulla candida come la neve.
Cloud: Ma allora cosa gli è successo? Terra? Rocky?
Wind: Non ne ho idea... Mi dispiace...
Cloud: Ma... Non c'è modo di scoprirlo?
Wind alzò la testa al cielo, e chiuse gli occhi. Poi riprese a guardare Cloud negli occhi.
Wind: Potrebbe. Ma non ne sono sicuro.
Cloud: E come?
Wind: Dobbiamo... Raggiungere la completezza. Unificarci con un essere che possiede quei ricordi.
Cloud: E come si fa ad unificarsi?
Wind: Bisogna essere in perfette sintonia con quello che ci circonda, e con il soggetto in questione. Per il resto è facile, basta desiderarlo intensamente.
Cloud: Che significa "essere in sintonia"?
Wind: Penso... Che potrebbe essere paragonato a quello che noi umani chiamiamo "amore", a patto che sia molto intenso, e ricambiato.
Cloud: Ma io non amavo nè Rocky, nè Terra, nè Arthur... Come facciamo?
Wind: Non facciamo. Non c'è altro modo, mi dispiace.
????: A dir la verità... Un modo c'è.
I due si girarono di scatto. Non si sarebbero mai aspettati di trovare qualcuno lì.
Cloud: Chi altro è che ha le chiavi della mia mente, Wind?
Wind: Non ne ho idea. Chi sei?
????: Dovreste conoscermi.
Una figura umana avanzò. Era vestita in modo particolare: sembrava una tuta da astronauta, ma molto attillata. Tutta grigia, bianca e blu, con delle parti più rigide ai gomiti, alle ginocchia, sulle spalle e sul petto. Era un unico pezzo, scarpe e guanti compresi. Appena fu vicino, i due compagni poterono vederlo bene. Aveva dei brillanti occhi ambrati, e dei folti capelli castani, senza una pettinatura precisa: lunghi fino quasi alla vita tutti spettinati, con ciuffi ribelli qua e là. Aveva anche un paio di occhiali da sole, ma li portava in testa, sopra la fronte. Alcuni folti ciuffi lunghi fino al naso gli attraversavano la faccia, senza tuttavia entrare in contatto con gli occhi. Dimostrava sui quarant'anni, ma suoi lineamenti magri ed eleganti del suo viso non potevano essere confusi.
Cloud:... R... Rocky?!? Sei proprio tu?
Rocky: In persona. Sopreso?
Cloud: Direi... Che ci fai nei miei ricordi?
Rocky: No, niente di speciale... Sai, anche da morti noi non siamo esseri comuni. Siamo più simili agli dei di quanto tu possa immaginare...
Cloud: E quindi?
Rocky: E quindi... Come gli dei... Condividiamo un "Olimpo", no?
Cloud: Boh... Se lo dici tu...
Wind: Un momento. Vuoi dire che potremmo trovare anche Cid?
Rocky: Non lo escludo.
Cloud: Ma perchè sei vestito così? Cos'è una muta da sub? Una...
Rocky: Segreto. -Sorrise- Lo capirai più avanti.
Cloud: Ok. Spiegami bene questa faccenda dell'Olimpo.
Rocky: Non ne so nemmeno io molto, ma a quanto pare... Essere più che umani ci sottrae alle loro condizioni che riguardano "l'armonia" per unificarsi... E possiamo farlo in un mondo solo per noi...
Cloud: Ehi... Significa che tu sei riuscito a vedere tutti i nostri ricordi?
Rocky: Si, anche se in gran parte erano anche miei, e me li ricordavo...
Cloud: Ma perchè ti vediamo solo ora?
Rocky: Non ne ho idea. Prima anche io vedevo i vostri ricordi accumularsi anche nella mia testa, ma non vedevo voi. Magari stavate facendo qualcosa di particolare, dov'ero implicato anche io...
Wind: Cloud stava desiderando di poter vedere cosa fosse successo a te, Arthur e Terra.
Rocky: Capisco... E sono apparso io. Beh, allora il minimo che possa fare... -apparve uno schermo, con l'immagine di lui e Arthur in moto- ... E' mostrarvelo.
Cloud: Grazie, Rocky.
Rocky: Di niente, Cloud.
Cloud entrò nello schermo appena apparso. Wind lo seguì, ma una volta sulla soglia esitò.
Wind:... A parte Arthur... Com'è andata a finire?
Rocky indicò lo schermo nero, sfoderando uno dei suoi mezzi sorrisi, rimasti sempre uguali nel tempo.
Rocky: E' tutto lì. Prego, ex-giudice e guardiano della nebbia White Wind.
Wind entrò, e Rocky lo seguì sempre sorridendo.
---​
Cloud si guardò intorno, e vide apparire Wind e Rocky. Si rese conto di essere vicino ad un muro, la muraglia che circondava il laboratorio di Hojo. Il cielo era grigio, e sporadicamente cadevano goccioline più di umidità che di pioggia. Poi il rombo di una moto ruppe il silenzio, e all'orizzonte apparvero Arthur e Rocky in sella ad una di quelle moto rumorosissime e senza carene, le Harley Davidson. La parcheggiarono vicino al muro, a pochi metri dai tre spettatori. Scesero dalla moto, Rocky con due armi sotto il braccio. La prima era una spada lunga e ricurva, una katana. Aveva la lama nera, con delle rifiniture rosse. L'impugnatura era bianca come il latte, liscia e lucida. L'altra era un fucile, grigio metallico, lungo ed elegante. Aveva una lunga lama che attraversava tutta la canna, ed il calcio era di legno, tutto marrone. Il ragazzo porse ad Arthur il fucile, ed egli lo afferrò.
Arth: Come mai hai scelto una spada? Non sarebbe stato meglio un fucile?
Rocky: Non sono molto bravo a sparare... -sferrò un paio di colpi all'aria, veloci e letali- ... Ma con le spade me la cavo abbastanza bene. Soprattutto con le katane.
