Piccola OT:
Pensare di poter ancora giudicare con oggettività un gioco è una chimera, che da tempo ho smesso di inseguire.
Proprio il videogioco, più di ogni altra forma di comunicazione (che quando si "alza di spessore" si definisce arte), risente della "simbiosi" (mi si passi il termine) fra l'uomo stesso e l'opera ludica in sè.
Questo particolarissimo rapporto "empatico", scandito dall'interazione, determina un'immersione attiva (e mai passiva come in altri media) che non può mai prescindere dall'inviluppo psichico-emotivo di ciascuno.
Da qui l'impossibilità al videogioco di autodeterminarsi se non nel contesto soggettivo, e dunque culturale e psicologico, dell'utente che lo "vive".
Se vogliamo è proprio questo il suo più grande fascino ed al tempo stesso la sua maledizione.