Allora, quest'opera è un "prequel" ai tre episodi precedenti. E' un racconto piuttosto lungo ed articolato, strutturato in episodi. Li posto tutti in questo messaggio, poichè li ho scritti tutti con WORD e non ho voglia di fare un capitolo a messaggio, sennò mi dimentico :>.
Come vi dicevo è un prequel a: LA GUERRA DI ROEL, scritto da me dopo quegli episodi, quindi spero che la qualità sia migliore.
Fatemi sapere che ne pensate, e non spaventatevi dalla lunghezza, nonostante tutto è molto scorrevole... Grazie della pazienza
LA FURIA DELLA TEMPESTA
Accadeva ancora.
Nelle terre al di là delle montagne nere, nella terra di Roquenfor, Re Jarod di Triokre ordiva i suoi piani ancora una volta. Era già accoduto secoli prima che i cavalieri delle Fenici si fossero scissi dal grande impero e avessero dichiarato la guerra totale, ma la guerra vera e propria non era mai scoppiata in più di dieci anni.
Il regno di Roquenfor è tuttora indipendente, ma la guerra si sta avvicinando. La cova delle uova di Fenice era quasi ultimata, altri cinque esemplari di quelle magnifiche creature stavano per essere approntate per i valorosi guerrieri, dopo trent'anni di clausura all'interno dei gusci opalescenti. Erano stati addestrati alla perfezione. Ogni singola mossa che questi guerrieri portavano in un duello era di sicuro un colpo a segno. Letali, precisi, armoniosi. I Kra-tur, i guerrieri scelti, l'élite dell'esercito dei ribelli. Era una settimana da quando Neele era stato ordinato Kra-tur di grado primo, degno cioè di cavalcare uno dei maestosi volatili infuocati. Era un puro caso che le uova stessero per schiudersi. I cavalieri che erano appena stati ordinati erano per l'appunto cinque, tutti di nobile stirpe e gloriosa tradizione. Rigidi nella loro leggera armatura grigio-argentea sembravano tante statue, poste alla guardia delle uova. Un grido, una fiammata, la parola magica del Klytt, il capo degli anziani, un rumore sordo, una luce accecante e poi, silenzio. Neele era fermo, il cuore era rigonfio di orgoglio. Un pigolio si sent' provenire dalle uova. Cinque piccoli pulcini di Fenice erano appena nati. Dato l'enorme potere di queste creature, un anno soltanto sarebbe loro voluto per giungere allo stadio in cui un cavaliere puo montare con comodità. I cinque pulcini iniziarono a muoversi per raggiungere il cavaliere da loro scelto decenni prima. Un piccolo dal piumaggio giallo dorato si avvicinò a Neele. Il pulcino aveva profondi occhi verdi, al loro interno si poteva quasi scorgere la fiamma che bruciava all'interno di queste maestose, seppur per ora indifese, creature. Neele e il piccolo ebbero un fugace scambio di sguardi, subito dopo il cucciolo saltò fino ad appllaiarsi sulla spalla di quello che da ora in poi sarebbe stato il suo padrone. Era giunta l'ora della cerimonia della nominatura dei "futuri destrieri". Come lo chiamerò, si chiedeva Neele, ma in cuor suo lo sapeva da molto tempo. Dopo molte parole cerimoniose, Klytt chiese ad ognuno dei nuovi cavalieri il nome con cui consacrare le Fenici agli Dei. Eske, Tjalja, Flaerur, Tear furono i nomi scelti dai compagni di Neele. "E tu, cavaliere Neele, furono le parole di Klytt, con che nome hai intenzione di consacrare la compagna che sarà per te più della tua vita? La Fenice che vivrà con te e che ti servirà?" Neele aveva le lacrime agli occhi a causa del momento di emozione che stava vivendo. "Esmerald, si chiamerà Esmerald".
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L'allenamento era durissimo. La leggera armatura di colore blu quasi cristallino era ancora perfettamente integra. Oggi toccava a lui difendersi da quattro attacchi in simultanea. Con la sua fidata Messiah parò il colpo alle spalle e lui, girandosi volteggiando su se stesso, parò i fendenti che arrivavano in contemporanea. Era un caldo pomeriggio d'estate, il suo mantello nero era adagiato accanto alla coroncina sulla panca di marmo, nell'accademia dull'isola Magna, al centro del lago della capitale, Dragonya. L'allenamento finì con un scudo di ferro ammaccato e tre spade corte spezzate a metà dall'eccezionale forma e maneggevolezza di Messiah. La lama blu della spada rispechiava perfettamente l'armatura e la persona che le portavano. I cinque ragazzi si avvicinarono al lago. Le loro armature, ognuna contraddistinta dal fatto di essere stata forgiata con una gemma diversa, furono adagiate sull'erba. Si sporsero sull'acqua e lavarono la lama delle spade come gli era stato insegnato anni addietro. Si rinfrescarono il viso e le braccia, segnate da numerose cicatrici nonostante la giovane età, e si stesero all'ombra del grande cipresso che si stagliava accanto alla piccola spiaggia. Damyan, Merlock, Heklot, Kess e Roel. Erano più di tre anni che si addestravano insieme ai loro draghi, avevano raggiunto un tale livello di confidenza da poter comunicare telepaticamente. Erano i migliori, l'élite dell'esercito dell'impero dei Draghi. E ora che una guerra era nell'aria, cosa poteva innalzare l'adrenalina più del mandare i propri destrieri in ricognizione per temprare la loro resistenza e allo stesso tempo carpire informazioni sul nemico? Le sagome delle potenti bestie spuntarono da una nuvola all'orizzonte, nel tramonto rosso fuoco. Hades, il drago blu di Damyan, Thor, il drago dorato della bella Kess, Terra, la draghessa verde di Heklot, Anubis, il possente drago viola di Merlock, il drago più vecchio dei cinque e poi Archa, l'agile ma possente drago nero di Roel. I sinque draghi si tuffarono nell'acqua prima di risalire ed accovacciarsi sulla riva. Non erano ancora enormi come Zeus, il drago del re, ma era plausibile, poichè avevano ancora soltanto un anno. A dispetto dell'età, però, la loro lunghezza superava i quattro metri e l'apertura alare era quasi pari a sei metri. Erano eleganti e devastanti in combattimento. "Bentornata Terra", telepaticamente fu questo il saluto di Heklot, "quali novità ci portate tu e i tuoi compagni dal confine?" Fu Thor a prendere la parola. La connessione telepatica era stata stabilita, ora era come se si fosse ad una conferenza. "Si stanno intensificando le attività dei Kra-tur rispetto a quando sono nate le uova un anno fa. Grandi prove di guerra stanno tenendo banco con trabucchi e torri d'assedio". "Il confine nord di Roquenfor", continuò Hades, "è pattugliato dai soldati nemici, qualsiasi cosa stanno per preparare, sarà comunque guerra. Inutile dire, continuò Anubis, che siamo stati frecciati dagli arcieri nemici, fortunatamente il fuoco è dalla nostra parte. Possiamo dirci fortunati a non aver trovato maghi, sarebbe stata la nostra rovina". "Concludendo", si intromise Archa, "la situazione è tesissima, la guerra sembra ormai inevitabile". I cinque ragazzi si guardarono in volto preoccupati, non avevano ancora affrontato una vera e propria guerra. Quello sarebbe stato il loro esame più importante.