Arth: Capisco. Presumo che sia meglio così, allora... Forza, andiamo. Hai qualche piano?
Rocky: Per scappare avevo scavalcato uno dei cancelli... Forse non sono sorvegliati...
Arth: Mi sembra improbabile. Però sono molto distanti dalla tenuta, se lo scavalchiamo abbiamo comunque un margine di tempo prima di essere raggiunti...
Rocky: Giusto. Andiamo?
Arthur annuì, ed insieme al compagno quindicenne spiccò una corsa vicino al muro, pronti a scavalcare il primo cancello che avessero trovato. L'adulto Rocky, Wind e Cloud seguirono i due compagni. Ecco, il primo cancello era in vista. Ancora pochi minuti di corsa e ci sarebbero arrivati. Pochi metri... Eccoli arrivati. Senza neppure fermarsi un momento, iniziarono la scalata, mentre i tre spettatori ci passavano semplicemente attraverso. Una volta scavalcato il cancello, un allarme spaccò il silenzio. Entrambi i Rocky se ne uscirono con un sorriso beffardo ed un affermazione, nello stesso momento.
Rocky:... Beccati.
Iniziarono a correre verso la struttura, e proprio mentre sentivano dei pesanti passi metallici riuscirono ad appiattirsi contro una parete. Un berserker avanzava inesorabile, ma piuttosto disorientato: non c'era nessuno. I due, nel frattempo, stavano scivolando silenziosamente verso una porticina, che Rocky aveva riconosciuto come la stessa porta da cui era scappato il giorno prima, la porta sul retro. Fatto, l'avevano raggiunta. Con un movimento velocissimo, Rocky l'aprì e s'infilò dentro, seguito da Arthur e dai tre spettatori. Si ritrovarono in quella stanza con il tavolo e le sedie. Rocky fece mentalmente il percorso che aveva compiuto il giorno precedente all'incontrario, e guidò Arthur nella porta che da quel punto di vista risultava essere la penultima a destra.
Arth: Sei sicuro?
Rocky: Io... Sì, mi pare proprio di sì.
Entrarono in quella porta, ed una volta percorso il breve corridoio che si parava davanti a loro, Rocky seppe di avere avuto ragione: si trovavano in quella sala d'aspetto dove aveva baciato Terra.
Arthur: Che è successo qui?
Rocky notò con orrore delle macchie bordeaux, di sangue secco. Pregò che fossero di Hojo, o perlomeno che non fossero di Terra. Cercò di non guardarle, e si concentrò sulla stanza. C'era una sola porta, quella che conduceva al laboratorio. La varcarono ed oltrepassarono lo stretto corridoio. Quando entrarono nell'enorme laboratorio lo trovarono deserto, ma videro un'ombra sulla porta che stava dall'altra parte della stanza. Stava uscendo dal laboratorio. I due spiccarono una corsa incredibilmente silenziosa, ed attraversarono la stanza. Riconobbero il possessore di quell'ombra. Hojo era talmente lento, a causa della sua vecchiaia, che i due lo avevano già raggiunto, ed avevano deciso di seguirlo. Lo videro estrarre un telefono cellulare dalla tasca, e portarselo all'orecchio.
Hojo: Allora? Chi erano?
????: Non lo so, signore. Qui non c'è nessuno! Si sarà trattato di un paio di gatti...
Hojo: Puah! Odio i gatti. Perchè diavolo ho voluto risparmiare su quel sistema di allarme?!? Non serve a niente. Tu rimani lì, comunque.
????: Sissignore!
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Laboratorio di Hojo-
--Corridoio--

Hojo rimise in tasca il telefono, e continuò a scendere quella ripida scala a chiocciola. Arrivò in un salone enorme, interamente ricoperto di moquette rossa, illuminato dalla luce fioca delle torce. Hojo lo oltrepassò interamente, ed entrò in una porta seminascosta da una libreria. Rocky ed Arthur lo seguirono, e gli altri tre seguirono loro.
C'era una scala, ancora più ripida, che portava ad una stanza umida e buia. L'unica cosa illuminata era un tavolo di pietra, ed una ragazza con i capelli verdi, con le mani ed i piedi intrappolati da delle catene. Il camice stropicciato aveva un piccolo buco sopra il braccio destro, ed i pantaloni jeans avevano un buco analogo sopra la gamba sinistra. Intorno ai buchi, gli indumenti erano sporchi di sangue secco. Terra aveva gli occhi semichiusi, rassegnata. Intorno ai polsi nudi c'erano dei segni e delle traccie di sangue, evidentemente la ragazza aveva tentato di liberarsi tirando con tutte le sue forze. Hojo le si avvicinò con espressione canzonatoria e folle.
Hojo: Bene bene... Ecco la dolce Terra...
Le girò la testa di scatto, e sputò in faccia a Hojo. Ora la sua faccia esprimeva odio profondo, misto a disgusto.
Hojo: Ah, monellaccia... Non è educato sputare in faccia alle persone anziane... Lo sai questo, vero?
Lei non rispose. Hojo estrasse un piccolo coltello, ed Arthur dovette trattenere Rocky perchè non gli si lanciasse addosso in un silenzioso quanto letale assalto. Hojo posò la punta del coltello sul collo di Terra. Si formò una piccola goccia di sangue, che iniziò a gocciolare sul tavolo.
Hojo: Io cercherei di essere accomodante, se fossi in te.
Il coltello scese lentamente, fino al camice. A quel punto la ragazza emise un mezzo sussulto. Il coltello proseguì, tagliando il primo bottone, il secondo, il terzo... In un attimo tutti i bottoni furono tagliati. Ora si vedeva la maglietta rosa acceso di Terra. Hojo posò una mano sulla pancia della ragazza. Sembrava che la accarezzasse, ma c'era qualcosa nel suo modo di fare, nei suoi occhi avidi, che non poteva non risultare inquietante. A quel punto Rocky non riuscì più a controllarsi, si liberò della presa di Arthur e si lanciò giù dalle scale. Colpì Hojo con una spallata, spedendolo contro il duro e freddo pavimento.
