Varie The Union

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
ho letto l'episodio XXI molto carino per ora, complimenti, nn credo di avere il tempo per leggere i precedenti, credete che cominciando a seguirvi da qui posso cmq tenere il filo del discorso e capire qualcosa?

Ho i miei dubbi...
Perchè non inizi dall'inizio? Non importa se resti indietro, mica li cancelliamo dopo averli postati...:D

Doom! UN COMMENTO!

EDIT: Che scortese, non ho neppure ringraziato. Grazie, Proud Cloud! :D
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Episodio XXII -1° parte

Una goccia.
Un'altra goccia.
Ancora una goccia.

Zack Fair si svegliò così, con una goccia che continuava a cadere ritmicamente sulla sua fronte. Di tutti i risvegli che aveva avuto, questo era sicuramente uno dei peggiori: si trovava in un ambiente freddo, buio e umido; aveva tutti i muscoli del corpo indolenziti, come se fosse stato appena schiacciato da un elefante e, come se non bastasse, sentiva un forte bruciore alla spalla destra. Cercò di aprire gli occhi, ma tutto ciò che la sua vista offuscata potè vedere fu l'immagine sfocata di una creatura pelosa di una ventina di centimetri a un centimetro dalla sua faccia, che lo stava annusando. Zack cercò di muovere il braccio sinistro per cacciare via quella bestia, qualsiasi cosa fosse, ma il rumore metallico delle catene seguito da un impedimento non indifferente bloccò il suo movimento quasi subito. Il ratto capì comunque di essere indesiderato e si allontanò da lui, zampettandogli velocemente lungo il braccio ferito. Con sua notevole sorpresa Zack notò che non riusciva assolutamente a muoverlo, come se fosse rotto; e anche la sensibilità tattile era estremamente ridotta, visto che si accorse del movimento del ratto solo grazie al rumore. Con il passare dei minuti, e il continuo sbattere le palpebre, il ragazzo riuscì finalmente ad avere una visione nitida; cercò di mettersi seduto e dopo una fatica immane riuscì a trascinare le catene che lo immobilizzavano in modo da raggiungere una posizione sufficientemente accettabile.
A quel punto Zack fece il punto della situazione: era incatenato, aveva perso la sensibilità e l'uso di tutta la parte del corpo al di sotto della ferita alla spalla e probabilmente ora si trovava in una cella imperiale. Notò una piccola apertura sbarrata in alto, vicino al soffitto di quella stanza che più che una cella sembrava uno scantinato abbandonato; non filtrava luce da quell'apertura, solo una grande quantità di acqua. Sembrava più l'altra parte di un canale di scolo delle strade che una finestra, così come l'ambiente generale, più simile a una fogna che a una prigione. Zack si osservò intorno e ascoltò i rumori provenienti dagli angoli più bui; evidentemente non era solo in quella stanza. Decise di muovere la mano sinistra tastando il terreno, per capire qualcosa di più, e trovò una sostanza viscida, vagamente liquida e non molto piacevole da toccare; tastando su di sè, notò che i suoi vestiti erano intrisi completamente nello stesso liquido. Si portò un dito alla bocca, per assaggiarlo, ma sputò tutto qualche istante dopo: era sangue, molto probabilmente il suo, perso dalla ferita alla spalla destra. Si chiese da quanto tempo si trovava lì, e come avesse fatto a non morire dissanguato nel frattempo; ora la spalla sembrava non sanguinare più, ma la ferita era ancora aperta e bruciava parecchio. Dai rumori nella stanza e dal suo iniziale incontro ravvicinato, Zack aveva capito che gli altri inquilini della stanza erano dei ratti, aumentando così le somiglianze con una fogna; prestando attenzione ad ogni singolo rumore, Zack ne stimò cinque più grossi e due più piccoli, probabilmente i cuccioli. Ogni tanto uno di essi si avvicinava cautamente per annusare qualche parte del suo corpo, ma fuggivano subito appena il ragazzo cercava di entrare in contatto con loro.

Zack: Eh.. immagino questa sia casa vostra...

commentò ad alta voce, come se stesse veramente parlando con loro

Zack: Spiacente per il disturbo, se potessi vi lascerei ai vostri affari ma ho delle catene che mi bloccano...

Lo scricchiolio di una porta aperta fece interrompere la frase a Zack, mentre la stanza venne invasa dalla luce; tutti i ratti scapparono via spaventati nell'unico angolo rimasto buio, mentre una voce maschile irruppe potente

***: Non hai perso il tuo senso dell'umorismo, a quanto pare.. Zack Fair!

Zack chiuse gli occhi, abbagliato per l'improvvisa illuminazione della stanza; subito dopo ricevette un forte pugno, che gli fece voltare la faccia dall'altra parte. Il ragazzo sputò qualcosa tipo saliva mista a sangue, dopodichè rispose

Zack: ..io no, ma almeno non prendo a pugni la gente a caso..

***:Fai lo spiritoso?

Un altro pugno, diretto; questa volta nello stomaco. Zack trattenne il fiato per un secondo, poi chiese

Zack: ...se non ti dispiace.. puoi dirmi chi sei? Non mi piace farmi pestare da chi non conosco..

***: Io sono il Sommo Inquisitore Venomin, la più grande autorità imperiale che si occupa della Piaga Nera. E tu sei stato finalmente fermato, i tuoi crimini gridano vendetta! Ora giustizia verrà fatta!!

Zack: ..giustizia?! Non mi sembra molto giusto arrestare con la forza una persona, trascinarla in una fogna e..

Il ragazzo fu costretto a smettere di parlare da un nuovo pugno nello stomaco, più forte del precedente, che gli tolse il fiato.

Venomin: Taci, vigliacco! Il tuo processo sta per compiersi.. ma sarai sicuramente condannato a morte, questa è la pena per i membri della Piaga Nera!

Con un rapido gesto del mantello che lo avvolgeva, l'Inquisitore si volse verso la porta ed uscì, dopo aver assestato un paio di calci nella schiena di Zack.
La porta si richiuse dietro di lui, lasciando il povero spadaccino semisdraiato nella pozza del suo stesso sangue ancora più dolorante di prima; una volta che fu ripiombato il buio un grosso ratto, il più grande di tutti, si avvicinò a Zack, come per consolarlo. Il ragazzo osservò l'animale con i suoi occhi blu brillanti ed affermò, con l'ultimo filo di voce rimastogli

Zack: ...un.. grande.. giustiziere.. non c'è che dire...
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Episodio XXII - 2° parte

Qualche ora dopo Zack riaprì gli occhi. Si trovava sempre nella medesima stanza-scantinato, attorniato dai ratti, che avevano ormai vinto qualsiasi paura e l'avevano accettato come loro coinquilino. Anche i cuccioli più piccoli ora gli zampettavano su tutto il corpo, incuriositi dalle pieghe dei pantaloni della sua tuta; solo quelli più grandi tuttavia erano così coraggiosi da avventurarsi fin sul suo petto e annusare lo squarcio della ferita alla spalla, per poi scappare via subito al primo riflesso di dolore di Zack. Il ragazzo provò a muovere il braccio destro, ma non ebbe risposta: dopo un discreto sforzo riuscì solo a chiudere il palmo della mano. Sempre meglio che niente, pensò.
Cercò di muovere le gambe, per alzarsi in piedi, e con sua grande sorpresa ci riuscì; alzò il braccio sinistro e riuscì ad allontanare i ratti più piccoli, arrivando a mettersi in ginocchio.
Zack si osservò il polso e vide che l'unica cosa rimasta delle catene che lo vincolavano era un moncherino di metallo; allo stesso modo, a livello delle caviglie aveva degli anelli singoli, tranciati di netto dal resto delle catene.

_Chi.. diavolo è.. stato?!_

Il ragazzo dagli occhi blu si volse verso il gruppo di ratti, ma dopo un'attenta analisi delle bestie rifiutò l'ipotesi che fossero stati i loro denti a liberarlo. Erano dei ratti normali, di quelli che si trovano comunemente nelle fogne, con una sola eccezione: avevano il pelo completamente bianco. Zack se ne accorse grazie alla poca luce che filtrava dalla presa d'aria vicino al soffitto; erano veramente strani, non aveva mai visto animali simili. Una luce azzurrina improvvisamente comparve alle sue spalle e si diffuse in tutta la stanza; il ragazzo si voltò e vide una sfera blu galleggiare a mezz'aria: non sembrava una sostanza materiale, ma un oggetto etereo, da cui partivano ritmicamente ondate di aria molto fredda. E mentre la mente di Zack veniva inondata di comprensibili domande e dubbi, quella sfera sembrò parlare.

"Non perdere tempo a farti domande"

_Cosa?_

Osservandolo meglio, Zack vide che l'oggetto davanti a lui non era una sfera, ma aveva una forma di parallelepipedo: non seppe spiegarsi perchè, ma ricondusse immediatamente quella forma al cristallo di cui aveva assorbito la forza quando aveva conosciuto Manuel. Nel frattempo la temperatura nella stanza stava abbassandosi in modo considerevole, ma Zack non se ne accorse; al contrario i ratti si radunarono uno vicino all'altro ma non scapparono: non avevano paura di quella entità.

"Non farti domande" ripetè la voce "Le domande vogliono risposte, e se non le trovano generano rabbia. La rabbia genera ira, l'ira genera caos"

Sulle pareti della stanza l'umidità iniziava a congelare, così come il liquido schifoso intorno a Zack, ma nessuno dei presenti si mosse. Al ragazzo bruciava ancora tanto la spalla, ed ogni ventata di aria sempre più fredda proveniente dal cristallo acutizzava sempre di più quel dolore. Quando tutta la stanza fu ricoperta di un sottile velo di ghiaccio e l'atmosfera divenne simile a quella di una rigida mattina invernale siberiana, la forma luminescente mutò ancora: davanti agli occhi di Zack e dei suoi amici ratti comparve nuovamente la figura di quel guerriero con cui aveva combattuto prima di prendere il cristallo. Aveva ancora sulle spalle una spada molto simile a quella di Zack, e i suoi occhi blu brillanti sembravano emanare energie fredde molto vicine allo zero assoluto.

_Tu.. ti conosco.._ disse Zack _Sei.. lo spirito del cristallo.. giusto?_

"Sì, io sono Cloud, il Custode del Cristallo dell'Inverno" rispose il guerriero "E tu ne sei l'Erede"

_Erede.. dell'Inverno?!_ chiese Zack. Il guerriero del cristallo l'aveva già chiamato 'erede', ma non aveva ancora capito a cosa si riferisse; e adesso aveva aggiunto 'dell'Inverno'. Forse adesso era chiaro almeno come avesse fatto la stanza dove si trovava a diventare una specie di cella frigorifera, ma non molto di più. Zack fu costretto a fermare questo pensiero perchè delle forti fitte alla spalla divamparono in tutto il suo corpo, come fiamme.

"Ferma le domande, congela lo spirito del dubbio."

Il ragazzo sgranò gli occhi quando si vide improvvisamente avvolto da un muro di fuoco, come comparso dal nulla. In men che non si dica Zack si trovò avvolto in una vera e propria sfera incandescente, che gli consumava il corpo e l'anima e produceva un dolore inimmaginabile, soprattutto alla spalla.
La voce di Cloud si fece più forte e autoritaria

"Supera il fuoco del dolore, lascia dietro di te le fiamme della sofferenza. Il freddo ti guidi, richiama il potere del gelo per spegnere le passioni negative."

Zack socchiuse gli occhi, con una smorfia di dolore; mai nella sua vita era stato messo così tanto alle strette, ma improvvisamente sentì una grande forza provenire da dentro. Mentre la sua anima veniva avvolta dalle fiamme e il suo corpo ridotto a una torica umana, nella sua mente apparvero immagini delle distese sconfinate di ghiaccio e tundra, ambienti innevati, ghiacciai perenni; vide le grandi calotte polari, i mari più freddi, lo spazio siderale delle nebulose, vicine allo zero assoluto. L'ultima immagine che vide fu il Pianeta intero, visto dallo spazio, e una luce molto brillante al di sopra del polo nord. Era la luce di una stella.