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La tromba della chiamata mattutina sveglio Neele ed Esmerald dal sonno profondo in cui erano caduti dopo l'allenamento in notturna. La luna quella notte non era stata benevola e non si era mostrata. Era stata una dura prova per Esmerald provare a passare in incognito. L'addestramento era durato solo due ora, ma ci erano volute ben sei ore per ripullire per bene le piume dell'adorata compagna di viaggio. Esmerald si svegliò in fretta euscì dalla tenda. "Ehi, non lasciarmi quì!" Disse Neele. Come a rispondere giocosamente le sue parole furono "prendimi!". Era una fenice troppo attiva per il comitato disciplinare. Quel giorno c'era la presentazione e poi la partenza per la campagna più importante della loro carriera. Arrivò il generale. Era un uomo gretto, forte. aveva un braccio in meno, tutti dicevano che fu colpa di un drago. Neele non ebbe tempo di domandarselo, poichè lui cominciò a parlare. "Voi siete l'èlite!" Iniziò il generale, con molto impeto, "Siete stati addestrati per dieci lunghi anni. Potete fidarvi delle vostre cavalcature come di voi stessi! Conoscete qualunque tipo di manovra, aerea e non! Ora, questo è il giorno più importante della vostra vita! La presa di Cornelia sarà solo il primo passo verso il completo dominio dell'Impero! Rovesceremo il governo di Dragonland e imporremo la nostra disciplina a quei cani rognosi! I loro draghi faranno da schiavi nelle nostre miniere e nei nostri mulini, non un solo Dragoniano rimarrà in piedi! Le vostre spade saranno l'ultimo ricordo che quei cani porteranno con loro nell'Ade! SIETE PRONTI???" Tuonò infine il generale. Un urlo si innalzò dalle fila ordinate dell'esercito di Roquenfor. "SI!!!!" Neele era carico, non poteva smetere di pensare alla battaglia imminente. Voleva vedere scorrere il sangue dei nemici, voleva uccidere un drago, voleva vincere. Montò su Esmerald, le diede il comando di alzarsi in volo. Formazione a V, letale. Le fenici erano pronte, Neele era a capo della formazione. Esmerald riluceva più del solito. Gli occhi, diventati ora color verde smeraldo, più acceso rispetto a quando era piccola, erano dei piccoli puntini sulla testa di quel maestoso uccello. Le enormi ali erano coperte da migliaia di piume dorate, le quali vibravano dolcemente al vento ed emettevano un morbido fruscio. La coda era lunga poco più di un metro e mezzo, formata da tre grandi pime rosse e lunghe, le quali sventolavano al vento, chidendo la loro corsa in un disegno naturale a forma di occhio, come la coda di un magnifico pavone. Il becco affilato poteva penetrare in qualsiasi scudo, sarebbe riuscito a penetrare nella pelle di un drago perforandone l'armatura? Solo nel momento decisivo si sarebbe saputo. L'armatura di Esmerald era leggera per evitare l'impaccio nei movimenti. Una placca toracica era richiusa poi sulla schiena dalla sella in cuoio. Il collo era difeso da molte scaglie di una lega molto resistente, fatte in modo da seguire i movimenti del collo dell'animale. Sulla testa una piccola placca di metallo chiuso da una cinghia sotto il becco, in quel punto erano attaccate le briglie, indispensabili in quanto le staffe avrebbero dato impaccio in caso di evoluzioni aeree in battaglia. Gli artigli erano stati affilati e le zampe erano libere di muoversi per graffiare. Il fuoco dei draghi sarebbe stato assolutamente inutile contro questi animali, tanto meno contro i loro cavalieri. Neele era equipaggiato con una leggera armatura di metallo per non impacciare ulteriormente Esmerald. Cinturone e schinieri erano ordinari, come qualsiasi guardia. Guanti pesanti per manovrare l'alabarda che portava legata sulla schiena gli erano stati donati dalla madre, poco prima della nascita della sua compagna. L'elmo che indossava copriva la nuca e le tempie, ricandendo sulla fronte e finendo con due ghirigori a forma di ala a protezione delle orecchie. I capelli rosso mogano di Neele erano raccolti in una coda che fuoriusciva da dietro il casco, ma un ciuffi ribelle era ostinato a rimanere sul lato destro della sua fronte. Lo scudo era piccolo e tondo, ideale per bloccare frecce e colpi di spada di piccole dimensioni. Gli occhi color oro risplendevano dello stesso fuoco di quelli della sua fenice, mentre il suo corpo leggero e scattante era pervaso da tremiti a causa della tensione. Squillarono le trombe. I cinque Kra-tur si alzarono in volo. L'esercito lanciò un urlo e cominciò a marciare verso il confine, per giungere alla fine a Cornelia.