Terra: Ma... Cosa... Rocky?
Rocky: Sono qui. Va tutto bene?
Terra: Rocky, cosa... Come... Io... Sei tornato per me?
Rocky: Certo, credevi che ti avrei lasciata qui?
Si avvicinò alla ragazza, alzò la katana e spezzò una dopo l'altra tutte e quattro le catene che immobilizzavano i suoi arti, poi l'aiutò ad alzarsi.
Rocky: Quando ho visto che non uscivi dopo di me... Ho pensato il peggio...
Terra: Sei stato un incoscente, avrei potuto essere uscita da un'altra via...
Rocky: Io... Non ci avevo pensato...
Lei gli saltò praticamente addosso, e lo baciò appassionatamente.
Arth: Ehi, piccioncini... Non vorrei disturbare, ma non credo che abbiamo molto tempo...
Loro si staccarono e sorrisero.
Terra: Grazie, comunque...
Rocky la prese per mano. Poi si rivolse ad Arthur, indicando Hojo.
Rocky: Che ne facciamo di lui?
Arth: Lascialo lì, a marcire. Noi non abbiamo tempo per preoccuparci anche di lui...
Poi iniziò a risalire le scale, in modo da non lasciare spazio a repliche. Rocky strinse la mano di Terra, e lo seguì brandendo la katana sguainata nella mano destra, sempre seguito da Wind, Cloud e l'adulto sè stesso. Percorsero la stessa strada che avevano fatto all'andata all'incontrario, ma la mancanza di nemici lungo il tragitto fece commettere loro il fatale errore di abbassare la guardia. Uscirono dalla porta ancora sparati a mille dalla corsa appena compiuta, ma vennero bloccati. Il berserker, di cui si erano completamente dimenticati, li stava intercettando, correndo in direzione opposta alla loro, e facendo tremare la terra sotto i loro piedi.
Arth: Oh, no... Il berserker...
Questo si era piazzato davanti al cancello. Arthur alzò il fucile ed iniziò a sparare, mirando alle giunture. Non fece danni rilevanti, ora il robot emetteva qualche scintilla occasionale dal braccio destro, ma riusciva comunque a muoverlo. Alzò il suo bazooka, e Rocky si lanciò contro di lui, in un atto più disperato che eroico.
Arth: Rocky, NO!
Terra: ROCKY!!
Egli saltò, e con sua sorpresa in un batter d'occhio si ritrovò all'altezza dell'arma, cioè più o meno dieci metri d'altezza, senza sforzo. Era talmente stupito che per un attimo rimase immobile in aria, con gli occhi spalancati. Si accorse che delle fiammette verdi attraversavano tutto il suo corpo. Poi alzò la katana con decisione, e troncò di netto l'enorme canna del bazooka. Poi atterrò goffamente, rischiando di cadere.
Arth: Ma... Come ci sei riuscito?!?
Rocky: Io... Non lo so...
Terra: Dev'essere il...
Rocky:... Il...?
Terra: Te lo spiego più tardi... Stai attento!
Rocky si spostò appena in tempo per evitare che il pugno del robot lo schiacciasse al suolo. Arthur sparò un paio di colpi sul vetro che si trovava alla sommità del corpo, dove probabilmente alloggiava il pilota, e lo crepò leggermente.
Arth: Dannazione, è antisfondamento.
Il robot allungò il braccio con uno scatto che non poteva che essere stato azionato da un meccanismo a molla o qualcosa del genere, per quanto era veloce. Afferrò Arthur per una gamba, e lo scaraventò con violenza contro l'edificio che stava alle loro spalle, dalla quale stavano scappando. Lui volò, come a rallentatore, e si schiantò facendo risuonare nell'aria il suono macabro delle ossa che venivano spezzate.
Rocky spalancò gli occhi, e lo guardò cadere a terra inerme. Cadde come un sacco patate sul duro asfalto. La sua schiena assumeva una posizione decisamente innaturale.
Rocky cadde con le ginocchia al suolo, e Terra gli si avvicinò, abbracciandolo.
Rocky: E'... E' morto...
Terra: Rocky... Rocky...
Rocky si alzò in piedi, e ricambiò l'abbraccio di Terra. Con una voce che non somigliava per niente alla sua, le parlò.
Rocky: Stammi vicina.
Lei continuò ad abbracciarlo, un po' stupita da quella voce bassa, così innaturale. Lui si portò una mano sull'occhio sinistro, che ora gli faceva un male terribile. Gemette, e continuò a tenersi l'occhio, mentre il berserker faceva un passo verso di lui. Rocky si teneva ancora la mano premuta sull'occhio, Terra aveva chiuso gli occhi, e si stringeva a lui. Il berserker era a pochi metri da loro. Alzò in alto una gamba, per pestarli, e a quel punto Rocky tolse la mano dall'occhio. Sulla tempia erano apparsi dei segni che ricordavano un lungo drago-serpente stilizzato, che continuava fino alla guancia. L'iride dell'occhio, da ambrato era passato ad un verde acceso. Il ragazzo stava stringendo i denti dal dolore, e si notava che il canino sinistro era diventato più lungo dell'altro di almeno mezzo centimetro. Dalla schiena del ragazzo spuntarono due arti strani, che strapparono la maglia. Erano un incrocio fra ali da pipistrello e pinne. Cloud sentì un brivido percorrergli la schiena, poi la voce di Rocky dentro la sua testa.
"Orribile, eh? Lo so... -Cloud lo guardò, stava sorridendo- Ma utile, lo ammetto..."