"Sì, ci sei arrivato!" tuonò Cloud, con una possanza indescrivibile "Ora, prendi possesso di ciò che è tuo ed estingui il fuoco dell'Inferno!!"

Tutte le azioni successive furono più istintive che razionalmente decise. Zack mosse il braccio sinistro e lo portò al petto, all'altezza del cuore; strinse il pugno destro, cercando di attingere energia anche dall'arto immobile. Chiudendo gli occhi il ragazzo sentì una colonna di energia più pura dell'acqua e più fredda del ghiaccio stesso uscire da lui e dirigersi verso l'alto; un fascio luminoso, simile a un laser, partì dalla sua mano sinistra e squarciò il soffitto, fino a perdersi negli strati alti dell'atmosfera. Dopo qualche istante Zack sentì un'energia molto più grande scorrere attraverso quel fascio, come se avesse creato un canale di comunicazione con qualcosa di molto più potente, e raggiungerlo. Traendo energia direttamente dalla sua stella guida il potere stesso dello zero assoluto entrò in lui, precisamente nel punto della ferita alla spalla e lo attraversò da capo a piedi.
Un'implosione di energie fredde devastò la stanza, facendo scappare i ratti. Le fiamme intorno al corpo di Zack cessarono immediatamente di esistere, e il ragazzo sentì che la ferita alla spalle era completamente guarita. Mosse il braccio destro, e vide che era tornato quello di prima. Aprì finalmente gli occhi, giusto in tempo per vedere la figura di Cloud sorridere molto soddisfatto e vaporizzarsi, diventando un fluido etereo che ritornò nel suo petto. L'ultima cosa che sentì pronunciare fu

"Molto ben fatto. Hai verificato parte della tua eredità: hai ottenuto la benedizione della Stella Polare!"

_La Benedizione della Stella Polare.._ ripetè Zack, stringendo i pugni e iniziando a comprendere parte della sua immensa forza _E ora a noi due, Inquisitore Venomin!!_
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Povero Doom... L'ho fatto aspettare così tanto da fargli pubblicare un nuovo capitolo... :(
Beh, ora almeno sono qui! :eek:
Mi scuso per il ritardo, e vi auguro buona lettura! :D

Episodio XXIII - Prima parte

Vincent: Ehi, qualcosa che non va?
Manuel si era completamente dimenticato di essere stato appena salvato (o rapito?) da quello strano ragazzo freddo e spaventoso, al pari di un vampiro. Stava osservando quella ragazza, senza sapere neppure il perchè.
Manuel: No... No, è tutto ok.
Vincent: Seguimi.
Manuel annuì, e poco dopo si ritrovò ad inseguire nuovamente quel cupo individuo dal mantello rosso fluttuante. Fece pochi metri, e non resistette a lanciare un'altra occhiata alla ragazza. Si accorse con stupore che era scomparsa. La cercò per pochi secondi, poi si accorse che Vincent lo aspettava con le braccia conserte, e l'espressione vagamente contrariata. Scosse la testa, e continuò a seguirlo.
Vincent:... Conoscevi quella ragazza?
Manuel fu talmente colto alla sprovvista da fermarsi di colpo. Ma allora se ne era accorto anche lui... Riprese a camminare per non restare indietro.
Manuel: No.
Vincent: Ho pensato... Dal modo in cui la guardavi... Mah, mi sarò sbagliato.
Manuel:... Chi era, comunque?
Vincent: Non lo so. E' arrivata qui poche ore fa, e le stiamo facendo credere di essere in una città qualunque. Dice che fra un po' ripartirà, stiamo reggendo la commedia finchè non se ne va. Ah, a proposito... Se per caso ci parlassi, e ti chiedesse qualcosa, noi siamo nella città neutrale di Oozla.
Manuel: Oozla. D'accordo, ho capito. Ma perchè non le dite dov'è?
Vincent: Potrebbe essere una spia imperiale, per quanto ne sappiamo.
Manuel: Ma l'Impero saprà che non esiste nessuna Oozla, no?
Vincent: Ma l'Impero è talmente esteso che nessuno può conoscere tutte le sue città a memoria. Però appena se ne sarà andata dovremo spostare tutto, prima che abbiano il tempo di controllare le mappe.
Manuel: E perchè io sono stato informato?
Vincent: Sospettiamo che tu sia implicato in qualcosa. Ci avevano informato che il tuo compagno, Zack Fair era un membro importante dell'esercito imperiale. Sinceramente mi sembra improbabile, sia che lo sia lui, sia che tu sia implicato, ma il Profeta mi ha ordinato di portarti al suo cospetto.
Manuel: Ma... L'esercito lo ha accusato di essere un membro della Piaga Nera!
Vincent: Capisci perchè lo ritengo improbabile? Ci sono fin troppe incongruenze. Certo, potrebbe essere stata una mossa per portarci a pensare proprio questo, ma allora con questo ragionamento non si conclude nulla, si va avanti all'infinito a perdersi su inutili congetture.
Manuel: Capisco.
Manuel provò un moto di rabbia verso Zack, in cosa diavolo lo aveva coinvolto? Non era davvero arrabbiato con lui, ma era molto preoccupato, e sentiva il bisogno di scaricare le colpe su qualcuno. Un capro espiatorio, Zack.
Manuel era talmente assorto dai suoi pensieri che all'improvviso andò a sbattere contro un corpo piuttosto freddo. La stoffa rossa e ruvida del suo mantello gli dava un leggero fastidio alla faccia. Si riassestò sul posto, e guardò l'ostacolo che aveva appena colpito.
Vincent: Siamo arrivati.
Manuel alzò lo sguardò, e vide una casa. Non un palazzo pieno di sfarzo, come si era immaginato la degna dimora di un pontefice, anzi. Una casa piccola e con le pareti di legno talmente vecchio da essere marcio e pieno di buchi. Un odore di muffa riempiva l'aria e Manuel si lasciò sfuggire una smorfia.
Manuel: Qui? Qui vive... Il Profeta?
Vincent annuì, ed aprì la porta, accompagnando Manuel all'interno.
Vincent: Eccolo, mio signore.
???: Bene, fallo accomodare.
Manuel dapprima sobbalzò, non aveva notato nessuno: la stanza era incredibilmente buia, e si distinguevano a stento i propri piedi. Il pavimento di legno scricchiolava leggermente sotto i passi di Manuel. Solo sotto quelli di Manuel, però: i passi di Vincent non producevano alcun suono, nonostante sui suoi piedi ci fossero quei bizzarri stivali dorati. E poi, la seconda cosa che aveva colpito Manuel era la voce del Profeta. Era come se parlasse direttamente nella testa. La terza cosa, che iniziava a distinguere solo ora, era una sagoma scura, seduta su una sedia di fronte ad un tavolo, tutto dello stesso legno marcito a causa dell'umidità.
Vincent fece cenno a Manuel di accomodarsi, poi fece per andarsene.
???: No, Vincent. Puoi restare, se vuoi.
Vincent: Grazie, signore.
Si accomodò sulla sedia accanto a quella di Manuel.
???: Manuel Viridis... Io sono il Profeta, capo della Piaga Nera.
"Piacere" pensò Manuel, ma poi non disse nulla. La presenza di quel tipo era inquietante. Non aveva visto alcun movimento della sagoma. Guardando meglio si poteva vedere che l'individuo di fronte a lui indossava un mantello. Teneva il cappuccio alzato, e le maniche erano lunghe, e nascondevano le mani. Nessuna parte del corpo di quell'uomo era visibile.
Profeta: Tu conosci Zack Fair, non è vero?
Manuel: Sì.
Profeta: Alcune voci dicono che fa parte dell'esercito imperiale, e che è un membro piuttosto importante. Lo sapevi?
Manuel: No.
Profeta: Ma eri in viaggio con...
Manuel: NON so niente. Mi avete portato via da quell'interrogatorio per farmene un altro? Allora tanto valeva che rimanessi lì. Ve l'ho detto, non so nulla. Lasciatemi in pace.
Seguì un attimo di silenzio. Manuel stringeva i pugni. Non sapeva bene da dove arrivasse tutta quella rabbia, ma non riusciva più a controllarla. Perchè non capivano che lui e Zack Fair non avevano NESSUN tipo di legame? Che poi era una bugia, che Manuel si raccontava per non avere responsabilità, e non pensare a Zack. In realtà un legame c'era, era innegabile, ed andava al di là di quanto chiunque potesse immaginare, nonostante i due si conoscessero da pochi giorni. Manuel in realtà era preso dalla sorte di Zack come se fosse la propria, e non sapeva rispondersi quando si chiedeva perchè.
Profeta:... Hai ragione. Solo un ultima domanda. Secondo te Zack potrebbe far parte dell'esercito imperiale?
"No" fu il pensiero di Manuel, ma aveva talmente tanta rabbia dentro che scelse un opzione alternativa, per nulla veritiera. Un'opzione che scelse solo per autoconvincersi (con scarsi risultati, fra l'altro) che di Zack non glie ne importava nulla.
Manuel:... Non ne ho idea. Può darsi.
Profeta: Bene. Puoi andare, Manuel Viridis. Ho finito. Valentine, scortalo fuori per favore.
Vincent: Si, mio signore.
Manuel sobbalzò leggermente: si era completamente dimenticato del ragazzo dal mantello rosso che sedeva vicino a lui, tanto era stato immobile e silenzioso. Egli fece cenno al ragazzo più giovane di alzarsi e di seguirlo. Manuel lo seguì, e poco prima di uscire dalla soglia della porta, la voce del Profeta si fece sentire di nuovo, fredda e penetrante come l'aria di montagna.
Profeta: E' in arrivo una tempesta, Manuel Viridis. Chi crede sarà salvato, gli eretici saranno spazzati via.
Manuel:... Chi crede in cosa?
Profeta:... ... ...In me.
Gli ultimi due monosillabi pronunciati dal Profeta fecero rabbrividire Manuel. Sia per il tono, molto più profondo e spettrale, sia per il loro contenuto. Quell'uomo si credeva davvero al pari di un Dio? In cui credere e pregare? Manuel se ne andò, contrariato. Non gli era piaciuto per nulla, quel "Profeta".
Vincent: Non dirai nulla a nessuno di questo posto, altrimenti...
Manuel:... ...?
Il pallido ragazzo dalla ribelle chioma nera scattò in avanti, ed afferrò la spalla di Manuel. Questi avvertì un bruciore intenso ed improvviso, e non riuscì a trattenere un piccolo urlo. Dopo pochi minuti, così come era iniziato, il dolore svanì. Manuel ora si teneva la spalla, dolorante.
Vincent:... Noi lo sapremo. E saremo lì.
Il suo mantello ondeggiò, scoprendo la sua grande pistola a tre canne. Manuel si alzò la manica della maglietta, e vide un marchio impresso a fuoco sulla sua spalla destra. Era una specie di pipistrello stilizzato, i suoi occhi sembravano scintillare di rosso.
Vincent: Va', sei libero di andare.
Manuel: Ok.
Se ne andò così, senza salutare, senza ringraziare (di cosa, poi?), senza aggiungere altro. Poco dopo si voltò indietro, e Vincent era già svanito nel nulla. Proseguì senza avere una meta precisa, voleva solo allontanarsi il più possibile dal Profeta. Camminava spedito, e sentì delle lacrime bagnargli le guance, ma non si fermò, nè le asciugò. Accelerò, sempre di più, ancora, ancora... Si ritrovò a correre a perdifiato, per la seconda volta senza rendersene conto, fino a che non andò a sbattere contro una persona. Era talmente caricato che buttò per terra la persona che aveva urtato, e cadde persino lui. Le loro teste si erano scontrate con un sonoro colpo.
????: Ahi... Che male...
Manuel: Urgh...
????: Come va? Tutto a posto? Oh, scusa è colpa mia... Non guardavo dove stavo andando...
Manuel: E'... Tutto ok...
Questi si mise a sedere, e si ritrovò di fronte ad una ragazza che aveva già visto. I suoi capelli marroncino-biondi, ora ricoperti di foglie, scintillavano alla luce del sole pomeridiano. I suoi occhi ambrati brillavano carichi di luce, le sua labbra carnose come quelle di Manuel erano disposte in una posizione che esprimeva una sfumatura preoccupata. Dimostrava la stessa età di Zack, anno più, anno meno. Era la stessa ragazza che aveva attirato l'attenzione di Manuel poco tempo prima.
????: Ma tu stai piangendo... Ti ho fatto così male?
 
sono arrivato al cap V quando sono libero di mattina riesco a leggerli parecchio, poi è molto bello quindi scorre bene, complimenti!!!
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Povero Doom... L'ho fatto aspettare così tanto da fargli pubblicare un nuovo capitolo... :(
Beh, ora almeno sono qui! :eek:
Mi scuso per il ritardo, e vi auguro buona lettura! :D


Ma va, che problema c'è! E' che sto giocando a CC e quindi mi era venuta un'ispirazione improvvisa, così da fare la II parte dell'episodio di cui sopra.. :D :D
Già che siamo qua, molto ben fatto! Ora urge una riunione su FB :D
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
sono arrivato al cap V quando sono libero di mattina riesco a leggerli parecchio, poi è molto bello quindi scorre bene, complimenti!!!