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"Siamo migliaia!" così inizio il discorso il re, giunto appositamente dal palazzo per assistere alla battaglia ed intervenire solo in caso di necessità. "Siamo preparati, siamo i rappresentanti del NOSTRO popolo!" L'urlo lanciato dall'esercito si fermò all'imposizione della mano destra del re, a cavallo di Zeus, il suo drago azzurro. Nell'esercito si raccontava che Zeus potesse lanciare fiammate fino a chilometri di distanza, ma nessuno glielo aveva mai visto fare. Stare vicini a dei draghi porta alla longevità, infatti il re non dimostrava i suoi 76 anni. I folti capelli biondi erano ancora tutti al loro posto, con la corona che li teneva all'indietro come dovesse tenerli nel recinto. I muscoli delle braccia erano diventati eccellentemente dinamici e forti, dato che il re era solito utilizzare uno spadone per combattere. "Non dobbiamo farci intimidire dal nemico, noi siamo i veri uomini, ordinati e letali quando è richiesto. Usciremo da questa guerra con il nostro scudo, O SOPRA DI ESSO!" Un boato accolse le ultime parole del re, che sorrise, accogliendo con gioia lo squillo delle trombe della battaglia. Roel era pronto, la mente rilassata. Aveva tirato a lucido Sofferenza, la sua armatura di colore blu, ricavata da un diamante molto raro. Poteva essere scalfita solo da un altro diamante, oppure da una creatura leggendaria. Lo scudo ovale era sul suo braccio sinistro. Il simbolo della casa reale vi era inciso con perizia. Dalle spalliere in metallo spuntava il mantello nero, d'obbligo per i cavalieri dei draghi. Il cinturone e gli schinieri erano di un metallo leggero ma al contempo resistente. Degli stivali neri coprivano parte degli ultimi. Il salva-braccio destro era completato da una piccola punta rivolta all'indietro, con il taglio affilato come una spada, in caso di duello corpo a corpo senza possibilità di estrarre la sua fidata spada. Messiah, sulla schiena per poterla estrarre subito. La lama blu risplendeva alla luce del tramonto e la sua forma particolare risaltava da dietro la schiena di Roel. La coroncina d'oro, con un frammento della pietra magica di Shodel, la pietra da cui la magia sgorga come un fiume adornava elegantemente la sua fronte, perdendosi tra i capelli neri e fluenti, i quali ricadevano sulle spalle di lui. Non indossava un elmo. Secondo lui un elmo restringeva, anche se di poco, il campo visivo del cavaliere. Accarezzò il collo di Archa, attento a non toccare i suoi spuntoni. Il corpo di Archa era ricoperto di per sé da scaglie resistentissime, ma si era voluto aumentare questa corazza con un'ulteriore armatura, formata da placche che coprivano il busto, chiuse con delle cinghie fino alla sella, fornita di staffe e non di briglie, poichè con le staffe era possibile duellare con due mani con la spada. La testa era coperta anch'essa da una semplice placca di metallo, in quanto le mascelle poderose del drago avrebbero distrutto qualsiasi tipo di copertura. La placca era formata in modo da lasciare fuoriuscire le due grandi corna nere del drago stesso. Le zampe non erano coperte, in quanto la sicurezza era garantita de alcuni spuntoni che fuoriuscivano dalle articolazioni principali. La coda era libera di muoversi, con un'armatura il drago avrebbe perso stabilità ed agilità. Né gli artigli, né il becco di una fenice avrebbero scalfito questa "fortezza volante". La sicurezza si leggeva negli occhi azzurro-ghiaccio di Archa. Il drago del re ruggì e sputò un'altissima fiammata. Gli fecero eco gli altri cinque draghi, imitando contemporaneamente il gesto della fiammata. L'aria s'incendiò. L'esercito intero rispose con un boato sovraumano. E poi, silenzio. La marcia cominciò. Lentamente, i Dragoniani si avviavano alla difesa della città di Cornelia, pronti a combattere senza pietà nella rigogliosa pianura circostante la città costiera. Erano tutti focalizzati sul loro obiettivo. Era la loro battaglia. Era la loro guerra. Era un fatto personale.
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Sopra le nuvole non era così caldo come sembrava dal suolo. Neele lo sentiva, l'aria fresca attraversava gli spazi piccolissimi offerti dalla sua armatura. "Ho sete", aveva appena detto Esmerald. Il fiume Cornye, dal quale la città derivava il proprio nome, scorreva in direzione contraria alla loro. L'acqua era così pulita che si vedeva il letto del fiume, chiaro e sassoso. Squillò una tromba acuta. La marcia si fermò e tutti scesero, iniziando a piazzare le tende. Esmerald, Eske, Tjalja, Flaerur e Tear si abbeverarono copiosamente dal fiume, appollaiandosi poi tutti sulla spiaggia, in placida attesa di un pasto. Neele, Esper, Lorelai, Anthe e Morth montarono la loro tenda di colore rosso sotto ad una grossa quercia. Il terreno era morbido, sembrava fatto apposta per ospitare il loro accampamento. "Sarà il benvolere degli dei", aveva detto Lorelai. Non fecero fatica ed in poco tempo venne pronto tutto l'accampamento, con il sole che ancora lanciava qualcuno dei suoi caldi raggi oltre le colline. Il sole stava sparendo dietro all'orizzonte e il rancio stava per essere servito. Le fenici non potevano tuffarsi per prendere il pesce, le loro piume sarebbero state tarpate dall'acqua, impossibilitandole a volare. Era ora di trovare del cibo anche per loro, una giornata intera di viaggio era stata molto pesante, per tutti. I cinque cavalieri, quindi, si spogliarono dell'armatura e si tuffarono in acqua, prendendo in prestito dai compagni delle lance per trafiggere i deliziosi pesci che abitavano il fiume. Il sole sparì definitivamente, al suo posto il manto di colore blu scuro che rappresentava il cielo quella notte si stese sopra le loro teste, accendendo molte piccole stelle. La mezzaluna non rischiarava abbastanza la landa in cui erano accampati, perciò accesero un grande falò. Erano tutti tranquilli, ridevano e scherzavano a cena, i capelli ancora bagnati dei cinque cavalieri avevano riflessi particolari, quasi magici. Le radiose ali delle fenici erano ripiegate attorno al loro corpo statuario, in una posizione tanto comoda quanto utile, cosicchè in caso di attacco avrebbero potuto accecare l'avversario solo con il riflesso che il fuoco aveva sulle loro penne. La sera scorreva leggera e piacevole, molte donne erano state portate come serve dall'esercito. Ballavano in cerchio attorno al fuoco, al ritmo di una musica arcana, una vecchio canto di guerra. Improvvisamente la musica cessò. Il vecchio cantastorie era pronto per narrare le vicende di eroi lontani, arcaici, delle loro gesta di coraggio e di amore. Tutto si fece silente attorno al cantastorie, il quale prese posto accanto al fuoco. L'unico rumore udibile era il lento e placido scorrere del fiume, con i pesci che saltavano di tanto in tanto peracchiappare qualcuno di quei deliziosi insetti notturni che volavano radenti all'acqua. Lo specchio formato dal fiume brillava di un riflesso perlaceo a causa della luna. Il paesaggio era perfetto. Il vecchio suono una corda della sua lira, iniziando a raccontare le gesta della guerra di Aegiptia. Le donne ascoltavano rapite da qulle parole, abbracciate ai soldati che ascoltavano con attenzione, sperando di carpire un significato nascosto che