Tutto questo era accaduto in una frazione di secondo, e subito dopo un lampo di luce verde si propagò per tutto l'immenso spazio asfaltato che divideva i cancelli dalla struttura. Rocky vide il berserker che si sgretolava, stupito, poi tutto si fece nero, sia per lui che per i nostri tre spettatori.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
-Antro dei ricordi-

Wind, Cloud e Rocky si ritrovarono ancora una volta nel luogo chiamato da Wind "L'antro dei ricordi". Dopo un attimo di silenzio generale, Rocky allargò le braccia.
Rocky: Ehm... Ta-daah!
Cloud:... E dopo? Cos'è successo? Devo...
Rocky: Woho! Frena, sputafuoco! Non sei curioso di vedere prima i tuoi ricordi? A quanto mi risulta... Li hai persi tutti, non è così?
Wind: E poi sappiamo cosa succede quando ci si lascia prendere dalla fretta... Non è vero, Black Cloud?
Cloud chinò il capo, e lentamente annuì. Ma la sua sete di conoscenza non riusciva a placarsi. E non aveva ancora avuto la risposta definitiva: Rocky e Terra, ce l'avevano fatta o no? Per quanto ne sapeva, Rocky avrebbe potuto essere intrappolato in questo spazio vuoto da molto tempo... Poi decise che forse i suoi due compagni avevano ragione, ed iniziò a pensare a cosa fosse successo dopo. Si formò un'immagine, ma non apparve in fila dietro le altre. Evidentemente era apparso anche nella testa di Wind, perchè anche lui ebbe un lieve sussulto. L'immagine di un Cloud ed un Zack un po' più grandi, sui dieci anni. Il ciuffo di Zack raggiungeva più o meno la sua guancia. E Cloud ricordò che in quella occasione, avevano trovato nel garage l'enorme spadone del padre. Si ricordava che lui lo prese in mano e lo seppe usare con maestria dal primo momento, al pari di un ramoscello. Zack, sbalordito, aveva giurato che da quel momento si sarebbe allenato ogni giorno, per diventare bravo come Cloud e suo padre a maneggiare quell'abnorme strumento. Mantenne fede al giuramento, e si allenò ed imparò ad usarla, e la usò fino al giorno della sua morte. Poi la passò a Cloud, che si rese conto solo ora di averla persa.
"Ma che cosa succede?" La voce di Wind risuonò nella sua testa. Cloud si girò a guardarlo, e scrollò le spalle. Rocky li guardava perplesso, evidentemente lui non aveva visto nulla.
Rocky: Qualcosa che non va?
Cloud: Non... Non appare lo schermo nero del prossimo ricordo... Io... Credo di ricordarmelo già.
Wind: Vai avanti.
Cloud: Cosa?
Wind: Vai avanti. Prova il prossimo ricordo.
Cloud si concentrò. Vide la tristezza, la tomba nera del padre di Zack, ed una copia dodicenne di sè stesso che assisteva con le lacrime agli occhi. Il figlio del defunto, della stessa età di Cloud, piangeva vicino alla tomba, con la madre che gli si aggrappava alla spalla, senza riuscire a fermare le lacrime. Sì, certo, ricordava anche quello.
Ma ancora niente schermi neri. Guardò Wind, che scrollò le spalle.
Wind: Perchè appaiono solo nella nostra testa?
Cloud: Io... Credo... Di aver finito.
Wind: Finito... Intendi che da qui in poi ti ricordi tutto?
Cloud si sforzò leggermente, e vide passare delle immagini in rapida successione nella sua testa. Il funerale di Max, la prima occasione in cui aveva incontrato una Lightning di più o meno sei anni... Il ciuffo di Zack che si allungava, ora sfiorava le labbra... Zack che riesce ad usare lo spadone del padre... Il funerale di Jocelyn... Il ciuffo di Zack che raggiunge il mento... Loro due che entrano nella Resistenza... Lui ritrova Tifa, e capisce i suoi sentimenti per lei... L'Imperatore Gabriel che muore, e Cid che lo sostituisce... Zack che muore e passa la spada a Cloud... Cloud incontra Manuel e Lightning... Il loro viaggio... E la sua fine. Si rese conto di non sapere nemmeno se ce l'avessero fatta o meno. Guardò Wind negli occhi verdi, che ricordavano molto quelli di Manuel.
Cloud: Mi ricordo tutto. E tu?
Wind iniziò a pensare, posandosi una mano sul mento ed aggrottando la fronte. Si ricordava che da quando aveva raccontato la sua storia all'Imperatore, era stato preso in custodia da dei ricercatori imperiali, che lo avevano cresciuto freddamente, senza amarlo. Poi ricordava il giorno in cui gli avevano detto che era solo un frammento di anima, dentro un corpo fotocopiato da un altro bambino. La delusione, la tristezza, la rabbia. L'ex-giudice si fermò un secondo, solo per appurare che non era apparso nessuno schermo nero. Quindi continuò a disporre immagini nella sua mente. Quando conobbe Manuel, la sua nomina a Giudice, la nomina di Cid, l'assassinio di Kain ed il suo contributo nell'avventura di Cloud, Manuel e Lightning, contro il Behemot, quando li fece entrare a Gaudium, e per finire l'epico scontro che aveva avuto con Cloud su uno dei punti più alti del castello imperiale.
Wind: Mi ricordo tutto. Ce l'abbiamo fatta, Black Cloud.
Cloud azzardò addirittura un mezzo sorriso, che somigliava molto di più ad una smorfia dovuta ad un improvviso dolore intestinale. Wind invece sorrise, senza mostrare i denti e chiudendo leggermente le palpebre, esprimeva quasi sollievo. Ce l'avevano fatta sul serio, dopotutto.
Rocky: Avete recuperato i vostri ricordi perduti?
A mo' di risposta, tutti gli schermi che si erano creati fino ad ora svanirono nel nulla, per andare ad archiviarsi nelle teste di Cloud e Wind, e lo spazio circostante rimase completamente vuoto, a parte per lo schermo creato da Rocky, poco prima.