Grazie mille!!^^

Ma va, che problema c'è! E' che sto giocando a CC e quindi mi era venuta un'ispirazione improvvisa, così da fare la II parte dell'episodio di cui sopra.. :D :D
Già che siamo qua, molto ben fatto! Ora urge una riunione su FB :D

Ok, appena posso arrivo..:)
(Grazie, comunque :D)
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Scusate il doppio post, :D
Ecco la seconda parte, per riparare al mio disonorevole ritardo...:D

Episodio XXIII - Seconda parte

Manuel: Uh... No, non si preoccupi...
????: Dammi pure del tu, mi chiamo Isabelle. Puoi chiamarmi Izzy, se vuoi.
Sorrise timidamnete, Manuel si accorse di non averle detto il suo nome, stava continuando a massaggiarsi la fronte: un bernoccolo stava lentamente emergendo.
Manuel: Mi chiamo... Manuel.
Izzy: Piacere! Sicuro che stai bene?
Manuel: Sì.
Izzy: Ma stai pia...
Manuel: LO SO che sto piangendo. Ma è... Per un altro motivo.
Perchè doveva sempre aggredire chiunque si mostrasse gentile nei suoi confronti? Si sarebbe strappato via i capelli dalla testa, per l'ulro che aveva appena mollato. Per fortuna era riuscito a limitarlo a "LO SO"... Infatti la ragazza rimase perplessa, come a cercare di capire dove avesse sbagliato. Manuel si alzò in piedi, e mise le braccia in avanti agitando le mani e tentando un falso sorriso, come a rassicurare la ragazza.
Manuel: Mi dispiace, non volevo. Comunque non preoccuparti, tu non c'entri nulla.
La ragazza rimase leggermente perplessa, a fissare Manuel. Così, diretta, a venti centimetri dalla sua faccia. I suoi grandi e luminosi occhi ambrati scrutavano Manuel come se ci potessero vedere dentro. Il ragazzo non riusciva a sostenere quello sguardo, e puntava gli occhi dappertutto. Fino a che, esasperato, le fece la fatidica domanda.
Manuel: Scusa, perchè mi fissi?
Izzy: Non... Ci siamo già visti da qualche parte... Per caso?
Non accennava a staccare gli occhi. Manuel ci pensò un po', in fondo aveva provato anche lui le stesse sensazioni poco prima. Magari l'aveva già incontrata, tempo prima... No, non ricordava nulla.
Manuel: No, non credo.
Lei stette per un po' in silenzio, senza accennare minimamente a sbattere le palpebre. Poi battè le mani, così all'improvviso che Manuel sobbalzò.
Izzy: Beh, non importa. Tu sai dove siamo?
Manuel: Siamo a... Ohm... Uhm... La città neutrale di Oozla... Credo.
Izzy: Oozla? Mai sentita. Sei di qui?
Manuel: A dir la verità no. Vengo da un piccolo villaggio dietro alle montagne. Più o meno dalle parti di Zanarkand...
Izzy: Uh, ed è lontano?
Manuel non seppe cosa rispondere, rimase lì a balbettare "Beh, si... No... Più o meno... Diciamo...". La ragazza rise, una risata dolce e lieve, come la brezza autunnale che si diverte a soffiare sulle foglie per farle danzare nel cielo.
Izzy: Sembra che ti sia perso anche tu, non è così?
Manuel balbettò un altro po', ma alla fine dovette ammettere la verità.
Manuel: Sì, mi sono perso.
Izzy: E perchè non chiedi a qualcuno dov'è Zanka... Zana... Eh?
Manuel: Io...
"Che stupido, come ho fatto a non pensarci prima?" Fu il suo primo pensiero. Il secondo però, fu molto rapido nel sostituirlo.
Manuel: E perchè tu non hai chiesto a nessuno dov'è la città da dove vieni tu? Da dov'è che vieni tu?
Izzy: E questo il punto. Non lo ricordo.
Sorrise alla faccia stupita di Manuel.
Manuel: Come non lo ricordi?!?
Izzy: Mi dispiace. Non ricordo asssolutamente nulla della mia casa, della mia terra, niente di niente.
Poi rise, portandosi la mano alla bocca.
Izzy: E piantala di fare quelle facce!
Manuel era sconcertato: 1) Lui faceva delle facce?!? 2) Quella ragazza non si ricordava nulla del suo passato?!? 3)LUI faceva delle FACCE?!? Fortunatamente escluse la prima e l'ultima come argomenti di conversazione, e optò per la seconda.
Manuel: Non ricordi nulla del tuo passato? Proprio nulla?
Izzy: Beh, non proprio nulla. Solo che... L'unico ricordo che ho... Non mi appartiene.
Manuel seppe di aver fatto una faccia buffissima, perchè la ragazza non riusciva più a trattenere le risate. Era la sua faccia, che colpa ne aveva lui?!?
Izzy: Si, beh... Mi appartiene solo in parte. Vuoi ascoltarlo?
Manuel si guardò intorno. Quanta gente, si sentiva stranamente osservato, come quando fai un'azione che viola le regole, e sembra che tutti ti guardino con sospetto. Quello che non sapeva era che quella sensazione era fondata. In mezzo a tutta quella gente, c'era una persona che non si perdeva una battuta di quel dialogo così brillante.
Manuel: Non qui. Andiamo in un posto più isolato.
Izzy: Ok.
La ragazza si lasciò guidare dal giovane ragazzo in una selva poco lontana. Si addentrarono un po', poi si fermarono vicino ad un ruscello.
Manuel: Qui può andare.
Izzy: D'accordo, allora... Ecco il sogno.
Manuel:... Ma non era un ricordo?
Izzy: Uh, sì, il ricordo. Ho sbagliato... Allora, ecco il ricordo: stavo camminando in un bosco... Simile a questo, ma gli alberi erano molto più alti e fitti. E poi non c'era un ruscello... Mi pare. Allora, dicevo? Ah, sì. Stavo tranquillamente passeggiando... O cercando funghi? Oh, non mi ricordo proprio...
Manuel sospirò. Sarebbe stato un ricordo lungo... Raccolse tutta la pazienza che aveva a disposizione, per evitare di strapparsi i capelli dopo appena i primi due minuti, e continuò ad ascoltare.
Izzy:... Ad ogni modo, ad un certo punto ho visto una grotta. 'Che strano' ho pensato 'che ci fa una grotta qui?' Mi avvicino e... FLASH! -Manuel sobbalzò ed aprì del tutto gli occhi semichiusi- Una luce gialla intensissima, talmente intensa che... Non so, mi sembrava che mi stesse spingendo per terra. Allora... Sono entrata e... Boh, non ricordo nulla da lì in poi.
Manuel: E perchè dici che non ti appartiene?
Izzy: Eh, quello era il primo pezzo. Ti ho detto che mi appartiene solo in parte.
"Il primo pezzo?!?" Pensò Manuel, depresso "Non è possibile...". Gli occhi tornarono a socchiudersi.
Izzy: Allora, dicevo che di lì in poi non ricordo più nulla di quello che è successo a me. -"Si, mi pare che tu lo abbia già detto" pensò Manuel a denti stretti- Però mi ricordo... Una voce femminile. Prima mi pare che avesse detto qualcosa come... 'Sei il degno erede...' Poi mi ricordo che il cristallo... Ah, c'era un cristallo tutto giallo dentro la grotta, l'avevo detto? -"NO, che non l'avevi detto" Pensò Manuel contraendo la mascella- Vabbè, si è rotto ed è entrato nel mio corpo. Poi mi ricordo... 'Io sono uno dei quattro Guerrieri della Luce, coloro che un tempo si riunirono sotto il marchio della luce e sconfissero il Chaos. Sono il cristallo della magia, e rappresento l'anima di Terra, la maga. La vita del pianeta è minacciata ancora una volta dalle forze del Chaos, e noi cristalli abbiamo deciso di donare le nostre ultime energie a una nuova generazione di Guerrieri della Luce, perchè essi siano in grado di eliminare per sempre questa entità malvagia. Tu sei una di loro...' E poi non ricordo più nulla.
Manuel aveva gli occhi spalancati, e non diceva nulla.
Zack era diventato... Un Guerriero della Luce?
Izzy: Ehi? Tutto a posto?
Manuel scosse la testa con violenza, per scacciare il pensiero di Zack. Isabelle, com'era prevedibile, fraintese.
Izzy: No? Che succede?
Manuel: No, è tutto a posto...
Izzy: E perchè hai detto di no prima?
Manuel: Quando?
Izzy: Prima.
Manuel: No, io non... Va tutto bene, non ti preoccupare.
Izzy: Hai la faccia di un fantasma. Non va per niente bene.
"Oh, no... Un'altra..." tutte le attenzioni della ragazza gli ricordavano quelle di Zack, appena conosciuti. Non capiva che era perfettamente normale preoccuparsi di un ragazzo pallido come una mozzarella, con un bernoccolo e gli occhi verdi spalancati, in un'espressione che esprimeva terrore allo stato puro. Contando che poco prima stava correndo come un disperato, per di più piangendo a dirotto... Sì, chiunque avrebbe intuito che c'era qualcosa che non andava.
Manuel si stava rendendo conto di quello che aveva fatto: aveva lasciato il suo compagno fra le braccia del nemico, senza muovere un dito per aiutarlo. Desiderò tornare indietro, all'incontro con il Profeta, e quando egli gli avesse domandato "Secondo te, Zack può far parte dell'esercito?", rispondere "Certo che no! Andiamo a salvarlo subito, prima che gli facciano del male!"... Invece, per il suo egoismo aveva risposto "Non lo so. Può darsi."... E pensare a quanto Zack aveva fatto per lui... Ora sarebbe stato fortunato solamente a rivederlo.
E se quello che Isabelle aveva appena detto fosse stato vero, Zack era diventato uno dei quattro leggendari "Guerrieri della Luce". Manuel ignorava in cosa consistesse questo titolo, ma a quanto pareva erano gli unici in grado di sconfiggere il... "Chaos". Manuel in genere non avrebbe mai dato peso ad un'affermazione del genere, ma la precisione con cui la ragazza aveva descritto il fenomeno (a parte... Beh, il modo in cui lo aveva descritto), lo portava a pensare che fosse tutto vero. Quindi con il suo atto egoistico non solo aveva messo in pericolo il suo compagno ("amico"...?) Zack, ma anche tutto il pianeta. Erano quattro Guerrieri, in fondo. Non ventotto. La differenza di uno poteva essere decisiva. Doveva trovarlo, doveva trovare Zack, ad ogni costo.
Manuel:... Torno al... A Oozla.
Izzy: A fare cosa?
Manuel: Devo... Trovare... Un ragazzo.
Izzy: A Oozla?
Manuel: Non proprio. Ma magari lì hanno una mappa... Oppure sanno fornirmi indicazioni su dov'è...
Izzy: Ok, vengo anch'io.
Manuel: Cosa?!?
Izzy: Ho detto -ripetè- che vengo anche io.
Manuel: Ma...
Izzy: Non vorrai lasciare da sola una povera fanciulla indifesa, vero?
"Ma se sei un Guerriero della Luce..." Tuttavia decise di farlo rimanere solo un pensiero. L'avrebbe portata con sè? Ma sì, in fondo l'avrebbe fatta incontrare con Zack, che con ogni probabilità era diventato un Guerriero della Luce a sua volta. Così decise di accettare la "proposta" di Isabelle.
Manuel: D'accordo. Vieni pure con me.
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Episodio XXIV

