Introduzione - Stelle
Aeris svoltò l'angolo e si reimmise nella strada principale. Era notte, ma nonostante ciò ella camminava per la città con una naturalezza che, per una ragazza come lei, sembrava tanto ingenuità. Camminava lentamente, i lunghi capelli castani ondeggiavano al ritmo dei suoi passi leggeri.
Alzò lo sguardo al cielo, e fu inondata dalla luce delle stelle, imponente nonostante l'inquinamento luminoso tipico delle grandi città. Le stelle illuminavano i suoi occhi, e li fecero brillare di una luce piena di vita e ottimismo, che aveva ben poco a che vedere con la luce di Midgar, la Città. Era smorta, debole, spettrale: i lampioni e le insegne luminose in realtà erano fonte di tristezza per gli abitanti. Aeris ogni volta era felice di rivedere il cielo, lei che viveva nei nei poveri Slums. Lì la luce del sole non esisteva mai, era il Sole a non esistere: sopra le strade e le case dei bassifondi, un enorme tetto sorreggeva il Mondo di Sopra, la città ricca di Midgar. Aeris in cuor suo malediceva la sorte dei sobborghi, costretti a non poter godere del Sole, uccisi da un'opprimente penombra, ma nel frattempo continuava a camminare, stringendo tra le mani il suo inseparabile cesto di coloratissimi fiori.
CAPITOLO 1 – ECOTERRORISMO
Scena 1 – Il treno
In quel momento un treno arrivò al settore 1. Sembrava deserto, nessun macchinista, nessun passeggero.
Le due guardie osservarono stupiti l'inatteso mezzo che frenava e si fermava stridendo con la locomotiva a pochi metri dalla fine del binario. Dave guardò Kirk, e si accorse che aveva un'aria perplessa: in effetti tutto era troppo silenzioso. Solitamente dal treno scendeva una gran folla, indipendentemente dall'orario, ora invece il silenzio era preoccupante.
Il treno era fermo, nessuno era sceso, si udiva soltanto il respiro soffocato dei due soldati.
-Chi è là?- Nessuno rispose.
-Kirk, non mi piace questa cosa.-
-Nemmeno a me. Se tra poco non scende nessuno, diamo un'occhiata.-
Si avvicinarono un po' timorosi alla locomotiva, e Kirk intimò nuovamente di scendere, ma la sua voce risuonò nel vuoto di quel silenzio tombale.
-Kirk, io chiamo dei rinforzi, qui mi sa di pericoloso.-
-Mah, non ce ne è bisogno. Piuttosto è meglio che chiami per far riparare questo treno.-
-Sì, come no, stai a vedere che il treno è arrivato fin qui da solo!-
Kirk restò muto di fronte all'evidenza, e Dave continuò:
-Io chiamo una squadra, punto e basta.-
Prese la trasmittente: -Qui Dave Hammett dalla stazione del settore 1. Urgente bisogno di uomini, è appena arrivato un treno non atteso e senza passeggeri o personale...-. Dave continuò a parlare con la centrale ancora per qualche istante, quando soddisfatto ripose la trasmittente nel fianco destro della cintura. Si avviò verso il collega, che nel frattempo si era allontanato per ispezionare la locomotiva, quando un colpo secco alla nuca, lo fece cadere morto all'istante. Kirk ebbe appena il tempo di vedere il corpo dell'amico afflosciarsi a terra, che subito dopo gli si presentò davanti agli occhi l'uomo più enorme e spaventoso che avesse mai visto in tutta la sua vita. La pelle nera lo faceva sembrare ancora più imponente, gli occhi risaltavano su di essa come la luna piena nella notte. Kirk lo fissò sgomento: il gigante gli puntava contro il braccio destro, che stranamente luccicava alla fioca luce del lampione. Il soldato mise bene a fuoco nella penombra, e si accorse con terrore che era un braccio bionico, l'avambraccio era un mitragliatore gatling fissato al gomito. Ed era puntato minacciosamente verso di lui, mentre gli occhi del gigante fiammeggiavano di collera. Prima che potesse alzare le mani o dire niente, qualcuno lo colpì alla nuca, probabilmente con un manganello, e fu il buio per sempre. Jessie, rimasta sul tetto del treno, scosse la testa alla vista di tanza violenza, ma sapeva bene che in quella situazione non potevano certo perdere tempo facendo prigionieri.