Rocky: Lo prendo come un sì, quindi... -agitò leggermente una mano, e l'immagine nello schermo che aveva creato andò a sostituirsi con uno schermo completamente verde, evidentemente era la luce della vampata che aveva spazzato via il berserker, ancora impressa nell'aria- ... Presumo che non ci siano più altri motivi per negarvi questo ricordo...
Cloud: Aspetta... Tu come fai a mostrarci i tuoi ricordi? Insomma... Mentre vedevo quelle immagini non appariva nessuno schermo. Credevo che fosse perchè me le ricordo già, però... -si ricordò di quella volta, prima di iniziare quella maratona di ricordo in ricordo, aveva fatto apparire lo schermo che mostrava l'avventura sua, di Manuel e di Lightning- ... Oh... Già... In quell'occasione desideravo mostrare a Wind che me la ricordavo... E' così?
Rocky: Uh? Non lo so di preciso. Ho semplicemente pensato di mostrarveli, e sono apparsi. Tutto qui.
Cloud: Sì, capisco.
Wind: Allora, vogliamo andare?
I due si girarono a guardarlo, un po' stupiti. Non era da Wind essere così impaziente.
Wind: Anche io sono curioso di sapere cosa è successo.
Rocky: Bene, allora andiamo!
Saltò con agilità dentro lo schermo, e Wind lo seguì. Cloud si lanciò dopo di loro, ancora un po' perplesso per l'impazienza che apparteneva molto più a lui che a Wind. Diventavano sempre più simili... Che fossero vicini a tornare uno solo?
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Penultimo episodio.

-Laboratorio di Hojo-

Terra: Ehi, Rocky, ROCKY!
Il ricordo era ancora leggermente sfocato, e la voce di Terra rimbombava leggermente. Poi di colpo i dettagli furono di nuovo visibili, e poterono vedere gli occhi umidi di Terra e la sua espressione preoccupata. Aveva le mani sulle spalle di un ragazzo dai capelli marroni steso a terra, apparentemente privo di sensi. Pioveva. Le labbra del giovane Rocky si inarcarono in un leggero e tremolante sorriso. Poi riuscì ad aprire leggermente gli occhi, e ricambiò lo sguardo della ragazza china su di lui. Lei socchiuse gli occhi, sollevata, e ricambiò il sorriso del giovane.
Rocky: Ehm... Ta-daah!
Terra: Oh, piantala...
Si chinò su di lui, e lo baciò. Rimasero immobili sotto la pioggia insistente per alcuni minuti, i capelli ed i vestiti fradici e pesanti, doloranti alle giunture per la stanchezza, ma felici. I pezzi del berserker erano sparsi in tutta la zona circostante, non più grandi di un pugno. Si era formato anche un largo cratere profondo alcuni centimetri, era come se il pavimento fosse affondato. Delle lunghe crepe partivano da sotto il corpo del ragazzo, e proseguivano per un centinaio abbondante di metri. Le labbra dei due ragazzi si staccarono, ed i due rimasero per un po' abbracciati. Ce l'avevano fatta, erano riusciti a distruggere il nemico, ed ora la strada era libera. I due si separarono, e si alzarono in piedi. Guardarono il cancello: era accartocciato su sè stesso, e lasciava libero il passaggio. Rocky chinò il capo improvvisamente.
Rocky:... Arthur...
Terra:... ... Mi dispiace...
Rimasero un po' in silenzio, con la testa china. Poi Rocky prese per mano Terra, ed alzò lo sguardo.
Rocky: Forza, dobbiamo andare. Non siamo ancora al sicuro, qui.
Terra annuì, ed insieme a Rocky si avviò fuori dal cancello di corsa. Una volta fuori, Rocky la condusse alla moto di Arthur, ma arrivati davanti esitò. Poi ci salì sopra e fece cenno a Terra di salire dietro di lui.
Rocky: Tieniti stretta, mi raccomando.
Terra annuì, e Rocky girò la manopola dell'acceleratore con decisione, e per il primo attimo stette ad assaporare il suono del motore. I vestiti bagnati gli si appiccicavano al corpo, e la katana nera appesa alla gamba sinistra ondeggiava leggermente.
Terra: La sai guidare?
Rocky: Non ti preoccupare, io so pilotare qualsiasi cosa. Dove andiamo?
Terra: Sai dov'è Tavis? Io abitò lì...
Rocky: Certo, ma ci vorrà un po'... Preparati ad un lungo viaggio.
La ragazza sembrò rilassarsi, e chiuse gli occhi. Rocky mise in moto e, dopo una brusca curva, partì lasciandosi indietro il tetro laboratorio. Tutto si fece improvvisamente buio.
---​
I tre si ritrovarono in una cittadina dall'aspetto povero, con pochi abitanti che camminavano qua e là.
Cloud: Come mai siamo passati al successivo? Non dovremmo tornare nello spazio vuoto di prima?
Rocky: Ma è sempre lo stesso ricordo... Ho solo voluto evitare di seguire la moto per tutto il tragitto, vi ho portati direttamente qui...
Wind: Non sapevo si potesse farlo.
Rocky: Nemmeno io, ho provato a pensare di saltare il viaggio, ed è andata bene... D'altronde è un mio ricordo, no? Sono io che comando qui...
Rise per un po'. Nella cittadina si respirava una certa allegria, quell'allegria che si percepisce in quei posti dove tutti si conoscono e si vogliono bene. Appena entrati, Rocky rallentò, e si rivolse a Terra.
Rocky: Dove ci fermiamo?
Terra: Laggiù -indicava un condominio arancione- è dove abito io.
Rocky, sempre mantenendo una velocità controllata, raggiunse il vicino palazzo indicato da Terra. Frenò dolcemente, scese ad aiutò la ragazza a fare lo stesso. Non che ne avesse bisogno, ma per cavalleria lo fece lo stesso. Cloud, Wind e Rocky li avevano seguiti correndo, ed ora si erano fermati con loro al palazzo. Un uomo in bicicletta, passando, sorrise a Terra.