Un rumore sordo colse di sorpresa Zack, mentre ancora aveva le mani strette e stava ancora osservandosi il braccio destro, interamente funzionante come era sempre stato. Il suo cuore era colmo di un'emozione così potente da non rendersi conto che la porta dietro le sue spalle era caduta; i cardini ghiacciati avevano ceduto e la porta si era schiantata al suolo facendo un frastuono non indifferente.
Zack si voltò verso l'apertura, che aveva attirato la sua attenzione come quella di tutti i ratti, ormai suoi amici; ora le bestie stavano annusando vicino alle caviglie del ragazzo, timidamente avanzando verso l'uscita. Il capogruppo, il ratto bianco più grosso, fu il primo a mettere il muso fuori nel corridoio, seguito subito dopo dal corpo di Zack.
Il ragazzo lanciò uno sguardo veloce da entrambe le parti e vide niente di più che un lungo, anonimo corridoio con tante porte simili alla sua su entrambi i lati. La sua cella era però l'unica aperta, così come era l'unica da cui usciva una nebbia biancastra, segno inequivocabile delle energie fredde invocate dal potere del suo Cristallo. Zack avrebbe voluto ripensare un attimo a ciò che gli era successo e alle parole dello spirito, ma non ebbe molto tempo per farlo, perchè rumori di passi concitati riecheggiarono prestissimo nel corridoio.
“La porta caduta deve aver dato l'allarme” pensò istintivamente Zack e, sempre istintivamente,
portò la sua mano destra dietro le spalle, per afferrare la spada; dopo che non l'ebbe trovata, un grande disappunto pervase la mente del ragazzo, che in tutto il processo della sua cattura e della sua innaturale liberazione non si era mai reso conto di essere stato separato dalla cosa più importante della sua vita: la sua spada.
I ratti iniziarono a prendere sempre più confidenza e superarono i piedi di Zack, andando ad esplorare le zone più vicine di quel corridoio; si pentirono tutti della propria scelta quando i primi proiettili iniziarono a volare nell'aria, sfiorando per un pelo le punte dei capelli del ragazzo.
Mentre le bestie bianche scappavano via rapidissime tra le sue gambe, Zack cercò di fare un passo indietro: avrebbe voluto tornare nella cella, cioè nel luogo più riparato possibile, e attendere i suoi avversari in una posizione di vantaggio da cui disarmarli, ma il suo scatto istintivo lo fece inciampare e scivolare sulla pelliccia degli ultimi ratti che gli erano passati tra le gambe. Il risultato fu uno scivolone improvviso e pericoloso, che gli fece colpire con la testa lo spigolo del muro e solo un miracolo lo mantenne cosciente e attivo. Tutto sommato fu meglio così che perdere conoscenza, anche se in men che non si dica il ragazzo si ritrovò con due fucili puntati sul volto.

Soldato: Fermo dove sei!

Zack: ...ahia che botta..

Soldato 2: Fermo! Abbiamo detto fermo!!

Soldato: Dove credevi di scappare?!

Soldato 2: Voleva forse fuggire dalle prigioni imperiali??

Soldato: E' un folle..

Zack: ..ahia.. ma a nessuno interessa che mi sono fatto malissimo?!

Soldato: Ma tu...eri quel terrorista..

Soldato 2: Sì, sì.. era quello della Piaga Nera!!

Soldato: Non è possibile.. ci hanno riferito che era ferito gravemente a una spalla, ma non mi sembra..

Zack: Ehi, dico, posso muovermi?! No perchè, sapete com'è, ma stare dolorante sdraiato per ore non è esattamente la mia migliore ispirazione..

Zack provò a muovere un braccio per tirarsi su e ritornare in posizione eretta, o almeno seduta, ma fu ricacciato indietro da uno dei due soldati con una violenza inaspettata.

Soldato 2: NO! Non ti muovere o spariamo!!

Zack: Va bene, ok.. sto fermo.. ma dite, per quanto tempo mi toccherà stare così?!

Soldato 2 (disinteressato): Cosa dobbiamo fare adesso?

Soldato: Bisogna riportarlo nella sua cella.

Soldato 2: Ma non può.. la porta è stata... fatta... congelare..

Soldato: Era evidentemente difettosa. La faremo distruggere e faremo crollare il tutto. Con lui dentro.

Zack: Ehi, ma ai ratti non pensa nessuno?

Soldato: Zitto tu!

Soldato 2: Ma non è nelle leggi imperiali uccidere un prigioniero in questo modo..

Soldato: Non importa. Questo vigliacco è un terrorista e merita la morte più dolorosa possibile.

Soldato 2: ...ma.. così.. no, non possiamo.. così i primi sospettati saremo noi!

Soldato: E chi vuoi che lo venga a sapere? Un incidente in questi sotterranei malandati può sempre succedere, un crollo non è così impossibile.. peccato per il prigioniero.. bum!

Soldato 2: Ma.. no.. non possiamo.. noi..

Approfittando del dissenso fra i soldati, Zack decise finalmente di agire: mosse le braccia per appoggiarsi a terra e sfruttando quell'appoggio alzò entrambe le gambe, lanciando due calci poderosi contro i soldati, che finirono contro il muro storditi. Il ragazzo si alzò in piedi davanti ai corpi privi di sensi dei suoi avversari

Zack: Una conversazione veramente noiosa comunque.. Ad ogni modo grazie per le vostre armi. Mi saranno molto utili.. fino a che non trovo la mia spada si intende!

Zack recuperò un fucile e tutti i proiettili possibili dai due soldati svenuti, dopodichè corse verso una delle due uscite del corridoio. Non aveva idea di come erano strutturate le prigioni imperiali, ma aveva buone ragioni di credere che una porta l'avrebbe condotto verso i piani inferiori, ovvero altre celle, e l'altra l'avrebbe condotto ai piani superiori, verso la libertà. Basandosi su questa sua assunzione immaginaria Zack corse verso la porta più a nord, quella da dove erano usciti i due soldati di guardia, e la trovò aperta. Una fortuna immensa, pensò, ma in fondo erano appena passati due soldati da lì.. ci stava che fosse ancora aperta dopotutto.
Zack spinse la porta, che si aprì con uno scricchiolio sinistro; un corridoio completamente buio si parò davanti a lui. Solo una cosa colpì la sua attenzione, probabilmente la più importante: una grande teca in fondo al corridoio, che brillava come di luce propria ed era l'unica fonte luminosa in quel tunnel oscuro.
In quella teca era depositato un oggetto molto grande e dall'aspetto decisamente pesante; una enorme lama caratterizzava buona parte di quell'oggetto, tagliente ed eccessiva come tutto il resto. Zack non ebbe dubbi: era proprio la sua spada. Appena la riconobbe, ovvero cinque secondi netti dopo averla vista, il ragazzo corse verso di lei con uno scatto da fare invidia al migliore centometrista esistente su quel pianeta. Apparentemente indisturbato Zack fu in meno di dieci secondi davanti a quella teca, che presentava una targhetta descrittiva, come se la sua spada fosse stata un oggetto di un museo.

“Prova #651. L'arma con cui il terrorista Zack Fair pose fine alla vita di cinquecentosettanta persone del villaggio Imperiale di Gongaga, in una delle giornate più sanguinose e infamanti della storia dell'Impero.”

Zack: COSA?!?

Zack non poteva credere a ciò che aveva appena letto e fu sconvolto. Intorno a quella teca ve ne erano una serie di altre, in penombra, con targhette analoghe; tutte facevano riferimento a lui e al vilaggio di Gongaga, come prove dello sterminio della gente di quel villaggio per opera sua. Quella più inquietante era riferita a una foto di macerie fumanti e recitava “I resti di Gongaga dopo il passaggio del terrorista Zack Fair”.
Al ragazzo mancò il fiato nel vedere tutte queste testimonianze di un paesino fino a pochi giorni prima prosperoso e raso al suolo in pochissimo tempo; un brivido attraversò improvvisamente il suo corpo, mentre i suoi occhi terrorizzati videro la foto di un uomo carbonizzato poco davanti all'ingresso del paese in fiamme.
Conosceva bene il villaggio di Gongaga, fin troppo bene: era il suo paese natale. E quell'uomo carbonizzato era suo padre.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Episodio XXV