li avrebbe guidati nella battaglia che avrebbero affrontato il giorno seguente. Quando il cantastorie finì il suo racconto cun un leggero tocco alle corde del suo strumento, un applauso spontaneo scaturì dalla folla e, mentre tutti i soldati accorrevano per chiedere esplicazioni particolari al vecchio, Neele si avvicinò al fiume. Si fermò sulla riva, contemplando la magnificenza delle stelle. I canti erano ripartiti, ma il loro suon era smorzato dalla distanza che intercorreva tra di loro. Si bagnò nell'acqua fino alla vita, scegliendo poi di tuffarsi per bagnare anche i suoi capelli. Mentre nuotava sotto la superficie, sentì il tonfo di un'altra persona che entrava ad interrompere quel momento. Decise di risalire in fretta fino in superficie. Quando la sua testa fuoriuscì dall'acqua la vide. Era bella, con la camicia bianca aperta su una ancor più candida maglia. Immersa fino alla vita nell'acqua la sua immagine si stagliava in controluce. I biondi capelli erano lunghissimi, tanto che quando erano sciolti le toccavano le caviglie Ora le punte di quei bellissimi capelli erano abbandonate alla corrente del fiume. Neele si avvicinò, i balli non erano ancora conclusi, la musica smorzata si sentiva fino a quel luogo. Lorelai si voltò verso di lui, guardandolo con i grandi occhi verdi. "Sei preoccupata?" fu la prima cosa che Neele le chiese. Lei scosse elegantemente il capo e si fece più vicina. Era poco più bassa di lui, era più giovane di un anno, ma avevano passato tutta la vita insieme fino a quel momento. "Voglio..." la sua voce era esitante mentre si avvicinava sempre di più a Neele. "Voglio essere sicura", queste furono le sue parole. Lo notò solo in quel momento, calde lacrime scendevano dai suoi occhi, con le mani teneva stretto il ciondolo rosso che portava attorno al collo. "Di... cosa?" fu tutto quello che Neele riuscì a dire. "Di poter... festeggiare insieme a te..." Si strinsero in un abbraccio, in mezzo all'acqua, soli. Nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento, era tutto perfetto. L'acqua che gocciolava dai suoi capelli copriva le sue lacrime. Un uomo non può piangere, si era sempre detto, ma lui piangeva, piangeva perchè aveva capito. Neele lo sapeva, da molto tempo. Per lei quella battaglia valeva tutto. Voleva dimostrare il suo valore davanti a lui, voleva farsi riconoscere, voleva farsi notare e uscire vincitrice da questo scontro. Queste erano le cose che pensava anche Neele. Voleva tutto questo... voleva lei.
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La notte stava passando senza nessun particolare problema. I giullari e i cantastorie avevano fatto il loro dovere fino in fondo, rilassando l'esercito prima della battaglia decisiva. Il grande falò si stava spegnendo, tutto era fermo. La luna illuminava debolmente lo scenario di pace creatosi durante la notte. La pianura erbosa era enorme, non si vedeva quasi la fine. Alcune colline si stagliavano timide verso il cielo. Pochi alberi erano presenti, ma un boschetto era riuscito a crescere ad ovest dell'enorme pianura. L'acqua del Cornye scorreva non lontana da quel punto. Dalla capitale Dragonya fino alla città di Cornelia, costruita sulle isole formate dal suo delta, il fiume scorreva quasi in piano, senza particolari anse. Le cascate del fiume erano vicine alla sorgente, a Nord. Era il fiume più lungo del mondo, probabilmente anche il più pulito, in quanto in quasi tutti i punti dello stesso, era possibile intravedere il fondo. Roel non stava dormendo in quel momento. Era stato inequivocabile ciò che era successo durante il pomeriggio. Kess si era avvicinata a lui mentre erano in volo sopra le nuvole e gli aveva chiesto di incontrarla durante la notte. Ora era lì, aspettava. L'armatura blu e il mantello nero erano adagiati accanto a lui. I pantaloni neri con gli stivali a coprirli fino al ginocchio e la leggera camicia blu erano solitamente il suo abbigliamento sotto l'armatura. Stava indossando quei vestiti anche in quel momento. Una leggera brezza aveva sollevato il caldo che si era fatto sentire tutto il giorno. A quel punto la vide. Nei suoi pantaloni neri, nelle sue scarpe, nere anch'esse, nella sua camicia verde, aperta a mostrare una maglia bianca attillata attorno alle curve magnifiche sel suo corpo. I capelli castani erano raccolti in una lunga coda che partiva dalla base del collo e raggiungeva le cosce, i profondi occhi blu oltremare lo guardavano con il solito sguardo intelligente. "Buonasera", aveva detto lui vedendola arrivare ed alzandosi da terra. "Buonasera" aveva risposto lei. "Non dovresti essere qu"i, disse lui, "non dovresti nemmeno tu, sai?" fu la sua risposta, pungente come al solito. La invitò a sedersi accanto a lui. L'erba era morbida, comoda. Lei si sdraiò a terra, la camicia le ricadde ai fianchi. Roel si sedette accanto a lei, per contemplare la luna insieme. "Perchè Roel?" chiese. Lui si voltò. La vide in volto. I suoi occhi erano pieni di lacrime. "E' la nostra battaglia, o la libertà o l'ordine", fu la sua risposta. "Perchè sei sempre così freddo? Come puoi non pensare a cosa succederebbe se continuassimo con la guerra?" Si sedette dicendo questo. "Preferisci vivere sottomessa senza poter esprimere la tua idea, senza poter parlare se non interpellata? Io no, Kess... Io voglio la libertà, io non permetterò loro di prendere queste terre..." si voltò verso di lei, le accarezzò il viso, "né di prendere te..." concluse la frase. Si sdraiarono l'uno accanto all'altra, contemplando la luna. Le loro mani erano strette insieme. Insieme, come volevano essere nella battaglia dell'indomani. "Combatterò con te Kess... No, combatterò PER te", disse lui. Roel... fu tutto quello che lei riuscì a dire, prima di trovarsi bloccata in un sogno da cui avrebbe voluto non uscire mai.
La lunga marcia era stata faticosa, ma erano giunti alla città prima dei nemici. Ora toccava solo aspettarli. Roel era focalizzato, nulla avrebbe potuto distoglierlo da questo momento. Era addestrato da una vita per questo momento, era la sua battaglia della vita, la sua battaglia più importante. Il sole gettò i suo timidi raggi dalla sinistra dell'esercito imperiale. Erano pronti, gli stendardi levati, gli arcieri sulle mura, fanteria e cavalleria erano schierati secondo un ordine preciso, in modo da ottenere il maggior supporto possibile gli uni dagli altri. I draghi erano a terra d'innanzi all'esercito. Zeus era nella piazza principale, pronto ad intervenire se ne avesse avvertito il bisogno. Roel ripensava alla notte precedente, al volo sopra le nuvole con Kess. Al loro sonno tranquillo. Kess lo guardò, ma Roel non la vide, era troppo concentrato per poter anche solo smuovere lo sguardo. Li vide. Gli stendardi di Roquenfor comparvero sulla strada. Cinque fenici si notavano volare sopra le schiere nemiche. "Ora". Questo pensiero si diffuse tra tutti i cavalieri dei draghi presenti, i quali si sollevarono simultaneamente da terra, sbattendo le enormi ali. Gli eserciti lanciarono un urlo e si lanciarono in una corsa selvaggia, come due onde che stavano per scontrarsi. Roel estrasse Messiah con una mano, la puntò verso i suoi avversari e gridò. "Carica!" I draghi partirono a tutta velocità. La battaglia era incominciata.