Wedge abbassò il manganello.
-Barret, stavi per sparargli, meno male che l'ho fatto fuori io! Dobbiamo fare silenzio!-
-Senti Wedge, non darmi ordini, per Dio! Non gli avrei sparato, non credermi così stupido.-
Volse lo sguardo al corpo di Kirk, sputò e ringhiò: -******** Shinra! Mi spiace che non ti ho sparato, ma vedrai che altri tuoi amici riceveranno questo onore! Biggs, avevi ragione, stare sul tetto è stato un colpo di genio... Cloud, fai meno il pupazzo e seguimi.-
Cloud era appena saltato giù dal tetto: aveva assistito al combattimento senza intervenire. Biondo, con singolari capelli a punta, si guardava intorno, apparentemente senza preoccuparsi molto dell'azione. Barret odiava questo suo atteggiamento, e cominciava a chiedersi perché mai l'avesse portato con loro.
Si avviò rapido verso Biggs e Wedge, per aiutarli a nascondere i due cadaveri, mentre Jessie sorvegliava la zona fuori dalla stazione per garantire la sicurezza dell'operazione che avrebbe avuto luogo a momenti. Cloud rimase immobile per qualche secondo, provocando a Barret un'irritazione vivace, che però tenne fra sé limitandosi a fissarlo furente negli occhi. Proprio gli occhi del biondo erano ciò che destavano più perplessità al gigante nero: avevano uno strano riflesso verde che Barret non aveva mai visto in nessun altro essere umano. Anche la sua arma era allo stesso tempo affascinante e inquietante: un enorme spadone che, oltre ad essere lungo un metro e mezzo, aveva anche una larghezza molto maggiore rispetto a qualunque altra spada: in effetti Barret nutriva qualche dubbio sulla capacità di Cloud, di media statura e dalla corporatura non molto massiccia, di poter maneggiare agevolmente un'arma così grande e pesante. Ma in fondo -è stato un miliziano Shinra, e nella Milizia ci entrano solo i migliori- pensò Barret, e si rassicurò per un attimo.
Una volta occultati i cadaveri come meglio poterono, i terroristi attraversarono strade deserte, velocemente e nell'assoluto silenzio, badando di non incrociare nessuno durante il cammino. Dopo pochi minuti si presentò ai loro occhi in lontananza la vista dell'imponente torre del Reattore num.1 di Midgar. Dalla ciminiera che la fiancheggiava usciva copiosa una fumata verde, i residui dell'energia Mako prodotta nel reattore. “Ma ora li conciamo per le feste” ringhiò tra sé Barret, ma i pensieri del resto del gruppo non si scostavano di molto dal suo. Solo a Cloud non importava niente: l'importante per lui era sistemare tutto prima dell'arrivo delle Roboguardie della Shinra.
Avevano marciato ancora qualche minuto quando Biggs, che guidava la spedizione, si fermò, e silenziosamente indicò ai compagni un cancello blindato sorvegliato da due guardie. Probabilmente non avevano ricevuto l'allarme del soldato della stazione, perché entrambe erano sedute con la testa china sul petto, forse addormentate.
Biggs ripeté il piano d'attacco, già imparato a memoria da tutti i componenti del gruppo. -Per entrare nel reattore bisogna fornire il codice per due porte, le altre non sono un problema. Io e Jessie le apriremo e vi aspetteremo lì, Wedge resterà qua a controllare la situazione e preparare la via di fuga. Invece Barret e Cloud...-
Barret lo interruppe: -Così non va, quel tizio alla stazione è riuscito a dare l'allarme. Senza dubbio una squadra in questo momento sta venendo alla stazione, e poi farà una ricognizione per tutto il settore: non potete restare in giro, comincerebbero a sparare e accorrerebbe come minimo la Milizia. Adesso voi trovate quei fottutissimi codici, poi vi nascondete in modo di vedere chi entra nel reattore. Se entra anche un topo, voglio che ci avvertiate. Non tirate fuori le pistole manco se entrasse l'intero esercito, avvertiteci con le trasmittenti e basta. Tutto chiaro?- Tutti fecero segno di aver capito. -Ottimo- continuò -Liberiamoci di quei morti di sonno.-
Cloud avanzò da solo e sguainò la spada, per la prima volta alla presenza di Barret, che osservò stupito la sua abilità nel maneggiarla. In quel momento un soldato alzò la testa, e vide l'ex-miliziano che gli si avvicinava puntandolo con la sua gigantesca arma. Tentare di svegliare il collega fu inutile: Cloud con un balzo si portò vicino al primo, e con un preciso fendente fece schizzare in aria la testa del nemico. L'altro non aveva manco fatto in tempo a capire cosa stesse succedendo, che l'enorme spada lo aveva già trapassato.