Manuel e Izzy camminavano nella radura, diretti al quartier generale della Piaga Nera. Camminarono e camminarono, e ad un certo punto il ruscello uscì dal campo visivo dei due ragazzi, sparendo dietro l'orizzonte.
Izzy: Oh, speriamo di riuscire ad orientarci, adesso...
Manuel dentro di sè aveva la stessa preoccupazione di Isabelle, ma decise di non darlo a vedere. Contiunuò a camminare diritto, come avevano fatto all'andata. A rigor di logica sarebbero tornati nel quartier generale in men che non si dica... O almeno Manuel era convinto di questo. Dopo mezz'oretta buona durante la quale avevano solo camminato, Manuel iniziava a temere il peggio. Isabelle lo seguiva con aria assente, ed un vago sorriso stampato sulle labbra. Dopo un'ora, Manuel non potè più nascondere che le sue paure si erano appena materializzate: si erano persi. Si fermò all'improvviso, ed Isabelle, distratta, gli andò a sbattere contro, senza muoverlo di neanche un centimetro.
Izzy: Ops! Che succede? Perchè ti sei fermato?
Manuel: Ci siamo persi.
Izzy: Persi, dici?
Manuel: Mi pare ovvio. E' più di un'ora che camminiamo a vuoto.
Izzy: Potevi dirlo che non ti ricordi la strada...
Era troppo, ricevere consigli da una ragazza così distratta e svampita... Era decisamente troppo per lui. Riuscì a trattenersi solo in parte.
Manuel: NON... Scusa. Perchè, comunque? Tu te la ricordavi?
Izzy: Io...
Manuel: Sssh!
Il ragazzo aveva messo il suo indice sulla bocca di Isabelle, ed aveva teso l'orecchio. Aveva sentito un fruscio di foglie, ma non sembrava che fosse stato il vento, sembrava qualcosa di più spaventoso, una presenza malvagia. La avvertiva, si sentiva nell'aria quel... Quel... Odore di malvagio. Non sapeva descriverlo bene neppure lui. Anche Isabelle lo aveva sentito, ed aveva teso l'orecchio, diventando improvvisamente più seria. Lo sentirono di nuovo, questa volta alle loro spalle. Si voltarono di scatto, ma senza vedere nulla. Lo sentirono ancora una volta, molto più forte, accompagnato da un vento minaccioso e tetro, che sapeva di morte. Veniva da sinistra. I due si voltarono, se possibile ancora più veloci di prima, e lo videro. Era... Sembrava che fosse solo un mantello nero, e strappato ovunque. Il cappuccio era alzato, e nascondeva il volto, come quello del Profeta. Le maniche erano lunghe, ma non riuscivano a celare delle mani grigie e dalle dita lunghissime. Sembravano le mani di un morto. Manuel cadde a terra, colpendo la terra umidiccia con il sedere, seguito da Isabelle, che nel farlo si lasciò sfuggire un urletto. Il vento li spingeva via, furioso. La figura incappucciata si avvicinava, spingendoli sempre di più a terra. Sentivano il suo respiro affannoso e caldo, sapeva di sangue. Ne apparvero altri, attorno a loro, fino a circondarli. Manuel, che non era riuscito a parlare fino ad ora, riuscì finalmente a pronunciare poche, faticose parole.
Manuel: Cosa... Sono... Questi...?
Izzy: Credo... Vampiri...
"Vampiri? Fantastico..." Poi un dolore gli attraversò la spalla, veloce e penetrante. Ci posò una mano sopra, e strinse i denti. Le forze iniziavano a sparire, in quello che sembrava un vortice di vento mortifero, che spingeva, tirava e succhiava da tutte le parti. Le palpebre erano pesanti, e tutto iniziava a farsi sfocato. In mezzo a quel turbinio nero, vide una macchia rosso sangue che si faceva largo fra i mantelli neri, e si metteva di fronte a Manuel e Isabelle. Il vento cessò, Manuel chiuse gli occhi e cadde con la faccia sul terreno umido.
Un'ombra, la stessa dell'altra notte, era apparsa di fronte a lui, con quei suoi occhi rossi e quella strana familiarità. La voce di Manuel rimbombava, e suonava molto lontana. Si rivolse alla figura nera.
Manuel: Chi sei tu?
Questa non rispose, ma si avvicinò a Manuel. Camminò in silenzio, fino a quando non fu di fronte a Manuel. Lentamente acquistò una forma ed un colore più definiti. Diventò una ragazza con i capelli marroncino-biondi, e gli occhi ambrati, Isabelle. Che strano, eppure per un attimo gli era sembrato di vedere gli occhi di ghiaccio e i capelli biondo-pallidi di Lucy... Ora invece c'era Isabelle di fronte a lui, che gli posò le mani sulle spalle, e lo scosse leggermente.
Izzy: Svegliati, Manuel! Svegliati!
Manuel: Cos...
Aprì gli occhi, era steso su un letto bianco immacolato, in una stanza con le pareti di legno, ed un tappeto rosa circolare. Una stanza piuttosto piccola, a dire il vero. C'era solo il suo letto ed una sedia. Sopra di lui, c'erano gli occhi spalancati di Isabelle, che lo guardava con un mezzo sorriso.
Izzy: Oh, ti sei svegliato!
Manuel:... Che ore sono?
Izzy: Le cinque e un quarto.
Manuel: Cosa? E perchè mi hai svegliato?
"Stavo per vedere chi era quell'ombra, finalmente..." Non lo disse, non gli sembrava il massimo fare dei sogni del genere e desiderare che continuassero.
Izzy: Ti agitavi tantissimo, ed urlavi di dolore... Ho preferito svegliarti... Ti dispiace?
Manuel: No, no...
Mormorò qualcosa che suonava come una specie di confuso "Grazie".
Manuel: Dove siamo? Dove sono i vampiri?
Izzy: Vincent ha detto che ci spiegherà tutto più tardi...
Manuel: Vincent? Lo conosci?
Izzy: Oh, sì! E' lui che è venuto ad accogliermi, ed è stato così gentile... Ero sperduta alle porte della città, e lui mi è venuto a prendere... Fa tanto il duro, ma secondo me è dolce...
Manuel storse il naso. Vincent Valentine non sembrava certo il tipo che poteva essere definito "dolce".
Manuel: Da quanto sei sveglia?
Izzy: Oh, io sono sveglia da circa mezz'ora... Sono uscita dalla stanza, e ho trovato Vincent fuori dalla porta. Mi ha indicato la tua, e mi ha detto che ci avrebbe spiegato tutto più tardi, quando ci saremmo svegliati entrambi.
Manuel: Ora sono sveglio...
Izzy: Già, lo vedo.
Manuel: Andiamo a parlargli?
Isabelle annuì, ed uscì dalla stanza insieme al compagno. Trovarono Vincent subito fuori.
Vincent:... Viridis. Ti sei svegliato.
Manuel: Vincent... Dove siamo? Dove sono finiti i vampiri?
Vincent: Una domanda alla volta. Siamo nella taverna di Oozla -per un attimo a Manuel sembrò di vederlo ammiccare verso di lui- Vi ci ho portati io.
Isabelle: E i vampiri? Che fine hanno fatto?
Vincent: Se ne sono andati, vi hanno lasciato stare.
Manuel: Come sapevi dov'eravamo?
Vincent indicò la spalla di Manuel, quella marchiata a fuoco. Il ragazzo scostò la maglietta, e vide che la cicatrice era stranamente accesa. Toccandola, scoprì che era anche calda.
Vincent: Oltre a vedere quando metti in pericolo noi... -Manuel capì che il pallido ragazzo intendeva la Piaga Nera- ... Posso vedere quando tu sei in pericolo.
Manuel: Quindi... Ogni volta che sarò in pericolo... Interverrai tu?
Vincent: No. Non ho detto questo. Anzi, direi che questa volta è stata più unica che rara. Il fatto è che io conosco i vampiri, e potevo facilmente...
Manuel: Come? Tu conosci i vampiri?
Vincent: Non solo li conosco... -Manuel dapprima pensò che stesse sorridendo, ma poi capì che stava solo mostrando i suoi canini lunghi più del doppio di quelli umani- ... Ne sono il capo.
Isabelle sussultò, Manuel indietreggiò, entrambi con gli occhi spalancati. Manuel si riprese, ricordandosi che lo aveva estratto dalle grinfie degli imperiali, e che lo aveva salvato poco prima. Non avrebbe certo cambiato idea su di lui, era in debito con lui della vita, per ben due volte. Se fosse stata una bestia assassina ed assetata di sangue, non ci avrebbe certo pensato due volte a farlo secco.
Manuel:... Mi dispiace.
Vincent: Non preoccuparti, sono abituato a queste reazioni.
Manuel: Vincent? Tu sai... Dove tengono prigioniero Zack?
Vincent: Sì. Ma senza autorizzazione non posso andarci. Ed il profeta ha deciso di lasciare Zack al suo destino. In fondo non era un elemento così importante. Perchè?
Manuel: Ci devo andare. E devo tirarlo fuori di lì. Puoi portarmici?
Vincent:... Credo... Che non ci sarebbe nulla di sbagliato. Ma non posso portartici direttamente. Ti posso portare nelle vicinanze, se vuoi.
Manuel: Ottimo. Puoi trasportare due persone insieme?
Vincent dette un'occhiata a Isabelle, come per valutarne il peso. Poi annuì.
Manuel: Isab... Izzy. Sei pronta?
Izzy: Oh, sì, certo!
Sembrava che si fosse ripresa dallo shock della rivelazione di Vincent, ora sorrideva con aria abbastanza assente.
Manuel: Molto bene. Allora partiamo.
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Episodio XXVI

Passarono i secondi, passarono i minuti, passò probabilmente qualche ora; Zack Fair era sempre lì, immobile, davanti al museo delle testimonianze imperiali contro di lui. Altri l'avrebbero definito un vero e proprio museo dell'orrore, adatto in tutto e per tutto a descrivere le azioni di un terrorista infame e senz'altro degno della pena capitale. Non era però l'idea dell'essere condannato a morte la cosa che aveva paralizzato il ragazzo; piuttosto quelle foto, le immagini del suo paese natale ridotto in cenere, quelle erano il problema. Pochi al mondo avrebbero potuto resistere allo svenimento nel vedere quelle immagini raccapriccianti di propri parenti, amici e conoscenti carbonizzati in mezzo a un inferno di fiamme, e per sua fortuna Zack era uno di quei pochi. Anche se riuscì a non farsi cogliere dalla tempesta emotiva e rimanere cosciente, ci vollero decine di minuti prima che il ragazzo riuscisse a compiere un'azione diversa dal tremare immobile sul posto. Un fiume di pensieri travolse la sua mente e il suo cuore e presto tutte le emozioni che stava provando condensarono in un'unica grande reazione: il dolore cessò presto di essere tale e lasciò il posto a una furia indescrivibile, che si sfogò con un urlo disumano.
Mentre lacrime calde come il fuoco scendevano dal suo volto, Zack diede un calcio alla teca in cui era conservata la foto di suo padre, mandandola in mille pezzi; il ragazzo si girò di scatto e infranse il vetro che lo separava dalla sua spada rompendolo con un pugno molto ben assestato. Naturalmente le scheggie di vetro ferirono la sua mano destra, ma Zack non potè occuparsene perchè era ancora in preda alla furia inarrestabile; con gesti molto violenti e rapidi impugnò la sua spada e iniziò a fare a pezzi ogni oggetto che si trovava alla sua portata, mentre continuava a gridare come un ossesso. Le prove della sua presunta colpevolezza vennero tutte distrutte nel giro di pochi istanti, mentre una miriade di scheggie di vetro vennero scagliate dappertutto; molte di quelle scheggie volarono in aria, procurando una serie di tagli, anche profondi, sulle braccia nude di Zack e sul suo volto. Il sangue iniziò a uscire da quelle ferite, conferendogli l'aspetto di una vera e propria bestia infernale, minacciosa quanto assetata di distruzione.
Il ragazzo però non era ancora in grado di placare la sua furia in modo razionale, tanto che quando arrivarono le prime guardie allarmate dai rumori del museo che andava in frantumi quest'ultimo non si rese nemmeno conto che si era accesa la luce. I primi due soldati ad entrare dal fondo della stanza e che accesero la luce lo trovarono in un mare di scheggie di vetro, frammenti di plastica, legno e metallo, intento a colpire qualsiasi oggetto nel suo raggio di azione ancora anche solo parzialmente integro. Il volto e le braccia di Zack erano ricoperte di sangue, mentre la furia derivante da un dolore inimmaginabile brillava ancora nei suoi occhi; la sua immagine minacciosa e la sua reputazione fra le guardie carcerarie imperiali furono sufficienti per far fuggire via i due soldati e azionare tutti gli allarmi possibili. L'intero carcere dell'Impero fu messo in allerta e ben presto la zona detentiva dove si trovava Zack venne invasa da un fiume di guardie armate fino ai denti.
Senza perdere ulteriore tempo i militari aprirono il fuoco con i loro fucili, in modo da seppellirlo sotto una pioggia di proiettili prima che potesse fare altri danni; Zack, o meglio, l'istinto omicida di Zack rispose caricando i soldati di corsa, respingendo i loro proiettili con l'enorme lama della spada e travolgendo i suoi avversari come un mietitrebbia in un campo di grano durante la mietitura. Almeno una ventina di soldati caddero come pannocchie prima che Zack raggiungesse la porta, ma il ragazzo non si fermò qui. Nuovi rinforzi carcerari fluivano da tutte le parti possibili ininterrottamente, così che la corsa del ragazzo urlante attraverso il corridoio diventò un vero massacro: macchie di sangue schizzavano sulle pareti ad ogni fendente di spada, mentre nessuno sembrava in grado di arrestare la marcia mortale di Zack.
I soldati però non furono gli unici a subire pesanti danni da questa folle corsa berserk; anche Zack iniziava ad avere un numero di ferite decisamente sopra il livello di guardia e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Per fortuna il lungo corridoio finì; era già stato incredibile che avesse superato un numero di avversari inconcepibile rimanendo ancora vivo, scegliere il percorso sarebbe stata un'impresa praticamente impossibile. Si presentò l'occasione di un paio di bivi, ma Zack, in preda alla furia omicida che ancora non si era placata, non prestò attenzione e scelse entrambe le volte una direzione casuale.
Alla fine si trovò davanti ad una porta, l'unica rimasta chiusa, mentre un nutrito gruppo di soldati lo metteva con le spalle al muro, puntandogli i fucili contro. Zack si fermò, ansimante, e solo in quel momento si rese conto di quello che aveva fatto; il sangue usciva copioso dalle sue ferite.. La vista era offuscata dalle lacrime e dal sangue che perdeva dalla fronte e gli impregnava i capelli, le energie erano tornate molto poche e lo spirito era praticamente a terra. Solo la forza della disperazione gli rimaneva, ma fu sufficiente per suggerirgli l'unica mossa sensata che poteva compiere.
Mentre i soldati raggiungevano la distanza utile per il tiro e aprivano il fuoco Zack si voltò verso la porta, con ancora tanta rabbia in corpo e non lucido come avrebbe probabilmente dovuto. Saltò puntando la spada contro il portone blindato e scoprì che la porta in realtà.. era aperta. Aspettandosi molta più resistenza Zack venne colto di sorpresa dalla facile apertura e cadde in avanti, rischiando di trafiggersi con la sua stessa arma. Ancora una volta la sua buona stella lo aiutò a non farsi male, o quantomeno a farsi meno male di quanto avrebbe potuto.
L'urto tuttavia fu abbastanza pesante, tanto da togliergli il fiato per diversi secondi. La stanza in cui era capitato era buia e aveva tutto l'aspetto di un ufficio di una persona importante; a guardare bene sembrava più l'ufficio di un avvocato che una sala di un carcere: lungo le pareti vi erano due eleganti armadi con antine piene di libri, una scrivania era posta sul fondo della stanza, davanti a due pesanti tende rosso scuro che coprivano una porta finestra abbastanza grande.
Zack non fece caso a nessuno di questi dettagli, ma era caduto proprio a metà del grande tappeto rosso che conduceva fino alla scrivania dalla porta. Una figura era seduta al di là di quella scrivania, ma il ragazzo non aveva una vista in grado di poterlo riconoscere. I suoi sensi erano completamente ovattati e alterati da sangue, mancanza di ossigeno, dolore, rabbia, rancore, ferite fisiche gravi e spirituali ancora più gravi e profonde. Una voce raggiunse le sue orecchie