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Nell'aria si sentiva l'odore della tempesta imminente. Era ormai l'alba e grosse nuvole scure stavano per coprire il cielo rosato sopra la pianura che avrebbe atto da teatro per questa immensa battaglia. La formazione dell'esercito Imperiale era serrata. Una fila di scudi era la prima linea, subito dietro le lance dei fanti spuntavano come a formare un'enorme muraglia della morte. Chiunque vi fosse andato incontro sarebbe passato all'istante a miglior vita, seguendo i propri avi. Dietro alla fanteria leggera vi era la fanteria pesante. Armati con una pesante corazza ed aventi come arma una falce dalla lama lunga quasi cinquanta centimetri, erano un unità decisamente temibile. Ai lati della fanteria vi erano i cavalieri. A loro volta i cavalieri erano suddivisi tra i letali arcieri a cavallo, unici per precisione e velocità, e i cavalieri pesanti, eccezionali quando si parla di potenza offensiva e di carica sul nemico. Le porte di Cornelia erano aperte e gli arcieri alleati scemavano come formiche. La maggior parte di loro rimase però sulle mura in caso di attacchi da vicino. I cavalieri dei Draghi avevano già incominciato ad avvicinarsi molto velocemente ai loro avversari. La loro tattica avrebbe funzionato alla grande, dando un enorme vantaggio all'impero. Dall'altra parte c'erano altresì tre schieramenti di truppe. I fanti erano veloci e prediligevano il combattimento corpo a corpo. Erano disposti in linea per sembrare più numerosi e spaventare il nemico. Le loro sciabole avevano lame da settanta centimetri, pronte a colpire qualunque nemico. La fanteria pesante era costituita da uomini alti e muscolosi, i quali erano scarsamente corazzati, ma portavano con loro delle enormi asce, pronte a dividere a metà qualsiasi stolto si fosse parato d'innanzi al loro cammino. La cavalleria era veloce. Poco corazzata, ma abile nella schermaglia. I cavalieri di Roquenfor dovevano correre avanti alla fanteria, scagliare i loro giavellotti e poi tornare dietro alla fanteria per ricaricare, questa operazione veniva ripetuta finchè i due eserciti non venivano a contatto, dopodichè i cavalieri si sarebbero armati di lancia e avrebbero colpito i fanti nemici da cavallo con le lunghe armi. Gli arcieri erano in fondo allo schieramento. Famosi per la loro velocità di caricamento, questi punti a loro favore erano però quasi azzerati dal loro esiguo numero. Le fenici avevano iniziato l'azione accerchiativa, con questo avrebbero chiuso i draghi e li avrebbero uccisi ad artigliate. Le forze in campo erano pari, solo le strategie potevano aiutare i soldati. E così fu. Quando i draghi imperiali arrivarono a poche decine di metri dalle fenici, le quali stavano cercando la manovra di accerchiamento, virarono d'improvviso, trovandosi di fronte all'esercito. Le frecce non fecero in tempo a partire, in quanto una pioggia di fuoco formò un muro fiammeggiante di fronte all'esercito nemico in marcia. I nemici si fermarono e, le poche frecce che partirono dagli arcieri nemici, furono abilmente bloccate a mano dai cavalieri stessi, i quali virarono ulteriormente per ritrovarsi di fronte agli avversari leggendari. Le cinque fenici avevano abbandonato lo schema ad accerchiamento, rimanendo sorprese dalle mosse dei cavalieri avversari. Certo questo aveva fatto guadagnare loro morale, ma non significava aver vinto al guerra. Un urlo fuoriuscì dal petto di Neele ed Esmerald si lanciò in avanti roteando come a formare una freccia. Thor e Terra schivarono elegantemente con un giro della morte e la battaglia cominciò. Le fenici volteggiavano elegantemente attorno ai bestioni corazzati, cercando di scalfire la loro corazza con gli artigli.Hades e Anubis furono i primi a scagliarsi all'attacco, agitando le possenti ali, ruggendo e inarcando il collo. Se Morth non si fosse spostato avrebbe preso un'incornata che gli sarebbe potuta costare la vita. Arrivvarono ben presto allo scontro fisico. Esmerald e Thor lottavano serrati, i cavalieri che incrociavano le armi sulle loro selle. Iniziò la picchiata delle due bestie. Thor teneva Esmerald per il petto, mentre Esmerald aveva agganciato le sue zampe all'armatura di Thor. Lo schianto sembrava inevitabile, quand'ecco che Kess e Neele saltarono dalle selle per atterrare sul campo di battaglia, mentre i loro destrieri si staccavano e tornavano in aria.