Era accaduto in un istante. Tutti erano compiaciuti ed allo stesso tempo terrorizzati. Solo Barret fingeva di non essere rimasto impressionato e, anche se il suo disagio era palpabile, si limitò a dire stancamente -Non male, chiappesecche!-, mentre Jessie correva verso il cancello, pronta a decifrare il codice di apertura. L'operazione risultò più breve del previsto, e lo stesso avvenne per il portone successivo, più grande e massiccio. -Fatto. Ora noi nascondiamo quei due – e indicò con lo sguardo i cadaveri dei soldati. Biggs e Wedge stavano già lavorando per nasconderli in mezzo alla spazzatura, e avevano già provveduto a pulire e coprire in gran parte le tracce di sangue sulla strada. Jessie voltò la testa per evitarsi quella vista, e si sforzò di continuare col discorso: -Cloud, eccoti la bomba e il timer. Fate in fretta, e avvertiteci quando state per risalire. Buona fortuna.- Jessie salutò i guerrieri con l'intima sensazione che non li avrebbe più rivisti, mentre dava il suo ultimo sguardo al biondo Cloud prima che sparissero dalla sua vista. Barret e Cloud avanzavano velocemente e con decisione, e si ritrovarono presto davanti ad un ascensore. -Il reattore è in fondo all'edificio- Entrarono e aspettarono, l'ascensore pur trovandosi in una struttura elevata era incredibilmente lento, e nell'attesa Barret ne approfittò per levarsi alcuni dubbi su Cloud: era troppo misterioso, e lui amava vederci chiaro.
-Dì un po', tu sai perché sei qui, veramente?-
-Il reattore esplode, e io prendo 2000 gil.-
-Sì, lo so. Ma sai perché vogliamo far esplodere il reattore?-
-No. E non mi interessa.-
-Certo che ti interessa! I reattori come questi stanno succhiando tutta l'energia del Pianeta! Il tuo pianeta!
-Ti ripeto che non mi interessa cosa succederà al mondo. Mi basta concludere prima che arrivino le roboguardie, poi prendo i soldi e mi levo di torno.-
-Cloud! Il pianeta muore, non capisci?
-Non mi riguarda.-
Barret non riusciva a capire quell'atteggiamento e lo detestava con tutte le sue forze. Scrutò incredulo e rabbioso lo sguardo del compagno, fisso impassibilmente sulla porta dell'ascensore, e pensò che probabilmente quello non era un uomo, “ma un fottutissimo mostro”.
La porta si aprì.
Davanti a loro un fitto un fitto intreccio di tubature, scale metalliche e corridoi si estendeva a perdita d'occhio. L'aria malsana era intrisa di un'umidità asfissiante, provocata dall'acqua che gocciolava copiosa in più punti, e da grandi quantità di vapore che usciva da molte valvole di sfogo. Il luogo era completamente deserto, come ci si aspettava che fosse. Barret si aspettava che Cloud lo guidasse verso il cuore del reattore, egli invece restava indietro e lo seguiva a distanza ravvicinata.