Uomo: Ciao Terra! Chi è? Il tuo ragazzo?
Terra: Ciao! No, eh...
Rocky: Si, sono io!
L'uomo in bici sorrise e salutò di nuovo, e proseguì la sua corsa. Terra si girò di scatto verso di Rocky, che scrollò le spalle con aria noncurante, ed un gran sorriso stampato in faccia.
Rocky: Beh, non lo sono?
Terra sorrise, e gli dette un bacio leggero sulle labbra.
Terra: Non lo so, ancora...
Aprì la porta ed entrò di corsa, seguita da Rocky che rideva. Salirono le scale fino al secondo piano, quindi la ragazza aprì una porta di legno, ed entrò di corsa in casa sua. Lasciò entrare Rocky, poi chiuse la porta.
Terra: Beh, casa mia.
Rocky: Carina!
Sorrise. Le pareti erano di un allegro giallo canarino. C'erano un modesto divanetto rosso, ed un tappeto blu scuro al centro di quello che sembrava il salotto. Poi un televisore piuttosto piccolo, davanti al divano, sopra un mobiletto nero. Dietro il divano c'era un tavolo di legno e delle sedie del medesimo materiale. La ragazza ne scostò una, e si lasciò cadere sopra. Poi invitò Rocky a fare altrettanto, e lui non se lo fece ripetere due volte.
Rocky: Tu sai... Cosa ci hanno fatto? Voglio dire... In cosa consistevano gli esperimenti a cui siamo stati sottoposti?
Terra lo guardò con aria addolorata. Si scostò un ciuffo dalla fronte, poi parlò.
Terra: Come avrai notato c'erano tre diversi esperimenti. Kuro, Odstarva e Unlimited. Iniziamo dalla Kuro. Conosci la leggenda del drago Misuto?
Rocky: Quel drago... Che si è piegato alla volontà di quel guerriero senza nome? Per sconfiggere il Chaos?
Terra: Proprio quello. Beh, vedi... Non so se abbia davvero combattuto il Chaos, ma il guerriero è esistito davvero, e siamo riusciti a procurarci il suo DNA, e lo abbiamo applicato a dei soggetti ancora in fase di crescita, che potevano quindi adattarsi bene... Cioè i bambini. Oh, Rocky... Io non volevo... Credevo... Che sarebbe stato d'aiuto per tutti... Invece... Poi... Ho capito... Mi dispiace, Rocky... Mi dispiace...
Rocky si alzò, ed andò a sedersi vicino alla ragazza, ormai in preda ai singhiozzi. Le posò una mano sulla spalla, ed una sulla schiena.
Rocky: Terra... Ehi... Lo so che non ne avevi intenzione...
Terra: Erano... Erano solo dei bambini...
Rocky: Terra... Vai avanti, ti prego...
Lei si asciugò le lacrime, poi assunse un espressione più determinata.
Terra: Hai ragione scusa. Allora... Il secondo esperimento... Quello che hai fatto tu, l'Odstarva. La leggenda di Odstarva... Te l'ho raccontata, non è vero? -Rocky annuì- Quindi ti ricorderai che Odstarva aveva nel suo corpo la forza del drago Leviatano... L'esistenza di Odstarva non è ancora stata confermata, ma il Leviatano esiste, e ci siamo procurati delle sue cellule. Ed ora quelle cellule... Sono dentro di te, e sono quelle che hanno causato l'esplosione verde e quelle... Cose... Che ti sono spuntate dalla schiena...
Rocky: Capisco...
Si portò una mano al cuore, come se avesse paura di sentire un piccolo Leviatano muoversi dentro la cassa toracica. Era diventato improvvisamente più pallido. Non succedeva tutti i giorni di sapere di avere un pezzo del leggendario Leviatano dentro di sè.
Terra: Rocky... Stai bene?
Rocky: Mai stato meglio... Mi sento... Un drago...
Rise debolmente alla sua battuta, ma la ragazza non accennò neppure un sorrisetto. Era molto preoccupata.
Terra: Spiritoso... Davvero, non sembri stare molto bene...
Rocky: Ho appena scoperto di avere cellule di Leviatano che brulicano nel mio organismo... Ci farò l'abitudine, vai avanti. Cos'era la Unlimited?
Terra: Beh... Per quella... Hojo dice che aveva trovato... Un frammento del Chaos.
Rocky: Un frammento del Chaos? Ma... Il Chaos non era il nemico di Odstarva e dell'altro guerriero della leggenda?
Terra: Esattamente quello. Il Chaos è... Il male, l'entità che rappresenta tutto quello che di malvagio c'è in questo mondo, l'odio ed il dolore.
Rocky: E Hojo ne aveva davvero un frammento?
Terra: A quanto pare... Sì.
Rocky: Ma non c'è il rischio che un'entità così malvagia... "Contagi" in qualche modo la cavia sottoposta a quell'esperimento?
Terra: Non lo so. I progetti per la Unlimited erano molto confusi. Comunque prevedevano un aumento della forza fisica, la possibilità di scagliare magie... Che non esistono, per quanto sono potenti, e poi... Un'aumento esponenziale dell'intelletto.
Rocky: Impressionante... E per me e Cloud?
Terra: Per Cloud... Aumento della forza fisica, dell'agilità e poi... La possibilità di controllare il drago Misuto. Ma poi è uscito quell'altro bambino... E non so come sia finita. Per te... Aumento dell'agilità, della forza fisica e poi... Beh, puoi usare quella specie di vampata verde che hai usato anche contro il berserker. Ma non so se è completo, non hai assimilato tutte le cellule... E meno male... Chissà cosa poteva succederti...
Rocky: Beh, forza fisica... -Provò ad alzare il tavolo, ma riuscì a tenerlo sospeso pochi centimetri per pochi secondi- ... Forse sono un po' più forte, ma non molto. Sono ancora nei limiti umani.