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L'esercito imperiale approfittò del fuoco per scagliare le frecce con gli arcieri e con i cavalieri. Numerose furono le vittime di questo primo attacco, alcune anche a causa del fuoco. Una volta esauritesi le fiamme, i fanti di Roquenfor iniziarono a correre verso la barriera umana formata dai fanti con scudo e lancia dell'impero. Gli arcieri continuavano la loro schermaglia. La prima linea imperiale fu decimata dagli arcieri e dai cavalieri schermidori avversari. Gli stendardi rossi porpora di Roquenfor erano in maggioranza in quel momento. Avanzò la fanteria pesante imperiale, mentre gli arcieri bersagliavano ripetutamente, chi da cavallo e chi da terra, la fanteria pesante avversaria. I falciatori sterminarono migliaia di nemici prima di venir sopraffatti dalla cavalleria. Un'intensa carica prolungata li portò ad essere circondati e vennero uccisi a colpi di lancia, non senza tagliare la testa a cavalli e cavalieri prima di spirare. Le asce dei fanti pesanti dividevano i fanti leggeri per il lungo, ma solo duemila fanti pesanti erano rimasti in piedi. Uno di loro venne centrato in pieno volto da una freccia, ma cadendo schiacciò un fante leggero imperiano sotto il duo peso. Le frecce cominciavano a scarseggaire da ambo i lati, mentre i cavalieri investivano di cariche prima da una parte e poi dall'altra gli schierametni ancora serrati di fanti. Le lance degli imperiani trafissero altri nemici, prima che una carica di cavalleria li schiacciasse. Alcuni si rimisero in piedi, ma altri rimasero uccisi sotto il peso imponente delle cavalcature avversarie. Molti furono gli urli che vennero strozzati dal furore della battaglia in corso. Una grande concentrazione di fanti era schierata in mezzo al campo di battaglia, combattendo come fossero posseduti dal dio Ares delle guerre. Gli arcieri avevno preso le frecce da terra pur di continuare il loro lavoro. Il sibilo delle aste che sfrecciavano nel vento contornava il rumore di spade e lance che cozzavano tra di loro. I cavalieri combattevano per la supremazia sui lati degli eserciti, schermagliandosi con i giavellotti e le frecce e combattendo con lance e spade. Cadaveri di ogni genere erano sparsi per il campo. Irriconoscibili e non appartenenti a nessuna fazione, poichè la morte porta tutti allo stesso livello. Arrivarono i rinforzi da ambo le parti. Fiumi di fanti pesanti o leggeri, cavalieri e arcieri si riversarono sul campo di battaglia. Le falci incrociaron le asce e diedero vita ad un altro intenso duello di fanteria, dove per ogni morto imperiano, morivano due ribelli, ma l'ucciso veniva vendicato subito. I cadaveri erano sempre di più, cosa che costrinse a manovre azzardate entrambi gli schieramenti, facendoli spostare e rivelando terra bruciata e laghi di sangue sul terreno. Gli avvoltoi iniziavano ad aggirarsi sopra il campo di battaglia, gustandosi il lauto pasto che li aspettava. Corvi e altri uccelli-spazzini arrivarono pronti a piombare sugli occhi e sul corpo delle sfortunate vittime di quel cruento e spesso ingiusto gioco che è la guerra. Mentre gli eserciti si spostavano, la battalgia aerea continuava implacabile, con i draghi e le fenici stretti in manovre mortali, ma sempre evitando che la trista mietitrice compisse il suo dovere.
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Kess vibrò un fendente dall'alto al basso con la leggera katana che portava nel fodero. Estrasse la seconda katana e iniziò a farle roteare lentamente, mentre si avvicinava a Neele. I lunghi capelli castani erano in risalto sulla fronte sudata. La rossa armatura e i vari componenti della corazza erano completametne nuovi, sembrava non fossero mai stai ricoperti neanche da un po' di polvere. Il nero mantello imperiale era stato tolto per consentire più sveltezza nei movimenti. Con un balzo Kess si trovò sul fianco destro di Neele, il quale parò il fendente con il manico della sua fidata alabarda. Sferrando un colpo dal basso fece allontanere Kess, la quale si divincolò dal pericolo con un salto mortale all'indietro, atterrando in piedi e scattando nuovametne all'attacco. Neele per ora si limitava a parare i colpi, ma sapeva che sarebbero cresciuti di intensità man mano che lei fosse andata avanti. Thor ed Esmerald lottavano in aria, l'uno avvinghiato all'altra. Non ci volle molto per capire che Thor avrebbe svuto la meglio su Esmerald. Ma la fenice dorata ebbe uno splendido lampo di genio. Usando i lunghi artigli si divincolò dalla presa di Thor e li infilò dritti degli occhi del drago. Sangue caldo e rosso sgorgò copiosamente dalle orbite ormai cave del possente animale. Esmerald afferrò Thor alle spalle e si precipitò in picchiata verso terra, lasciando andare il drago all'ultimo minuto. Con un tonfo assordante il mastodontico animale si schiantò al suolo, lasciando intendere che non avrebbe mai più preso parte ad una battaglia. Iniziò a piovere. Dapprima lentamente, poi con sempre più forza, fino a diventare una vera e propria tempesta. In quel momento Kess si distrasse per guardare il suo drago. Non posso perdere l'occasione, pensò Neele. Kess si girò, ma era troppo tardi. L'alabarda fece un mezzo giro, Neele la afferrò con entrambe le mani e la conficcò con forza nel centro del petto della ragazza. Un'espressione si terrore si dipinse sul volto di lei. Lacrime bollenti e ricolme d'odio affiorarono sul suo bel viso. Le due katane scivolarono a terra. Lei afferrò con entrambe le mani l'alabarda. Era in ginocchio, pensava di poterla estrarre. Quando vide questo gesto qualcosa si ruppe dentro Neele. Spinse l'alabarda più a fondo, trapassando il corpo della ragazza. Gli occhi di lei si sbarrarono, sputò sangue e si accasciò sull'arma di Neele. Egli stesso mise un piede sulla spalla e spinse il cadavere della bellissima ragazza a terra, estraendo l'arma macchiata del giovane sangue di lei. Roel aveva assistito alla scena. Gli occhi sbarrati dalla rabbia. Schivò un attacco di Esper, portato dalla sella di Eske. Mormorò due parole magiche e il collo della fenice si spezzò, precipitando al suolo accompagnando il suo cavaliere con sè. Archa si tuffò in picchiata verso Esmerald e Neele. Roel era furibondo. Smontò al volo e si avvicinò al corpo di Kess, mentre Archa si involò, puntando verso Esmerald. "Kess!" Roel era disperato. "Kess, ti prego, rispondimi!" Sentiva il nodo alla gola. "Non può...". La voce di Neele giungeva come un pugnale nel cuore per lui." La tua adorata Kess si è ricongiunta ai suoi avi. Sarà felice nel mondo dove è ora, non soffrirà più, non..."" TACI!" urlò Roel. La forza della dispetazione lo guidava. "Kess è finita. Non esiste più, non stara mai più con me...". "Cosa vuoi saperne della tristezza?" Replicò Neele. Il mantello rosso strappato sul fondo sventolava nel vento della tempesta che stava arrivando. "Cosa vuoi saperne? I miei genitori sono prigionieri politici del TUO impero, non ho mai conosciuto i miei genitori, loro erano i nostri leader! Loro erano..." "NO!" replicò Roel. "No, non puoi sapere cosa è successo ora... Io non ho più sensazioni. La mia mente è vuota! Kess non è più con me! NON PUOI AVER ROVINATO COSI' A SANGUE FREDDO UNA VITA!" "Vita?" replicò Neele. "Vita? Era la schiava dell'impero, non faceva altro che combattere! L'ho salvata! L'ho mandata in un posto mi..." "Non puoi essere serio!" Neele non riuscì a finire la frese. Roel era disperato, ogni singola parte del suo corpo bramava la vita dell'uomo che le aveva strappato Kess... Ogni pensiero era rivolto alle giornate passate insieme, alla notte precedente... "Tu hai appena ucciso una donna con una crudeltà inaudita! Sei un mostro!" "NON TI PERMETTERE DI PARLARMI COSI'!" esplose Neele. "Sarà il duello a decidere chi ha ragione tra di noi, avanti cavaliere, mostrami il tuo valore!" Riprese la sua alabarda con il sangue sulla lama. Leccò il sangue con gli occhi sgranati. Un lampo rischiarò il campo di battaglia. "Avanti!" disse, "Ti aspetto!" Roel non se lo fece ripetere due volte. Impugnò Messiah e si scgliò contro il suo peggior nemico. Il primo affondo fece indietreggiare di un metro l'aversario, Roel menava affondi e fendenti come fosse pervaso dalla furia della tempesta. Era implacabile. Ogni colpo parato da Neele era un insulto alla memoria di Kess. Ogni respiro di Neele era un insulto a Roel.