-Ehi Cloud, non ci sei già stato in posti come questo?-
-Ero della Shinra, te l'ho già detto.- Barret rinunciò a proseguire con la conversazione, memore di quella precedente, e si rassegnò ad avanzare seguendo le vaghe indicazioni fornitegli da Jessie. Continuavano a scendere scale e ad aprire porte, e ben presto il colosso si accorse di non riuscire più a districarsi in quel labirinto. -Dannazione, sono riuscito a perdermi in un fottuto reattore con un fottutissimo ex-miliaxiano!- Mentre pensava queste cose, si rese conto che erano finalmente arrivati: davanti a loro si ergeva il grosso portone che che gli era stato descritto da Jessie. La porta fu aperta senza difficoltà, e furono nel cuore del reattore. Il paesaggio ora era notevolmente cambiato: un ampio ponte metallico conduceva al reattore vero e proprio, lucente di un'aura verde, l'energia Mako estratta dalla Shinra in posti come questo. Barret si avvicinò all'apparecchiatura, senza osare toccarla. -Su Cloud, piazza la bomba.-
-Perché proprio io?-
-Fallo e basta.- Barret accompagnò questa risposta con ampi movimenti nelle braccia, e si voltò verso il reattore, dando le spalle al biondo guerriero, che non si era mosso. Restava a metà del ponte, immobile. Il suo sguardo era fermo incentrato sul vuoto, gli occhi pulsavano, le spalle tremavano furiosamente al contrario della sua mente. Cloud era immerso in una sfavillante, accecante luce bianca: il reattore, Barret, il ponte, non esistevano più, solo l'immobilità assoluta del silenzio. Incapace di muoversi e di pensare, Cloud rimaneva in piedi fermo nell'immensità senza capire il senso di ciò che accadeva, in uno stadio intermedio tra coscienza e sogno. Ora le spalle si fermavano, gli occhi non pulsavano più. In quel momento si alzò una voce potente e imperiosa, che rimbombò nell'infinita vastità del nulla: -Attento! Questo non è solo un reattore!- La voce era insopportabile, e continuava a riecheggiare senza sosta: Cloud si coprì le mani con le orecchie, ma sembrava che così facendo la voce si amplificasse ancor di più; stremato, quando il calvario finì, Cloud si lasciò cadere a terra. Gli occhi, appena semiaperti, fissavano in alto: nel bianco si distingueva un piccolo punto nero. Lo fissò stupito venire verso di lui, sempre più grande e vicino. Il nero si contornò con chiarezza, prese forme sempre più nitide e colorate, fino a quando Cloud non vide Barret venirgli incontro.
-Ehi, tutto bene? Che cos'hai?-
Cloud sbatté le palpebre e si rimise in piedi in un attimo: -Niente, sto bene, non preoccuparti-
Barret scoppiò a ridere: -Preoccuparmi di te, io? Vorrai scherzare! Non credere che mi importi qualcosa di te! Avanti, piazza la bomba.-
Cloud liberò il piccolo ordigno dalla cintura, lo stesso fece con mani esperte per il timer, un congegno elettronico altrettanto minuto. Tutta l'attrezzatura era dotata di magneti per permettere una perfetta adesione con la superficie metallica dell'obiettivo, e in pochi minuti tutto era pronto.
-Cloud, metti il timer a 10 minuti, e...- Le sue parole furono interrotte dal rumore della trasmittente di Barret.
-Fzz...Brzz... Sono Jessie, sta arrivando una pattuglia. Nove uomini, truppe regolari, e una Roboguardia. Ci siamo dimenticati di chiudere le porte.- Barret si sentì gelare il sangue al pensiero di aver compiuto una leggerezza simile. -Entreranno di sicuro, tenetevi pronti.-
-Ok Jessie, se non torniamo tra meno di venti minuti, levatevi di torno. Ti ricontatterò io, passo e chiudo.-
Barret ripose la trasmittente all'attacco della cintura, e si volse a Cloud con aria decisa.
-Bene, il piano è molto semplice. La pattuglia non è sicura che noi siamo proprio qui. Restiamo qui dove siamo, dietro il reattore, aspettiamo che si avvicinino e li facciamo fuori.-
Cloud lo guardò con aria di sufficienza: -Brillante...-
-Se hai idee migliori puoi anche dirle, invece di fare il cretino.-
-Le truppe regolari sono composte per lo più da poveracci male addestrati, ma la roboguardia può essere pericolosa.-
-IO sono pericoloso, non un fottuto apriscatole! Perciò faremo come dico io, e...-
Il portone si spalancò di colpo.