******: Ah, sei arrivato finalmente. Ora possiamo provvedere alla tua esecuzione.

Zack non rispose, anche perchè non aveva ancora capito di chi si trattava. Qualcosa di razionale riusciva a superare la barriera emotiva che lo stava controllando, inducendolo a pensare che quella voce gli era nota; ma in fondo non era un suo interesse in quel momento capire chi gli stava parlando. Non era interessato nemmeno a trovare una via di fuga, né a difendersi contro le minacce mortali contro cui si era cacciato. Avrebbe voluto solo fare a pezzi qualsiasi cosa gli fosse capitata a tiro, spaccare tutto e trovare un modo per placare il fuoco che gli bruciava dentro, il fuoco che lo divorava: il fuoco del dolore di chi ha perso tutto. Per sempre. Zack rimase fermo sul posto, grondando sangue che ormai aveva tinto di rosso buona parte dei vestiti e la sua spada.
La figura davanti a lui si alzò in piedi

******: Certo, cosa ti aspettavi? Purtroppo le leggi imperiali non prevedono la pena di morte, per cui non potevamo avere una tale condanna dal processo. Però è molto diverso ora. Un prigioniero in fuga deve essere considerato a tutti gli effetti un nemico. La tua morte verrà considerata legittima difesa.

Zack ancora non rispose; rimase con la spada puntata verso quella figura, ansimante e in condizioni sempre peggiori.

******: Però devo farti i complimenti.. sei stato il più veloce prigioniero a tentare la fuga da quando sono Inquisitore. Pensavo che le tue ferite ti avrebbero rallentato le manovre, ma.. sei stato una vera sorpresa. E io, Inquisitore Venomin, ti devo proprio ringraziare: la tua cella tornerà libera a tempo di record.

Zack non aveva ascoltato una singola parola dell'Inquisitore e delle strategie imperiali per eliminare i criminali più pericolosi pur rispettando il divieto di pena capitale. Fu un atto molto importante, promulgato dall'Imperatore in persona, richiesto a gran voce dal popolo; allo stesso tempo, come ogni buon tiranno, l'imperatore aveva però realizzato insieme ai due dei suoi consiglieri più fidati, di cui uno era proprio l'Inquisitore Venomin, un piano per eliminare comunque chi non gli andasse a genio.
In caso un prigioniero non avesse voluto scappare, sarebbero stati alcuni mercenari imperiali a provocare la sua fuga, che inevitabilmente sarebbe finita con l'eliminazione del detenuto. Di tutto questo discorso Zack non recepì assolutamente nulla, perchè appena ebbe ripreso sufficientemente fiato, il suo cuore e la sua mente furono presi nuovamente da rabbia e furia omicida.
I soldati che lo inseguivano si fermarono all'ingresso della porta, aspettando l'ordine di Venomin per aprire il fuoco. L'Inquisitore estrasse da sotto la scrivania una pistola molto grande, finemente lavorata, e la puntò contro Zack.

Venomin: Ora, puoi scegliere. O muori per mano mia, o darò ordine alle guardie di ridurti a un colabrodo. E non credere di poterli superare: se fai un passo verso di me o di loro apriremo tutti il fuoco. Contemporaneamente.

Zack non rispose, ormai era diventata un'abitudine. L'unica cosa che fece fu saltare verso l'Inquisitore, a testa bassa e con uno scatto inverosimile, mentre la lama della sua spada venne circondata da un alone azzurrino. La lama diventò improvvisamente molto fredda e quando Zack vibrò il colpo, carico di rabbia omicida, la temperatura nella stanza si abbassò di colpo, facendo sublimare il vapore nell'aria e formare delle lastre di ghiaccio per terra. Mentre colpiva Venomin, lanciò un urlo, o quantomeno una parvenza di urlo, visto che la voce l'aveva lasciato da tempo. L'unica parola che si riuscì a capire tra i versi incomprensibili fu:

Zack: ...MUORI!!!!

L'Inquisitore non si aspettava una mossa del genere e premette sul grilletto giusto quando Zack fu a un metro di distanza. I soldati aprirono il fuoco, ma prima che uno dei loro proiettili potesse raggiungere Zack, il peggio era già accaduto: il colpo di spada andò a segno, ma anche il proiettile di Venomin ebbe successo e lo trapassò da parte a parte. Dallo slancio del salto Zack cadde contro l'Inquisitore, sfondando la finestra e cadendo giù. L'ufficio dell'Inquisitore si trovava alla fine di una delle torri del carcere, una sorta di castello medievale, così che Zack e il suo avversario furono catapultati sul legno del ponte levatoio che costituiva l'ingresso principale. Fecero un volo di diversi metri, ma erano ancora entrambi vivi, al limite della perdita di sensi.
Venomin era stato quasi tagliato a metà, ma riuscì ancora a tirarsi in piedi, dimostrando così di non essere un essere umano normale; Zack atterrò addosso alla sua spada, che attutì gran parte del colpo ma dimostrava comunque la resistenza sovrumana del ragazzo.
I due contendenti erano nuovamente uno di fronte all'altro, mentre le guardie perimetrali puntarono tutte le luci sul ponte levatoio. Al limite estremo di tutte le facoltà umane, Zack rialzò la spada, cercando di unificare le settanta immagini offuscate che vedeva del suo bersaglio; Venomin, anch'egli allo stremo, puntò nuovamente la pistola al ragazzo, per infliggergli il colpo di grazia. Alle sue spalle, da lontano un puntino nero si avvicinava in cielo; le guardie furono le uniche ad accorgersi di quell'arrivo: sembrava un pipistrello, ma aveva dimensioni molto più grandi..
Esattamente cinque secondi dopo, l'Inquisitore cadde a terra, avendo consumato gli ultimi istanti che gli erano rimasti da vivere senza poter colpire la sua preda. Zack lasciò cadere la spada verso il basso, come se le braccia non avessero più potuto sostenerla, e cadde in ginocchio. Le guardie puntarono i loro fucili verso il ragazzo, ormai inerme. Erano pronti a fare fuoco, ma la maggior parte di loro guardava spaventata il mostro che stava avanzando velocissimo nel cielo notturno. Il comandante in capo del carcere era appena morto, per cui nessuno poteva dare l'ordine di aprire il fuoco. E nessuno osò farlo, fino a che l'attenzione di tutti fu spostata verso il nuovo arrivo nel cielo; era ormai arrivato, e l'ombra delle sue ali oscurava la luna.
 