Terra: E questo è un bene.
Rocky: Sono d'accordo...
Poi rise, e contagiò anche Terra. Risero per un po', senza neppure sapere perchè. Per un insieme si fattori che contribuivano a farli sentire felici. Erano vivi, erano insieme, erano al sicuro... Ce l'avevano fatta davvero, alla fine.
Rocky: Allora...
Terra lo guardò con gli occhi verde acqua socchiusi, curiosa. Lui si alzò in piedi, e così fece lei.
Rocky:... Dicevi... Che non sono il tuo ragazzo, eh? Vediamo... Se riesco a farti cambiare idea...
L'abbracciò, ed iniziò a baciarle il collo. Lei lo respingeva, ridendo.
Terra: Ah, ma no dai... Smettila...
Ma poi si lasciò andare, anzi, trascinò lei stessa Rocky davanti al divanetto, dove si lasciò cadere sotto il peso di lui. Tutto si fece improvvisamente buio. Cloud e Wind si girarono a guardare l'adulto Rocky vicino a loro.
Rocky: Credo che mi perdonerete, se questa parte non ve la faccio vedere...
Cloud: Peccato, si faceva avvincente...
I due si girarono a guardarlo, sbalorditi.
Wind:... Era una battuta, quella?
Cloud scrollò le spalle, e Rocky sorrise.
Rocky: Dobbiamo festeggiare! Champagne? Oh, l'ho dimenticato su Ivalice...
---​
Si ritrovarono di nuovo in quell'enorme spazio vuoto.
Rocky: Finito! Ora sapete com'è andata.
Cloud: E da quel giorno hai sempre vissuto lì?
Wind però fece una piccola risatina, senza lasciare il tempo a Rocky di rispondere.
Wind: Ecco cosa intendeva con "... Vi dico subito che anche se sopravvivessi non tornerò. Ho delle... Altre cose da fare..."
Cloud: Uh, già... Ecco perchè non sei tornato a prendermi... Non lo volevi un figlio, eh?
Rise per un po' insieme a Wind. Rocky li lasciò ridere, e quando finirono, parlò con voce calma e paziente, sempre con quel suo sorriso disegnato sulle labbra.
Rocky: Che spiritosi... Non ho vissuto per sempre lì, anzi. Me ne sono andato dopo una settimana. Avevo davvero delle cose molto importanti da fare... Ma non vi dico cosa, per dispetto.
Fece una linguaccia, ed ignorò Cloud che lo tormentava per sapere in cosa consistessero queste "cose". Wind rideva, lui lo aveva capito fin troppo bene. Alla fine Cloud si arrese.
Cloud: E come mai sei qui?
Rocky: Oh, beh... Credo di essere un pochino morto... O perlomeno sono intrappolato qui, da quando il mio corpo è stato ridotto ad una poltiglia informe...
Cloud: Il tuo corpo è stato cosa?!?
Rocky: Oh, beh... Sai... -indicò la tuta- ... Quando si fa un lavoro come il mio...
Cloud: Perchè? Che lavoro facevi?
Rocky: Cosa? Non l'hai ancora capito davvero? Credevo che scherzassi quando mi chiedevi cosa dovevo fare di così importante... Oh, santo cielo...
Wind: Perdonalo, quando ci siamo divisi... Il cervello è dentro la mia metà.
Cloud: Tu che fai tanto lo spiritoso... L'hai capito?
Wind: Ovvio che l'ho capito, e mi sembra strano che tu non ci arrivi. Ti do qualche indizio? Odstarva... Il Leviathan... Quei lampi verdi...
Rocky: E... -indicò ancora la tuta, con più enfasi- ... La tuta da pilota... Andiamo, è facile adesso...
Cloud: Un momento... Rocky... Tu sei... Odstarva? Il pilota del Leviathan?
Rocky: Beccato. -Sorrise- E' un piacere conoscerti, Cloud.
Cloud: Incredibile...
Wind: Tu sei incredibile, Black Cloud. Come sempre, del resto.
Rise alla sua affermazione, accompagnato da Rocky. Cloud era ancora a bocca aperta per la rivelazione-shock.
Wind: Beh, direi che ora che tutti abbiamo i nostri ricordi...
Rocky: Io non li avevo persi...
Wind:... Beh, ce li hai, no? Dicevo... Ora che tutti abbiamo i nostri ricordi... Direi che possiamo anche andare.
Cloud: Andare... Dove?
Wind: Avanti.
Rocky: Avanti dove?
Wind: Dovunque vogliate.
Rocky: E come si fa?
Wind: Desideralo. Fanne la tua ragione di vita.
Rocky si concentrò, intensamente. Quello che desiderava di più era... Il suo corpo si dissolse in miliardi di quelli che sembravano granelli di sabbia, improvvisamente, lasciando Cloud a bocca aperta.
Wind: Ora tocca a te. Anzi... -gli posò la mano destra sul petto- ... A noi. Abbi cura di te, Black Cloud, e sappi che io vivrò sempre nel profondo della tua anima.
Detto questo svanì, esattamente come aveva fatto Rocky poco prima, ma questa volta la "sabbia" entrò nel corpo di Cloud. Questi si concentrò su quello che desiderava più di ogni altra cosa, in quel momento, e all'improvviso tutto si fece improvvisamente buio.
...Tifa...
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Ecco, finalmente l'ultimo episodio, ho finito di postare questa maledettissima fic.

-Bosco Molboro-
--Ruscello--

Un ragazzo con il volto magro ed i capelli di un nero spaventoso correva in una piccola radura, verso il ruscello, tenendo per mano una ragazza con i capelli biondi, leggermente sfumati di rosa. Entrambi ridevano. Gli occhi di lui erano di un verde stupefacente, che sembrava emanare luce propria, mentre lei aveva dei meravigliosi occhi azzurri in cui perdersi. Lui aveva le labbra carnose, lei sottili. Continuarono a correre, fino a che non furono a pochi metri dal ruscello.