Scena 2 – Scorpion
Il tenente Lars Hetfield dirigeva le operazioni quella notte. I suoi uomini erano compatti di fronte alla portone che conduceva al cuore del reattore, ed erano pronti ad entrare per la ricognizione.
-Tenente, entriamo? Non sarebbe meglio aspettare che lo Scorpion ci raggiunga? E' rimasto indietro per via di quelle scale strette.-
-Non c'è tempo da perdere, potremmo dover aspettare troppo.-
-Signore, non sarebbe il caso di far circondare la zona?-
Hetfield aveva la percezione che qualcosa non andava, in quella circostanza. Ricevuta la comunicazione dalla stazione, erano accorsi sul posto, e non avevano trovato nessuno. Lo stesso per le guardie del reattore, in più le porte erano tutte aperte... Poteva essere un tentativo di sabotaggio, ma nessun terrorista avrebbe mai lasciato tanti indizi consapevolmente: era più logico credere che le guardie fossero disoneste. Così il tenente rispose un po' seccato:
-Perché quattro soldati sono andati come al solito in qualche night club, invece di lavorare? No... Entriamo, ora!-
Un soldato aprì la porta di colpo con un calcio, e puntò la pistola. Vide subito una sagoma massiccia che si abbassava dietro al reattore, e cominciò a sparare in preda al terrore. Gli altri lo seguirono e lo imitarono, e una scarica di proiettili si abbatté contro il macchinario, mentre Barret e Cloud rimanevano dietro di esso, al riparo dal fuoco nemico. Dopo pochi istanti Cloud uscì rapido allo scoperto tra i proiettili vaganti, intercettandoli con la sua enorme spada. Quando fu a distanza ravvicinata, rifilò in pochi attimi precisi fendenti a gran parte dei nemici, che si ritrovarono subito decimati. Barret uscì dal suo nascondiglio e aprì il fuoco col suo gatling con precisione totale. Il ponte era disseminato di nove cadaveri, e l'azione era durata solo pochi istanti.
Barret era raggiante: -Puah! Fottuti Shinra!- E andò a schernire ognuno dei cadaveri distesi, sputando rabbioso e dando calci impazziti. Cloud, vagamente disgustato da quella dimostrazione di sensibilità del compagno, lo interruppe: -Dov'è il robot?-
-L'apriscatole? E chi lo sa, filiamocela prima di scoprilo. Avanti, metti il timer.- Tornarono indietro, verso il reattore, per tarare il dispositivo. Un frastuono metallico riecheggiò per la struttura dietro di loro, sempre più forte, fino a che la sua fonte si palesò: il robot li aveva finalmente trovati. Barret guardò sgomento l'enorme macchina, che avanzava verso di lui minacciosa: aveva già avuto a che fare con un robot dello stesso tipo, sei anni prima, e ne era uscito vivo solo fuggendo.
-*****, è lo Scorpion!- e fece partire una lunga raffica del suo gatling. Le pallottole non lo scalfivano nemmeno, ma Barret continuava a sparare e urlare in preda a una furia vendicativa inaudita.
Lo Scorpion doveva il nome alla sua tipica forma: il busto metallico era sorretto da quattro braccia meccaniche, con l'aggiunta di una lunga coda terminante con il congegno più devastante di questa macchina da guerra. Proprio la coda in quel momento si alzò. Il terminale azzurro, il pungiglione, si illuminò fino ad abbagliare, incandescente: da lì partì una scarica laser che colpì il braccio umano di Barret che continuava indomito a combattere, nonostante un fiume di sangue sgorgasse dal possente bicipite.
Cloud si era lanciato contro il nemico, tentando con tutte le sue forze di perforarne il busto ma senza esito.
-Barret riparati, ci penso io.-
-Eh?! Non dire *******te!-
-Tu fallo e basta.-
Cloud rinfoderò la spada, davanti agli occhi sbigottiti di Barret -Pazzo! Che fai, scappi?!-
L'ex miliziano fissava la macchina, gli occhi completamente verdi, lo stesso verde che avvolgeva il reattore, senza pupille: unì al petto i pugni e digrignò i denti per lo sforzo: un'aura lucente lo avvolse. Prima che lo Scorpion potesse usare di nuovo il suo laser, Cloud spinse in avanti i pugni, urlando per il dolore: una moltitudine di fulmini si abbatté dal nulla contro il robot, facendolo esplodere in pochi attimi.