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Esmerald provò la stessa tattica, ma Archa fu abbastanza intelligente da inarcare il maestoso collo all'indietro, evitando gli affilati artigli dell'uccello leggendario. Una codata colpì Esmerald dritta sotto l'ala sinistra, tagliandole il fiato e permettendo ad Archa di portare un secondo attacco di zampa, che scalfì la corazza della fenice, quasi perforandola. Esmerald recuperò il fiato abbastanza in fretta per evitare che le poderose mascelle della bestia si serrassero attorno al suo collo che, se pur corazzato, era un punto che il drago avrebbe potuto perforare tranquillamente per arrivare a spezzarlo con un morso. Mentre Archa ed Esmerald combattevano in aria, dall'altra parte altri due contendenti si abbatterono a vicenda. Si trattava di Hades e Tear, con i rispettivi fantini Damyan e Morth. Damyan aveva congelato il cavaliere avversario con un incantesimo di gelo, ma nel frattempo, con un lampo di luce, Morth aveva bucato un'ala ad Hades. Poco prima di perdere del tutto la stabilità, Hades aveva afferrato per le ali Tear ed entrambi erano caduti al suolo da un'altezza vertiginosa, schiantandosi con un secco rumore di ossa spezzate. Ora erano tre draghi con rispettivi cavalieri contro quattro fenici con i loro Kra-tur. Furono Terra e Tjalja a combattere la battalgi apiù serrata. Il cavaliere e la Kra-tur si paravano ogni colpo, schivando zampate e morsi, beccate e codate. Le loro spirali per aria si riempivano di scintille quando si incontravano e la spada di Lorelai e il bastone con due lame alle estremità posseduto da Heklot si incontravano. Una strepitosa fiammata eruttò dalla bocca di Terra, investando in pieno la fenice avversaria, ma senza scalfirla. A risentirne furono le briglie. le quali si bruciarono e Lorelai fu costretta ad aggrapparsi alle piume calde e lucenti di Tjalja. Gli scontri in volo erano diventati pericolosi per la Kra-tur, perciò decise di guidare la sua cavalcatuura fino a terra. Giunta a due metri dal suolo saltò dalla sella ed atterrò in ginocchio, lasciando volare in aria Tjalja. "Buona fortuna, compagna mia!" Furono le parole che Lorelai disse alla sua fenice prima che Heklot arrivasse di fronte a lei. La sgargiante armatura di Heklot brillava nei lampi che rischiaravano la terra lì attorno. I neri capelli di Heklot erano bagnati e formavano una strana frangia ricadendo sulla fronte. Con una mano li spostò sulla testa, rivelando gli occhi rossi che da sempre lo contraddistinguevano. Lorelai raccolse le sue forze e, mentre un altro lampo rischiarava il suolo, urlò e si lanciò contro il nemico. Heklot fece lo stesso. Incrociarono le armi a metà strada, rimanendo in posizione per lunghi secondi. Le armi diventarono quaisi incandescenti, ma entrambi uscirono da quella posizione con un salto. Terra e Tjalja, intanto, erano nel bel mezzo di uno scontro ferocissimo, senza esclusione di colpi. Le armature di entrambi i contendenti erano distrutte e graffiate in ogni loro parte. La fenice era molto più veloce della draghessa, ma la draghessa contava su una forza maggiore. Spirali a volo libero finivano in uno scontro frontale dove Tjalja veniva ricacciata indietro di molti metri o in un'abile manovra di Tjalja, la quale abbassava l'avversario di metri con un colpo dall'alto.
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Il colpo sferrato fu parato abilmente, ma Neele stava iniziando a soffrire l'impeto dell'avversario. Come se non bastasse, sapeva che l'armatura e lo scudo che portava non erano sufficienti a domare l'infinita veemenza con la quale Roel portava i suoi colpi a segno. Doveva pensare a qualcosa, ma la sua mente iniziava a diventare meno lucida a causa dell'inisistente azione dell'avversario. Il nero mantello di Roel sventolava con furia seguendo il vento, l'alabarda di Neele stava venendo colpita da ogni lato e angolazione. Parva sul punto di spezzarsi. Doveva riflettere in fretta, doveva scappare da quella situazione. Il suo cervello riprese a pensare lucidametne, la pioggia batteva con forza sul suo volto. Fece un lungo salto all'indietro e Roel si fermò, ansante, trattenendo lo spadone con entrambe le mani davanti a lui. Neele tolse l'elmo, rivelando i capelli rosso mogano raccolti in una coda dietro la testa. Gli occhi color oro esprimevano l'appagamento che stava ottenendo in questo confronto. Adorava sfidare avversari del suo livello o superiori. L'alabarda cominciò a roteare alla destra e alla sinistra, avvicinandosi sempre di più al suo contendente. -Stolto!- pensava Neele, -rimane fermo dinnanzi al mio attacco, che voglia raggiungere l'altra draghiera?- questi pensieri affollavano la mente di Neele mentre si avvicinava al bersaglio. Sbagliava a distrarsi, poichè Roel era pronto alla difesa. Bloccò il fendente sulla destra e rimasero in posizione per molto, cercando di prevalere l'uno sull'altro. Vedendosi impossibilitato a copire, Neele fece un salto a sinistra e tornò all'attacco.