Manuel:... Te lo ricordi, questo posto?
Era vestito con una camicia bianca a maniche corte, ed un paio di jeans che arrivavano al ginocchio, ed un paio di scarpe di velluto bianco, con la suola alta in gomma.
Lightning: Certo. E' dove mi hai medicato la caviglia per la prima volta... Vero?
Lei era vestita con una canottiera bianca, un paio shorts jeans, che lasciavano quasi tutta la coscia scoperta. Ai piedi, degli stivali magenta con la fibbia d'oro.
Manuel: Esatto. E questa -si sedette su una grande roccia liscia- è la roccia dove eri seduta tu. Te lo ricordi?
La ragazza si sedette sulle gambe del ragazzo, incrociandole con le sue. Gli mise le mani intorno al collo, e gli diede un bacio leggero e veloce sulle labbra.
Lightning: Certo, che me lo ricordo...
Poi di due si baciarono appassionatamente, e la ragazza iniziò a sbottonare, uno dopo l'altro, tutti i bottoni della camicia bianca di lui, con foga, con l'aria di qualcuno che ha già aspettato fin troppo per fare quello che aveva intenzione di fare adesso. Quando anche l'ultimo fu sbottonato, la ragazza passò delicatamente l'indice sul corpo del ragazzo, partendo dal petto e scendendo sempre più giù. Era arrivata circa alla pancia, quando si fermò di botto, ammonita da un rumore improvviso vicino a loro. Le loro labbra si staccarono, ed entrambi voltarono la testa di scatto verso la fonte del rumore, il ruscello. L'acqua sembrava bollire, c'erano molte bolle e schizzi ovunque. I ragazzi si alzarono, e raggiunsero la riva.
Videro qualcosa di scuro e confuso che emergeva, come un cumulo di sabbia. Poi assunse una forma più definita, una forma umana. I ragazzi guardavano sbalorditi, Manuel aveva ancora la camicia sbottonata. Finalmente emerse del tutto, ed iniziò a galleggiare: era un ragazzo vestito con una maglietta a maniche corte di uno spento colore bordeaux, un paio di spalline di mithril ed un paio di jeans scuri leggermente attillati. I suoi capelli color paglia erano disposti in un'indimenticabile, bizzarra pettinatura.
Manuel: C-Cloud...?
Cloud: Dammi una mano.
Manuel, con gli occhi spalancati, tese la mano destra allo spadaccino, che l'afferrò e con essa si alzò, con i piedi ancora immersi nel ruscello, che per fortuna era poco profondo, ed aveva il letto duro e roccioso che permetteva ai piedi di non affondare.
Lightning: Cloud... Sei proprio tu?
Cloud: Sono io. Sono tornato.
Fece per uscire dall'acqua, ma Manuel lo fermò.
Manuel: E quella?
Cloud guardò l'oggetto che Manuel gli indicava, e rimase sbalordito: era la spada di Zack. Si chinò a raccoglierla, e... Non ci riuscì. Ci riprovò, impugnò con forza l'elsa della spada, e tirò con tutte le sue forze. La trascinò solo per pochi centimetri. Rimase a bocca aperta. Aveva perso i suoi poteri. Accidenti, Zack si era allenato davvero tanto, per poterla usare...
Cloud: Manuel... Dammi una mano a sollevarla, per favore.
Manuel: Beh... Benvenuto fra i comuni mortali, amico.
"Amico"... Cloud pensò a questa parola, mentre sollevava la spada insieme a Manuel. Non era la prima volta che Manuel gli si rivolgeva in quei termini. Lo spadaccino si lasciò sfuggire un sorriso distratto. Manuel per poco non si fece sfuggire la spada dalla sorpresa.
Manuel: Cloud... Stai sorridendo, per caso?
Lightning: Ma cosa ti è successo? Sembri... Diverso.
Cloud: Sono diverso. Ma ora non ho proprio voglia di raccontarvi tutto. Più tardi ne riparleremo, ok?
Manuel:... Ok. Dove la dobbiamo mettere, la spada?
Cloud: Portiamola alla riva. Al mio tre la solleviamo. Uno, due e... Tre.
I due la alzarono, e la trasportarono sulla riva, senza però posarla a terra. Cloud guidò Manuel, in modo che la spada pendesse con la punta verso il basso.
Manuel: E adesso?
Cloud: E adesso... Giù.
I due spinsero lo spadone verso il basso, insieme, e quello si conficcò nel terreno per almeno mezzo metro. Manuel sospirò.
Manuel: Uff! Fatta...
Cloud: Manuel... Devo vedere tua sorella.
Manuel: Tifa? Non c'è problema... Seguimi, andiamo...
Manuel guardò Lightning, anche lei era sbalordita, da quel folgorante ritorno di Cloud. Il ragazzo dai capelli neri le sorrise, e mimò con le labbra "E' tornato.", scrollando le spalle come se fosse una cosa normale. Lei sorrise, e lui ricambiò.
Cloud: Andiamo, allora?
Manuel: Cloud... Sei tornato!
Lightning: Non ci posso credere...
Cloud sorrise, stupendo ancora Lightning e Manuel. Lanciò un ultimo sguardo alla spada, prima di voltarsi verso l'uscita del boschetto.
Cloud: Sono qui. E questa volta... Credo che ci rimarrò.
Lightning: Bentornato, Cloud.
Manuel: Bentornato.
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Bussarono alla porta. Una donna, sui quarant'anni, stava lavando i piatti in una cucina poco illuminata. Con le mani ancora bagnate, ed un piatto in mano, uscì dalla cucina ed entrò nel salotto. La luce che filtrava dalla finestra illuminò l'insolito colore verde brillante dei suoi capelli, ed i suoi occhi acquamarina. Attraversò anche il salotto, ed aprì la porta di legno.
Il rumore del piatto che si infrangeva al suolo risuonò sordo nell'aria.

FINE​
 
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