Barret non riusciva a credere a quel che era appena accaduto davanti ai suoi occhi: era magia! Non aveva mai visto niente del genere in tutta la sua vita
-Tu... tu sei un mago? Quella era una magia!-
-La magia... non esiste. Esiste solo questa, la Materia.- Ed estrasse da un incavo della sua spada una piccola sfera verde.
-Quella biglia? E' magica?-
-No, questa è la Materia. La Materia è energia mako condensata: si può controllare la sua energia, potenzialmente potrebbe farcela chiunque; non c'è niente di magico in quello che ho fatto.-
-E perché accidenti non l'hai usata subito, con tutti quei soldati?!-
-Usare la Materia è molto provante: lo faccio solo se ce n'è estremo bisogno, come ora.-
-Dannazione, non credo di sapere cosa voglia dire “provante” ma per ora lasciamo perdere...avanti fai partire il conto alla rovescia e diamocela a gambe.-
Mentre Cloud si avviava a eseguire l'ordine, Barret decise di avvertire Jessie degli sviluppi, ma desistette dal proposito non appena tentò di muovere il braccio, ancora sanguinante, per impugnare la trasmittente. -*****, questa ferita è proprio brutta, sto perdendo molto sangue.- Cloud si fermò: aveva riassunto quella stesa posizione che aveva preso prima di distruggere lo Scorpion. Un turbine di sfavillanti luci verdi si mosse verso Barret, che osservava la scena terrorizzato e furioso: -******** Miliziano, cosa fai?!- Le luci lo circondavano, e si concentrarono sul braccio ferito; lo squarcio si rimarginò, le luci si dissolsero così com'erano comparse.
Barret era sconvolto: aveva a che fare con il guerriero più potente mai incontrato in vita sua. Cadde a terra, sconvolto da ciò che aveva visto, e lo stesso fece lo stremato Cloud, che si abbandonò a peso morto sul freddo pavimento metallico adiacente al reattore. Rimasero lì per un interminabile minuto, quando si alzarono per portare a termine l'opera: fatto partire il conto alla rovescia di dieci minuti, i due terroristi furono estremamente rapidi nel risalire e nel recuperare i compagni. Senza dire una parola, Biggs guidò il gruppo verso il portone di un palazzo: aperto, tutti corsero a perdifiato giù per le scale, raggiungendo le cantine. In una di queste Biggs e Barret avevano lavorato settimane intere, al fine di creare un passaggio che li portasse alla rete fognaria. Non ci furono altri intoppi, e l'esplosione avvenne solo quando Barret e la sua banda erano già in marcia da qualche minuto verso il Settore 8.
Scena 3 – L'esplosione
La calma apparente di quella notte fu lacerata da un'incredibile esplosione, mentre gran parte del reattore saltava in aria, generando un'enorme nube verde. Dopo pochi secondi si scatenò un gigantesco incendio, che avrebbe devastato la zona per due giorni interi. I morti furono un centinaio, a causa del propagarsi dell'incendio e del fumo generato, fattori che Jessie non aveva previsto.
Il presidente Shinra era alla vetrata dell'ultimo piano del Quartiere Generale della Shinra, quando avvenne l'esplosione. Osservò la scena per qualche secondo con gli occhi spalancati: perfettamente davanti a lui, a chilometri di distanza, uno degli otto reattori di Midgar era appena esploso. Midgar, la città più estesa e popolata del mondo, aveva una struttura circolare, divisa in otto settori. Al centro del cerchio si trovava un enorme grattacielo di settanta piani, il Quartiere Generale Shinra, mentre agli estremi di ogni settore era stato costruito un reattore Mako, che contribuiva a fornire energia alla città. Ora i reattori erano diventati sette. Con fare composto e in apparente tranquillità interiore, il Presidente si sedette alla scrivania. -L'hanno fatto davvero... Adesso mi hanno davvero stancato- pensò, e alzò la cornetta del telefono.