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Archa era stufo. Nella pioggia incessante un ruggito potente scosse le corde del suo cuore di drago. Una potente fiammata partì dalla sua bocca avndando verso l'alto. Esmerald sembrò sconcertata. Una fiamma brillò negli occhi del dragone nero, mentre chiuse le ali, iniziò a girare su se stesso in orizzontale e si lanciò ruggendo verso la fenice dorata. Archa era talmente veloce che Esmerald non riuscì a bloccarlo. Gli spuntoni neri del corpo del drago penetrarono nella corazza e poi nella carne del maestoso volatile, ferendolo gravemente. Arrivato dal lato opposto dell'uccello, Archa dispiegò nuovamente le sue enormi ali nere, girandosi di scatto e vedendo l'avversario stordito alle sue spalle. Volò velocemente vicino alla fenice, la prese per le ali, la trascinò in alto, sempre più su, oltre le nere nuvole temporalesche. Lì, alla luce del sole, a più di cinquemila metri di altezza, la lasciò andare. La fenice cominciò la sua lenta caduta, ma Archa fece un giro della morte in avanti e colpì il corpo ormai esanime del volatile con una codata di potenza inaudita, accelerando la sua caduta. La fenice cadente fendette gli strati di nuvole come una freccia, schizzando ad una velocità sempre in aumento, scaldando l'aria attorno a se come un meteorite, mentre il drago Archa si avvicinava al suolo in picchiata, controllando la propria direzione con le grandi ali. La fenice era ormai a meno di cento metri dal suolo. I suoi occhi verdi si erano appena chiusi. Ripensava alla schiusa dell'uovo, a Neele, a Tjalja e agli altri suoi compagni. Una lacrima si staccò dal suo occhio, confondendosi con le gocce di pioggia, prima che il corpo dell'animale si schiantasse con un boato assordante sul suolo della pianura, sollevando un'immensa nuvola di polvere.
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Neele affondò il colpo. Roel lo schivò spostandosi anch'egli a sinistra. La spadata di ritorno fu evitata in tempo da Neele che si accucciò e poi saltò a destra. Evitò ancora Messiah e portò il colpo al centro, ma anche Roel saltò, portandosi alla destra del suo avversario, strappandosi il mantello sull'alabarda nemica. Il fendente fu devastante, Neele lo evitò, ma lasciò il solco nella terra sotto la pozzanghera. Neele perse l'equilibrio, ma si rialzò in tempo. Partì di corsa con l'alabarda davanti a sé. Roel saltò e atterrò più lontano. Neele lo raggiunse e mollò un fendente da destra a sinistra. Roel aveva trovato il varco, lo sapeva. Con un salto mortale si portò dietro Neele. Il Kra-tur capì che era la fine. L'assordante rumore di un corpo che cadeva dall'alto in quel momento e il contatto mentale che si interrompeva con la sua fenice avevano alsciato in lui un vuoto assoluto, ora era solo, in mezzo alla pioggia. Un rumore di spada si sentì nell'aria. Un dolore lancinante pervase la sua schena e poi il suo addome. Messiah lo aveva attraversato da parte a parte. Era la fine. La furia della tempesta lo aveva travolto, era stato la sua vittima. Con un gemito di dolore si accasciò inginocchiandosi in avanti. Roel estrasse la spada e la alzò al cielo, poi svenne, cadendo in una pozzanghera accanto a Kess. Neele era arrivato alla fine. Il rumore della pioggia era sempre più smorzato. Gli occhi erano appannati. Le mani erano strette sulla ferita mortale infertagli da quella spada con il nome di un salvatore... Messiah. La bocca spalancata, come a carpire ogni singola molecola di ossigeno, per prolungare la propria vita. Ogni duello era cessato, ogni schermaglia era finita. La guerra era durata una giornata. Sentì un rumore di passi. Era ovattato, le sue orecchie non sentivano più nulla. Una macchia di colore biondo gli si parò davanti. Era ancora in ginocchio, boccheggiante. "No..." diceva la voce, ma ormai si odeva solo un eco lontano. "Lo...re...lai..." fu ciò che fuoriuscì dalla sua bocca. non riusciva più a parlare. La testa pulsava. Sentiva freddo. La ragazza lo abbracciò, lo strinse a se con forza. La camicia bianca si macchiò del suo sangue. "Non può succedere..." una voce lontana disse queste parole, mentre tutto attorno divenne nero. Chiuse gli occhi, abbandonandosi definitivamente al sonno. Roel era steso a terra. Si voltò verso Kess. La pelle liscia era pallida. I capelli erano bagnati, gli occhi erano ancora aperti, ma senza vita. Roel accarezzò la guancia di lei con il dorso della mano. La aveva persa. Il dolore delle altre persone non gli importava. Era devastato. Qualcosa di infinitamente delicato si era rotto dentro di lui. Un gemito uscì dal suo corpo. Vedeva una donna correre verso il suo avversario. Era in ginocchio ancora. Si chiedeva quanto ancora avrebbe sofferto. La mano di Roel strine quella di Kess. Un urlo si levò dalla donna di prima. I lunghi capelli biondi erano macchiati di fango e sangue. Teneva sulle ginocchia il cadavere dell'assassino di Kess. Il dolore di una persona è infinitamente grande e personale. Era questo che gli era stato insegnato. Ora capiva cosa voleva dire quella frase. Emise un fischio. Archa arrivò, caricò l'imperiano e la ragazza sulle spalle e si avviò alla città alleata.
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La battaglia si concluse con un armistizio. L'imperatore permise all'esercito avversario di recuperare i cadaveri ed andarsene senza inseguirli, così fece anche l'esercito imperiale. La battaglia era stata devastante, le perdite centinaia. I capi di stato si ritrovarono pochi giorni dopo. Il re riconobbe infine l'indipendenza della regione di Roquenfor, adottando al parlamento la metà dei membri di quella regione. I solenni funerali dei compagni caduti si celebrarono nelle settimane seguenti. I valorosi draghi furono tumulati, come tutti i draghi caduti in battaglia, fuori dalla città capitale di Dragonya. Gli eroici cavalieri caduti furono sepolti in dei mausolei pieni di cristalli e costruiti in marmo pregiato per continuare ad onorarli anche durante la morte. Questa "guerra" si era dimostrata inutile, come tutte le guerre, pensava Roel, mentre camminava tra le tombe dei caduti. Ogni giorno Roel andava a visitare la tomba dei compagni. Si fermava, però, sulla tomba di Kess, caduta per un tragico e fatale errore. Caduta prima di poter concludere il loro discorso. Caduta prima di poter esprimere i propri sentimenti. Roel ammirava i caduti delle guerre. Ma per Kess provava rimorso, nonostante l'avesse vendicata. Non riusciva a spiegarsi il perchè, ma si sentiva vuoto. La morte dei compagni era stata tragica, ma la morte di Kess era stata un duro colpo per lui. Sollevò lo sguardo al cielo. Avrebbe continuato a combattere per tutta la vita, per onorare gli amici che erano stati ingannati dal destino. Dieci anni dopo, all'età di ventotto anni, Roel divenne lo Shogun dell'Impero, fondando il corpo speciale Kess, un corpo dell'esercito di élite, dove potevano accedere solo soldati addestrati personalmente dai draghieri e maghi. Questo lo faceva sentire importante. Era il suo esercito. Era la sua vita.
Fine