Il significato profondo di Final Fantasy IX
Guidato dal mio enorme spirito critico, ho deciso di scrivere questo articolo a favore del mondo di Final Fantasy IX, capitolo della saga che purtroppo è stato disprezzato da molti giocatori e fan di varie parti del mondo. Io, che amo particolarmente questo episodio, in quanto è stato il mio trampolino di lancio verso gli rpg, ho deciso di studiarne e spiegarne i contenuti.
Analizziamone ora ogni singolo aspetto.
So, per esperienza diretta, che i personaggi sono stati spesso definiti scarni, poco pensati, con un passato troppo misterioso, addirittura demenziali. Evidentemente le persone che hanno espresso questi giudizi non hanno capito nulla dello spirito trasmesso nel gioco: i personaggi, infatti, benché non abbiano un passato molto delineato, presentano una fitta trama psicologica, che li contraddistingue e li rende completi. Inoltre, se ci soffermiamo ad analizzare la personalità di ognuno di loro, ci accorgeremo che in realtà ciascuno rappresenta un particolare aspetto della mente umana: Gidan rappresenta l’impulso verso la scoperta, Garnet è la sete di libertà, Vivi il timore, Steiner la fedeltà cieca mentre Freija incarna l’accettazione della realtà, Quina la spensieratezza, Eiko la crescita forzata, in questo caso dalla solitudine, e Amarant...
Amarant è stato indubbiamente il personaggio più difficile da interpretare, poiché sempre introverso e taciturno, ma sono riuscito a vedere in lui una sorta di impotenza verso il destino: dico questo siccome, da quando si è trovato a lavorare come mercenario, nascosto sotto il nome di ‘Uomo Salamandra’, non ha più considerato le possibilità che la vita gli ha offerto. Ma quando incontra Gidan nelle rovine di Madain Sari e gli viene proposta un’altra strada da percorrere, sente qualcosa risvegliarsi dentro di lui e così accetta questa sfida, unendosi al gruppo. Questo dimostra il passaggio, quasi un risveglio, da uno stato di egocentrismo a uno di disponibilità, man mano crescente, verso l’umanità, che vede probabilmente per la prima volta.
Parlavo prima della mente umana: mi sembra infatti che la totalità delle caratteristiche dei personaggi descritte formino le varie sfaccettature del pensiero degli uomini. Tale opinione è descritta in maniera velata anche nel gioco, in particolare negli episodi riguardanti il Castello di Ipsen. Il discorso che Gidan fa ad Amarant per riaverlo nel gruppo è rivelatore: le sue parole, il grande discorso circa il gioco di squadra, danno già un’idea di unione vincente, contrapposta al singolo, e questa unione può essere vista anche nel modo che ho appena descritto.
Un altro particolare che non bisogna sottovalutare in questo capitolo è che i personaggi, per la prima volta nella saga, sono i protagonisti di una forte crescita spirituale, che li coinvolge e li cambia nel profondo. Inizialmente, infatti, il gruppo è formato da compagni d’avventura casuali, che si trovano a fuggire insieme da un regno che rivuole uno dei componenti, Garnet; poi però capiscono come il mondo che li circonda sia strutturato e accorgendosi che la vita non è solo una decisione sul momento, maturano gradualmente. Come dimenticare i pensieri del piccolo ma saggio Vivi, appena scoperte le proprie origini? Oppure le parole pronunciate a fine gioco?
“Gidan, vivere non è per niente facile. Io oggi ho imparato questo”
Ciò si collega anche alla fantastica trama, che da molti è considerata assente e frammentata.
In realtà è solo un po’ diversa dai soliti schemi, ma è comunque presente. Essa parla della scoperta da parte di questi giovani ragazzi riguardo il mondo circostante, che arriva a sorprenderli e a cambiarli.
Proviamo a ricostruirla nei passaggi: in principio, la motivazione che spingeva il gruppo era il falso rapimento della principessa, desiderosa di provare libertà; poi, arrivati a Dali, villaggio di frontiera, scoprono della produzione di maghi neri da parte del regno di Alexandria; giunti a Lindblum, vengono a conoscenza della guerra attuata da Brahne e, una volta andati a Burmesia, vedono l’enigmatico Kuja, potente alleato della regina. Potremo andare avanti per molto tempo, ma il risultato sarebbe comunque il medesimo, vale a dire un progressivo allargamento degli orizzonti dei ragazzi, che diventano adulti con lo scorrere della trama.
Diventano tanto adulti da cambiare le loro ferree opinioni, come Steiner, che arriva alla dolorosa conclusione di dover tradire il regno, o Gidan e Vivi, che saranno costretti a vivere sapendo di essere stati creati, e non generati.
Diventano tanto adulti da accettare di sfidare la morte, vale a dire Trivia, e a correre il rischio di morire e rimanere solo nel Ricordo, pur di aiutare l’umanità intera.
Tematiche molto interessanti e difficili da trattare, indubbiamente. Se vogliamo spendere qualche parola anche sul lato pratico del gioco, vale a dire il sistema di combattimento e lo sviluppo, direi che questo capitolo è quello che si avvicina maggiormente a un gioco di ruolo tradizionale, giocato su scheda: i personaggi sono divisi in classi e ognuna di queste classi ha la sua particolarità che la rende unica. Non si eccede mai nella troppa potenza (basta pensare che a livello 99 Vivi ed Eiko hanno meno di 5000 HP a testa, contro i 9999 o più degli altri capitoli) e persino gli attacchi più potenti, effettuati da personaggi al massimo livello, certe volte infliggono meno di 8000 punti danno.
Il sistema di sviluppo è a livelli e le abilità si apprendono tramite i numerosi capi di equipaggiamento, nel giusto ordine di potenza e ad una moderata velocità.
Forse è proprio questa forza moderata a nostra disposizione che ha fatto storcere il naso ai giocatori più “esigenti” e “viziati”, ed è uno dei possibili motivi per cui è nata la Sferografia del capitolo successivo, un tipo di sviluppo che inizialmente indirizza un personaggio su una certa via, come la magia Bianca o la Potenza Fisica, ma è un percorso che col passare del tempo può essere cambiato, e così dotare i personaggi di ogni abilità, anche quelle assolutamente peculiari di un’altra classe.
Per quanto riguarda invece un altro elemento tenuto spesso in alta considerazione dai giocatori, cioè il legame fra il protagonista e l’avversario finale, si può arrivare alla conclusione con un semplice ragionamento, che in molti non hanno fatto, escludendo a priori questo prezioso “filo conduttore”: il boss finale che a storia quasi terminata si affronta è Trivia, la morte incarnata, il cui desiderio non è altro che distruggere ogni forma di vita per ricostruire un universo senza il Mondo di cristallo a sorreggerlo, vale a dire vuole creare un universo dove la vita non esiste.
Gidan e i suoi compagni, per cosa hanno combattuto, invece, durante il loro viaggio? Per l’amore, per la libertà, pura e semplice, ma soprattutto per la vita, dono che mai dovrà essere privato all’umanità.