Odstarva

Ashaad Nehraa Talan
Episodio XXVII

Quello che Zack aveva scambiato per un pipistrello rosso sangue, atterrò con leggerezza a pochi metri da lui. Iniziò a girargli intorno, facendo come dei piccoli balzi. Zack non ne poteva più di combattere.
"Va bene, ok. Mi arrendo, ora sono morto. Uccidimi pure..." Pensò il ragazzo, allo stremo. Però teneva gli occhi aperti, e anche se inziava a sentire le forze che andavano via, cercò di prestare comunque attenzione a quello che il nuovo arrivato stava facendo. Per ora si limitava a disegnare dei cerchi sempre più piccoli intorno a Zack, come per nasconderlo. Zack vide la sua spada sparire in mezzo al vortice di quella che da vicino assomigliava più a stoffa rossa, che ad un paio d'ali da pipistrello. Poi il cerchio si strinse talmente tanto che anche Zack finì risucchiato da quel vortice rosso sangue. All'inizio si sentì trascinato da tutte le parti, a casaccio. Gli parve di sbattere contro qualcosa di duro più volte, ed ogni volta seguiva l'impatto quello che sembrava un gemito di dolore. Non era suo. Ormai non sentiva neppure più il dolore, a dire il vero. Gli sembrava di aver perso gambe, braccia, testa e busto. Non si sentiva più nulla, e non c'era osso, nè muscolo nel suo corpo che riuscisse a fare un, neppure piccolissimo, movimento. Continuò così per parecchi minuti interminabili, durante la quale Zack si abbandonò alla corrente che lo spingeva da tutte le parti. All'improvviso Zack sentì un impatto molto forte, e poi sentì l'odore dell'aria, e dell'erba umidiccia. La forza dell'impatto avvenuto era tale da farlo rotolare per alcuni metri sul terreno umido, ma comunque solido e compatto. Si fermò, con lo sguardo puntato verso l'alto. Poi sentì qualcosa di pesante che cadeva su di lui, un cranio duro che si scontrava col suo, e poi delle labbra carnose e soffici che per una frazione di secondo toccarono le sue. Zack cercò di tenere aperti gli occhi, e vide quelli ambrati di una ragazza che dimostrava più o meno la sua stessa età. Il viso sottile ed elegante, il naso piccolo e leggermente all'insù. Una ragazza piuttosto carina, in effetti. Zack usò le sue ultime energie per sorridere.
Zack: Ehi... Ciao...
Poi svenne. La sua testa fece un piccolo tonfo quando impattò con l'erba fresca. Sentì delle voci confuse e vagamente familiari, poi più nulla.
Quando riaprì gli occhi il cielo era chiaro, probabilmente era mattina. La prima cosa che vide fu un ragazzo con i capelli castani e gli occhi verdi. Era leggermente deluso, si aspettava di vedere la ragazza carina della sera prima.
Zack: Oh... Manuel...
Manuel: Ciao. Come va?
Zack: Io...
Avvertiva un dolore leggero, ma sentiva come una brezza che gli dava sollievo. Alzò lo sguardo, e vide la ragazza della sera prima che teneva le mani premute sul suo stomaco. Dal punto di contatto dei due corpi, si sprigionavano delle piccole onde verdi, che si propagavano per tutto il corpo dello spadaccino.
Zack: Ehi ciao! Chi sei?
Izzy: Mi chiamo Isabelle, ma se vuoi puoi chiamarmi Izzy... Zack.
Zack: Come conosci il mio nome?
Izzy: Me l'ha detto Manuel...
Manuel: No, non è vero. Io non ti ho mai detto nulla di lui.
Izzy: Oh... Allora non so... Mi è venuto naturale chiamarti così... Hai una faccia da Zack!
Zack: Ho... Una faccia da Zack? Uhm... Ehi... A me sembra di averti già visto... Di dove sei?
Izzy: Io... Ho un amnesia. Non ricordo assolutamente nulla, a parte...
Manuel: A Isabelle è successa la stessa cosa che è successa a te con il cristallo.
Zack: Cosa?
Manuel: Solo che il suo le ha spiegato... Cosa deve fare, ora che ha quel potere.
Zack: E sarebbe?
Manuel: Beh, pare che ci siano quattro guerrieri, detti "della Luce" che devono sconfiggere il Chaos. E credo... Che due di questi quattro siano qui davanti a me.
Vincent: I Guerrieri della Luce?
Tutti si voltarono. La figura di Vincent non si era mossa minimamente, fino ad allora. Era seduto sull'erba in una posa che pareva molto scomoda. Si alzò in piedi.
Zack: E questo chi è?
Manuel: Ci ha salvato lui.
Zack: Vuoi dire che era lui quel pipistrello rosso?
Manuel: Si, ma ti spiego tutto più tardi. Vincent, tu sai qualcosa di questi Guerrieri della Luce?
Vincent:... Vecchie leggende, niente di più.
Izzy: Dai, racconta!
Vincent: D'accordo. Allora, si dice che una volta il mondo era un posto felice e pacifico. Poi venne un'essere oscuro incredibilmente potente, che rase al suolo tutto e schiavizzò il popolo. Il Chaos, il Re delle Ombre, l'Essere della Luna... Tanti sono i suoi nomi, ma ai più è noto come Lucifero, o Lucypher. Quattro guerrieri coraggiosi e potenti, dopo una vita passata ad allenarsi, erano andati a sconfiggere Lucypher. Riuscirono a sconfiggerlo, sigillandolo nelle ombre. Lui però fece in modo di sigillare anche loro, come ultimo atto malvagio. Li sigillò in quattro cristalli. Ogni cristallo ha un colore ed un attributo particolare, ma non esistono notizie precise in proposito. Alcuni dicono che rappresentino le stagioni, altri le forze della natura, altri ancora dicono che contengano le abilità dei quattro Guerrieri denominati "della Luce". Alcuni, me compreso, pensano che sia un po' un mix di tutto questo. La leggenda dice che Lucypher lanciò anche un'ultima maledizione sul pianeta: "... E tu, terra che mi ha respinto, prima o poi cadrai in disgrazia, e diventerai un'arida steppa senza vita. E quando succederà, il mio Essere potrà tornare a nuova vita, pronto a governare di nuovo su tutto quello che mi spetta di diritto!..." E poi uno dei guerrieri scatenò la potenza del sole e lo imprigionò in una dimensione fra lo spazio ed il tempo. Fine della leggenda.
Manuel: Quindi... Il degrado del pianeta... E' a causa di questo "Lucypher"?
Vincent: E' solo una leggenda. Non possiamo esserne certi.
Manuel: Capisco.
Vincent:... Devo andare. Ho disubbidito al Profeta, Manuel Viridis. Non dovevo aiutare Zack Fair. Ora devo subirne le conseguenze.
Izzy: Oh, no! Ti punirà?
Vincent:... E' probabile.
Manuel:... Ci rivedremo ancora?
Vincent: Chi può scrutare nel saggio disegno degli Dei? Potrebbe anche essere che succeda. In caso contrario... E' stato un onore conoscerti, Manuel Viridis.
Manuel: Anche... Anche per me. Addio Vincent.
Vincent: Signorina Isabelle Lightwood, i miei omaggi.
Izzy: Oh, ciao ciao Vincent!
Vincent: Zack Fair. Se sei davvero un Guerriero della Luce, sei in possesso di un potere straordinario. Fanne buon uso.
Zack: Contaci!
Dopodichè sparì in una nuvola di stoffa rossa, e decollò via. I tre lo osservarono sparire fra le nuvole bianche. Poi tornarono a guardarsi.
Zack: Com'è che vi siete conosciuti, voi due? Anzi... Perchè non mi racconti tutto quello che ti è successo da quando ci siamo persi di vista?
Manuel inziò a spiegare tutto al compagno ritrovato quello che era successo fino ad ora, dal salvataggio di Vincent, all'incontro col Profeta, all'incontro con Isabelle, il suo racconto, i vampiri... Tutto. Non tralasciò neppure un dettaglio. Zack incrociò le braccia, com'era solito fare quando era pensieroso.
Izzy: Tu? Cosa ti è successo?
Zack: Io? Oh, beh... Ero intrappolato nei sotterranei di quel palazzo, ma sono riuscito a liberarmi. Per poco non muoio a causa di uno stupidissimo topolino bianco, ma riesco a scappare dalla cella. Poi ho corso un po' a casaccio, e sono arrivato in una stanza dove... Dove...
Spalancò gli occhi all'improvviso. All'improvviso si ricordò quello che aveva visto in quella stanza. Troppo terribile per essere descritto. Ora però la rabbia era improvvisamente sparita: al suo posto salivano agli occhi delle lacrime di amarezza e tristezza. Gongaga non c'era più. La terra dove era nato e cresciuto, la terra della sua famiglia, del suo maestro, dei suoi amici. La sua casa. Tutto sparito. Il ragazzo si asciugò gli occhi con l'avambraccio, che però era ancora sporco di sangue. Risultato? La faccia, già di per sè rossa di sangue, ora era un vero e proprio disastro rosso, sembrava il personaggio di un film dell'orrore.
Izzy: Zack... E' tutto a posto?
Zack: Si, io... Oh, ma guardati! Ti ho sporcato tutto il vestito di sangue... Mi dispiace...
Però non riuscì a nascondere un singhiozzo, ed una lacrima segnò inequivocabilmente la sua faccia. Isabelle carezzò la guancia di Zack, con la sua mano affusolata e morbida come la seta.
Izzy:... Non importa. Non ti preoccupare.
Rimasero per un po' in silenzio, Isabelle con la mano sulla guancia di Zack, ed il ragazzo che la fissava cercando di trattenere le lacrime. Manuel tossicchiò, poi mormorò qualcosa come "Vado a prendere dell'acqua". Si alzò e se ne andò. Poco dopo Zack sorrise.
Zack: Ehi, ci siamo baciati ieri sera... Ti ricordi?
Le guance di Isabelle si colorarono di un rosso intenso.
Izzy: Ma va', è stato un incidente...
Zack: Sì, ma era un bacio. Quando le labbra di due persone...
Izzy: Ma era accidentale! Ti sono solo caduta sopra!
Zack: E mi hai baciato.
Scoppiò a ridere ma dovette fermarsi a causa di un dolore improvviso alle costole, e Manuel (ormai lontano di una decina di metri) non sentì la risposta di Isabelle.
Manuel superò una piccola collinetta, ed i due ragazzi sparirono dalla sua vista. Trovò un piccolo sasso a pochi centimetri dal suo piede destro. Lo trovò talmente odioso da sferrargli un calcio potente abbastanza da farlo volare quasi oltre l'orizzonte. Poi iniziò a correre verso una piccola radura che aveva visto poco lontano. Non sapeva neppure bene perchè andasse proprio lì. Forse aveva bisogno di un nascondiglio. Perchè gli disturbava così tanto che Zack avesse più attenzioni per una ragazza appena conosciuta, che per lui, insieme al quale aveva affrontato un Garuda, i Mimik ed i soldati Imperiali? In fondo PERCHE' allo spadaccino avrebbe dovuto importare ancora di lui? Ora aveva trovato una ragazza, carina per giunta... Era naturale che Manuel passasse in secondo piano, no? Manuel rallentò la corsa, solo per appoggiare la mano sulla corteccia di un albero e sfregiarlo, rompendosi le unghie, ma senza urlare. Dopotutto Zack non era diverso da tutti gli altri. Si era illuso. Neppure a Zack importava nulla di lui. A nessuno importava di lui. Riprese a correre, ed inciampò nella radice di un albero. Cadde con la faccia in una specie di pozzanghera. Si rialzò sputacchiando, e minacciando di morte una povera rana, nel caso non si fosse immediatamente tolta da sopra il suo naso. Si rialzò e si sedette su un masso poco lontano, asciugandosi il viso con la sua maglietta nera. Quando la abbassò, vide una ragazza fra gli alberi. Aveva i capelli biondi, ed era vestita con un paio di fuseaux neri sotto ad un vestito rosa shocking scollato che terminava con una minigonna. Sotto il vestito indossava una maglia attillata nera a mezza manica. Erano gli stessi vestiti di...
Manuel:... Lucy?
La ragazza si voltò di scatto, mostrando i suoi occhi azzurri come il ghiaccio.
Manuel: LUCY!
Lucy: Manuel? Sei proprio tu?
Manuel: Sono io! Sei viva!
Lucy: Anche tu! Ma allora non eri al villaggio quando è bruciato! Io raccoglievo erbe medicinali...
Manuel: Come sono... Contento di vederti...
Era la prima volta che Manuel esprimeva i propri sentimenti così facilmente. Sì, con Lucy era facile aprirsi. Non riuscì più a trattenere le lacrime di gioia, e corse ad abbracciarla. Lei ricambiò l'abbraccio, e rimasero così per alcuni minuti. Poi si staccarono.
Lucy: Andiamo, vieni con me...
Lo prese per mano e lo trascinò nel fitto della radura, dove trovarono una specie di laghetto. C'erano anche alcuni pesci dall'aria minacciosa, sul fondo. Lei prese anche l'altra mano del ragazzo, e lo tirò a sè. Si avvicinò, e poi posò la sua bocca sull'orecchio di Manuel.
Lucy: Noi due non ci lasceremo più. Saremo una cosa sola, per sempre.
Poi avvicinò la sua bocca semiaperta a quella di Manuel. Lui fece altrettanto, e proprio quando le loro labbra si stavano per toccare, un rumore di rami spezzati e di qualcosa che cade li fece voltare. Manuel vide Zack rannicchiato a terra, che si teneva la gamba sinistra, evidentemente dolorante. Manuel lasciò le mani di Lucy, e si lanciò a capofitto sul corpo di Zack. Era arrabbiato, certo, ma non abbastanza da lasciarlo lì per terra, in preda alla sofferenza.
Manuel: Lucy! Vieni a darmi... Lucy?
Si guardò intorno, la ragazza era sparita.
Manuel: LUCY!! DOVE SEI?? RISPONDI!!
Nessuna risposta. Allora prese Zack sotto il braccio, e lo aiutò a camminare.
Zack: Lucy, eh? Hai visto Lucy?
Manuel: S... No. Credo di essermi sbagliato.
Non sapeva perchè, ma non aveva nessuna voglia di raccontarlo a Zack. Vide Isabelle che gli correva incontro.
Izzy: Oh, io ho tentato di fermarlo, ma lui...
Zack: Mi ero preoccupato! Sei sparito per quasi un'ora, sai?
Manuel: Un'ora? Io...
Izzy: Beh, l'importante è che siamo tutti qui. Che ne dite se per oggi ci accampiamo qui? C'è dell'acqua, potremmo lavarci... No?
Manuel e Zack annuirono. Zack si era preoccupato per lui? Ma allora... Mah, chi lo capiva, quel ragazzo.
I tre compagni si stesero sull'erba. Manuel stette a pensare a lungo, a quello che era successo, a Lucy, a Zack, e anche a Isabelle, perchè no? Isabelle, dal canto suo, pensava alla discussione che aveva avuto con Zack poco prima. Che tipo, quel Zack Fair... Divertente e simpatico. E anche molto carino, a dirla tutta. Ma se loro erano così impegnati a pensare, Zack era talmente stanco e dolorante che si addormentò quasi subito, ignaro di quello che lo attendeva.
 

Doomrider

Guerriero della Luce
Episodio XXVIII​

...ehi..!!

...c'è qualcuno..?

..dove mi trovo..? ..perchè è tutto buio?​

Un fuoco si accese all'improvviso; la fiamma era rossa come il sangue, ma non illuminava.

...non.. non capisco.. cos'è quello?

