Seduto nella penombra della sua stanza, Raksha stava ultimando i preparativi in vista della battaglia imminente. Erano passate solo due settimane dalla sua nomina a mastro ingegnere, due settimane difficili, dense di decisioni e di impegni. Eppure lui, a differenza del povero Clodan, non era uno che riuscisse a stare per lungo tempo con le mani in mano. Subito dopo la sua elezione, l’imperatore aveva annunciato il ritiro di tutte le truppe e la fine della campagna espansionistica. Tuttavia, nemmeno dieci giorni dopo, in alcuni dei pianeti sottomessi erano scoppiati movimenti di rivolta e Raksha si era subito offerto per andare a riportare l’ordine. Da due giorni ormai stavano combattendo contro i ribelli di Tzegan ma, quel giorno, ci sarebbe stata la svolta decisiva.
Un debole sole invernale era appena sorto, rischiarando con la sua flebile luce l’intero accampamento e portando con sé la solita leggera pioggia mattutina. L’ingegnere abituato al clima caldo e secco di Batacan non aveva mai potuto sopportare quelle, seppur innocue, precipitazioni. Leggermente indispettito dal fatto che addirittura le condizioni atmosferiche sembrassero avercela con lui, riprese i suoi preparativi. Dopo aver allacciato gli anfibi e aver indossato la corazza mimetica, afferrò il fucile a raggi gamma,un arma che solo gli ufficiali di grado più elevato potevano impugnare,e lo assicurò ad una fibbia presente sul retro della corazza,all’altezza delle scapole. Infine raccolse dal comodino una boccetta contenente alcuna pastiglie di colore azzurrognolo e, dopo essersela infilata in tasca, lasciò la stanza. Dopo aver mosso alcuni passi e aver controllato rapidamente l’orologio da polso, chiamò un tenente per trasmettere i suoi ordini.
<<Come stanno i miei uomini>>
<<Tutti armati e pronti per partire, signore>>
<<E i veicoli>>
<<Carichi e con i serbatoi pieni,signore>>
<<Molto bene. Raduna tutta la nostra forza d’attacco e alle sette in punto sferra un potente colpo alla fascia centrale del loro schieramento difensivo. Utilizza tutto il potenziale offensivo di cui disponiamo…voglio che tremino per l’incolumità stessa del loro pianeta. Sono stato chiaro?>>
<<Signorsì, signore>>
Detto questo l’uomo si allontanò. Raksha, rimasto nuovamente solo, prese invece una direzione opposta rispetto al tenente e, dopo alcuni minuti, entrò in una grossa struttura quadrangolare. Ne uscì a cavallo di un’imponente moto da combattimento puntando in direzione nord-est, verso l’ala sinistra della linea difensiva nemica. Se le informazioni che i suoi esploratori avevano raccolto erano corrette, l’accampamento nemico poteva venir aggirato in poco meno di un’ora. Quando la forza guidata dal tenente Rogor fosse impattata contro il centro dello schieramento nemico, le ali si sarebbero certamente richiuse garantendogli una facile via d’accesso verso il cuore dell’accampamento, ove erano custoditi gli ostaggi. E una volta liberati gli ostaggi, nulla avrebbe impedito al suo battaglione di radere al suolo l’intero accampamento. Fin dall’inizio i ribelli, tecnologicamente molto inferiori rispetto agli ingegneri, avevano incentrato su quegli ostaggi tutta la loro strategia difensiva. Tuttavia questa situazione impediva loro di portare effettivamente a termine le loro minacce, poiché se questi ostaggi fossero stati uccisi…
Improvvisamente la gomma anteriore della moto scoppiò, facendo sbandare il veicolo e scaraventando a terra Raksha. Soffocando l’impulso che lo spingeva a balzare in piedi e ad estrarre la sua arma, si costrinse a rimanere immobile. Se,come pensava, la gomma era veramente scoppiata a causa di un proiettile, presto l’aggressore si sarebbe avvicinato per controllare che lui fosse veramente morto. Oppure avrebbe sparato ancora, e in quel caso…
I secondi passavano lentissimi mentre raksha, ancora steso a terra, scrutava l’orizzonte e si sforzava di rimanere immobile. Infine una sagoma emerse da dietro una delle colline di sabbia e si diresse verso di lui. L’uomo indossava un elmo che non permetteva di riconoscere le fattezze del volto,una corazza che a lui famigliare e, sopra di essa, un lungo mantello rosso. Non portava con sé nessuna arma.
<Un mago! Com’è possibile? Pensavo che su questo pianeta fossimo giunti solo noi>
Ormai l’aggressore si trovava a pochi passi da lui e Raksha, senza indugiare oltre, balzò in piedi. Con un movimento repentino estrasse un pugnale che gli pendeva dalla cintola e lo scagliò verso il suo avversario. Tuttavia il dolore lancinante che avvertì al fianco sinistro non appena si rialzò, inibì per un attimo i suoi sensi facendogli spostare lievemente la mira. L’uomo misterioso, ferito lievemente alla spalla, comprese subito la situazione e in un attimo gli fu addosso. Dopo aver pronunciato una parola le sue mani si ricoprirono di un alone bluastro e saettarono in avanti per colpire il rivale. L’ingegnere scartò rapidamente prima a destra poi a sinistra, ma il fianco ferito lo tradì ancora una volta permettendo al secondo attacco del mago, era ormai evidente a quale fazione appartenesse, di raggiungerlo. Raksha urlò di dolore quando la mano penetrò la sua armatura e gli ustionò la pelle subito al di sotto del pettorale destro, e sarebbe certamente svenuto se non avesse avuto la prontezza di allontanare l’avversario con un calcio all’addome. Dopo aver ripreso fiato, il mago incominciò a cantilenare alcune parole ma stavolta l’ingegnere, spinto dalla consapevolezza che non avrebbe resistito ad un altro attacco, fu più veloce di lui. Tenendosi con entrambe le mani le ferite balzò in avanti e sferrò un potente calcio al fianco destro del nemico. Subito dopo un rapido sgambetto mandò gambe all’aria l’incantatore e in un attimo il leader degli ingegneri fu sopra di lui, premendo con forza il grosso anfibio sulla trachea dell’uomo steso a terra. Il suo avversario stava ormai per esalare l’ultimo respiro quando Raksha riconobbe con orrore la corazza che egli indossava.
Velocemente tentò di allontanarsi dal corpo esanime, ma non aveva ancora percorso nemmeno un metro quando il cadavere esplose con la forza di una granata.