Una risata terrificante quanto malvagia riecheggiò nelle orecchie di Zack, che si trovava a pochi passi davanti al fuoco appena acceso. Non era assolutamente in grado di ricordare come fosse finito in quel luogo oscuro e tenebroso, né come avesse fatto a scampare da morte certa al carcere Imperiale. Non avvertiva alcun dolore fisico, ma era come se l'atmosfera in cui era immerso fosse in qualche modo fortemente caustica: ogni respiro era accompagnato da un dolore acuto, generalizzato, nello spirito e nel corpo. L'ultima cosa che si ricordava era il museo delle prove che lo condannavano, cioè l'ultima cosa che aveva visto prima di perdere il controllo. Era come se gli eventi futuri a quello non fossero mai successi, il suo corpo era ancora integro e senza ferite, si sentiva ancora in forze ma... in effetti gli mancava la spada. E oltre ad essa, gli mancavano anche un centinaio di spiegazioni: dove si trovava? Cos'era quel fuoco? Perchè non illuminava? E chi stava ridendo sopra di lui.. anzi, di lui?
Improvvisamente Zack sentì un forte vento coglierlo alle spalle e abbattersi su di lui; non era un vento amichevole, non era aria normale quella che si stava abbattendo sulla sua schiena. Era un vento innaturale, un vento carico di morte, sofferenza e dolore. La fiamma davanti a lui continuava ad ardere ferocemente, senza farsi influenzare dal vento nero; al contrario Zack venne avvolto in un ossessionante eco di voci, grida di dolore, sofferenza e morte.. voci che gridavano il suo nome, i fantasmi del suo passato.

Zack: Co.. cosa sono queste voci? Chi.. chi siete?!

La sua mente non comprese, ma il suo cuore capì immediatamente di chi si trattava: erano gli abitanti di Gongaga, mentre bruciavano vivi con il loro paese, che lo tormentavano. La risata malefica al di sopra di tutto divenne più forte, fino a che Zack non riuscì a trovare un briciolo di forza d'animo e urlare

Zack: An.. andate via! VIA!! VIA!!!!

Non andranno via mai. Rassegnati.Ah ah ah!!

Zack: Cosa? E tu chi sei?! E perchè stai ridendo?!

Chi sono io? Eh eh.. No, la domanda che ti devi fare è un'altra.. chi sei TU!
Zack: Io? Io sono Zack Fair, eroe di Gongaga!

Eroe? Oh oh oh.. Ma non farmi ridere! Che razza di eroe saresti tu?! Guarda cos'è successo al tuo paese! GUARDA!!

L'oscurità scomparve e Zack si ritrovò nella pianura dove una volta sorgeva Gongaga; tutto era come lo ricordava, ad eccezione di una cosa: l'intera area era un deserto di cenere e polvere. Non era rimasto neppure un alberello intero del vecchio paese. Il fuoco nonostante tutto bruciava ancora a pochi centimetri dal corpo di Zack, con la stessa intensità di prima; adesso erano molte le scintille che lo raggiungevano, bruciacchiandogli piccole parti dei vestiti.

Ebbene, cosa dici ora? Un eroe avrebbe permesso che accadesse QUESTO alla sua terra natale?!

Zack: ..N..no.. ma.. ma..

Nell'ambiente di Gongaga apparvero dal nulla due figure. Una di esse aveva una grande spada sulle spalle, una spada molto speciale; e solo quando girò il volto verso di lui, Zack riconobbe di chi si trattava. In realtà questa figura non stava guardando il ragazzo, ma un'altra persona, la seconda figura apparsa. Era come se Zack stesse vivendo qualcosa di a lui molto noto.. si disse che era impossibile, ma tutto era come quando era partito a diciotto anni dal paese ed aveva lasciato il suo maestro. Non c'erano dubbi: la seconda figura era proprio il suo maestro Angeal, nella stessa posa con cui l'aveva lasciato prima della sua partenza.

Angeal: Ricorda, Zack. Se vuoi essere un eroe devi avere dei sogni. E onore. Ricordalo sempre.

****: Lo farò Maestro. Non me lo dimenticherò mai.

Zack vide la prima figura, quella con lo spadone sulle spalle, che si voltava verso Angeal e lo ringraziò con un sorriso, prima di andarsene. Quindi ritornò improvvisamente il buio e la voce proseguì, mentre la fiamma rosso sangue continuava ad ardere.

Sai cos'è quel fuoco? Sai cosa sta bruciando?
Zack cercò di voltarsi, ma venne bloccato con lo sguardo verso il fuoco da una sensazione opprimente di soffocamento. Gli echi ossessionanti ripresero a tormentare la sua mente, fino a che la voce non gli rivelò la verità

Eh eh eh.. eh eh eh... sono i tuoi sogni che stanno bruciando! Incendiati, dati alle fiamme, presto verranno ridotti in cenere.. come il tuo paese, i tuoi amici, la tua famiglia.. la tua stessa anima!

Zack venne travolto da un brivido di terrore, come un flusso di fluido che lo attraversava da capo a piedi, mentre il suo cuore realizzava ciò che stava vivendo: era più di un incubo, molto peggio di un sogno.. era la realtà, ovvero la prova più grande a cui era stato sottoposto da quando era nato.

Zack: NO!! Non lo permetterò mai!!!

Inutile illudersi. Lo hai GIA' permesso, quel giorno in cui te ne andasti, lasciando il tuo paese. Hai gettato il tuo onore nella cenere quando hai rifiutato di difendere Gongaga come avresti dovuto. Hai preferito una vita da vagabondo alla difesa del tuo paese natale, per inseguire folli desideri infantili. E così anche i tuoi sogni di diventare eroe sono bruciati, arsi vivi come tutta la gente che hai lasciato indifesa.

Zack: No! No! No! Non ti voglio sentire!! Taci, stai zitta!!

Il ragazzo aveva gli occhi pieni di lacrime, ma inspiegabilmente non riuscivano a scendere. Zack maledì più volte quella voce, senza rendersi conto che in realtà gli stava ripetendo ciò che il suo subconscio stava già provando. Ogni singola parola di quella voce maledetta non era nient'altro che il riflesso delle profondità del suo animo, i frutti del dolore e della sensazione di impotenza che aveva provato quando aveva scoperto la fine fiammeggiante del suo paese.
Mentre gli echi ossessionanti continuavano e la forza di volontà di Zack iniziava a cedere sotto la grande pressione delle forze avverse, un colpo come di cannone attrasse la sua attenzione.
Dal nulla, come erano apparse le immagini di Gongaga, sopra al fuoco davanti a lui comparve una luce splendente molto potente, quasi accecante. Zack si schermò gli occhi con il braccio destro, per riuscire a intravvedere cosa stava accadendo. Da quel punto luminoso iniziò a soffiare un forte vento gelido, molto freddo e del tutto opposto a quello opprimente che arrivava dalle spalle del ragazzo; gli echi ossessionanti e il vento nero vennero controbilanciati dalla nuova brezza, che crebbe di intensità fino a diventare vera e propria bora. Il Vento Nero venne respinto e molto presto Zack si trovò immerso nel nuovo flusso gelido, luminoso e portatore di vita; la luce da cui partiva il tutto entrò presto in risonanza con il blu profondo dei suoi occhi, raggiungendo gli angoli più nascosti della sua anima. I polmoni di Zack si riempirono di aria fresca, pulita e rinvigorente, mentre la luce davanti a lui si concretizzò in una pietra preziosa multi-faccettata.. un cristallo, per la precisione. La risata terrorifica venne superata e strappata via dall'ambiente, sostituita da un'altra, molto più potente. Per un istante Zack intravide l'immagine di Cloud, il custode del Cristallo, dopodichè sentì la sua voce

Non dare ascolto alle fiamme del dolore. Il fuoco della sofferenza può essere estinto. E i tuoi sogni.. non sono ancora svaniti!

Zack: ..ma.. quella voce aveva ragione.. io ho..

Cosa hai fatto?

Zack: ..io.. ho.. lasciato morire.. tutti..

E tu ti fermeresti per questo? Veramente lasceresti che tutto finisca qui, con i tuoi sogni in fiamme?

Il ragazzo vide il fuoco rosso sangue e capì perchè gli stava facendo così male dappertutto. A bruciare davanti a lui erano sì i suoi sogni, ma non stavano bruciando a causa dell'incendio di Gongaga.. era qualcosa d'altro a incenerirli..qualcosa che era ben presente nel suo cuore.

Zack: Io.. io.. non posso perdonarmi di non essere andato.. se ci fossi stato io.. tutto questo non sarebbe successo!!

L'immagine di Cloud apparve ora chiaramente al posto del cristallo.

Se ti fermi ora, la morte dei tuoi compaesani.. e del tuo Maestro, della tua famiglia.. sarebbe stata inutile. Sarebbero tutti morti invano. Lo capisci questo?

Zack stava per rispondere qualcosa, ma un nuovo flashback apparve intorno a lui.
Un giovane di circa sedici anni stava aspettando trepidante alle porte di Gongaga; quando la figura di Angeal, di ritorno dalla città, apparve con un voluminoso oggetto sulle spalle, il giovane ebbe un fremito e gli corse incontro.

****: Maestro! Sei tornato!! Cosa hai portato dalla città?

Angeal: Non arrivo dalla città, Zack. Sono andato in un posto molto speciale, e ho portato un regalo per te.

****: Cos'è? Non sarà.. quella cosa enorme?!

Angeal: Certo che è questa! Cosa credi?! Guardala!

****: ..ma.. ma è una spada!

Angeal (sorridente): Esatto. Attento, non è una spada come le altre però. Non è una spada infatti. E' la TUA spada!

****: ...la mia spada...

Angeal (serio): Non è solo la tua spada. E' molto di più: è il tuo onore, il simbolo di ciò a cui tieni di più.

Il flashback scomparve, ma la voce guida continuò

Tu sei l'eredità di questo paese, tu sei l'eredità del Cristallo.

Dopo questa frase l'immagine di Cloud diventò pura luce, mentre al posto del Cristallo comparve lo spadone a due mani di Zack, scintillante e circondata da un alone azzurrino intensissimo. Zack allungò la mano e afferrò l'impugnatura; la temperatura vicino alla sua arma aveva raggiunto valori incredibilmente bassi, vicini allo zero assoluto, ma il ragazzo riuscì a stringere la presa come se niente fosse. . Zack mosse la spada in avanti, verso il fuoco, estinguendolo all'istante. Appena la fiamma fu spenta, ogni sensazione di dolore e oppressione scomparì definitivamente e l'ambiente intorno a lui mutò un'ultima volta; il ragazzo si trovò immerso in un cielo stellato, anche se con i piedi ben saldi su un invisibile supporto solido. La spada si indirizzò verso un puntino luminoso nel cielo molto preciso, trascinando con se le mani di Zack che la stavano impugnando. Era una stella, la più luminosa della costellazione più famosa del cielo del Nord. Mentre gli occhi di Zack incrociarono la luce della Stella Polare, la voce di Cloud si fece ancora sentire, arrivando a colmare la possanza che il ragazzo sentiva crescere nel suo cuore.

Il tuo onore non è morto.

Zack osservò la sua spada, e non disse nulla. Aveva capito perfettamente il messaggio. E non aveva più bisogno di suggerimenti: aveva capito tutto. Solennemente pose dinanzi a sé la sua spada, in modo da poterla guardare in verticale, dopodichè proclamò:

Zack: La luce della Stella Polare mi ha scelto, il Cristallo dell'Inverno è nella mia essenza. Tu sei sempre stata il simbolo del mio onore e dei miei sogni. D'ora in poi ti chiamerai Excalibur, perchè il mio sogno ora è la Giustizia!

Detto questo, si svegliò. Aveva ancora gli occhi di Izzy puntati addosso, che lo guardavano preoccupati, e Manuel seduto di fianco a lui. I ragazzi erano ovviamente attenti al suo stato e non si erano accorti di una cosa, che invece colpì subito i sensi di Zack: la sua spada, conficcata nel terreno poco distante, aveva assunto un altro aspetto. La sua lama aveva l'aspetto molto più affilato ed era circondata da un alone azzurrino persistente; altro particolare rilevante, il terreno intorno alla punta conficcata era completamente ricoperto di ghiaccio. E prima di richiudere gli occhi, Zack avrebbe giurato di vedere una bilancia luminosa brillare al centro dell'elsa.

Justice Balance
 
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